opera prima non facile, un film con attori molto bravi, sulla storia, i motivi dell'odio, il rimorso, i ricordi.
non si può vivere nell'odio e nel pregiudizio permanente, sembra dirci questa storia, bisogna fare un passo nel terreno del nemico e provare a smontare le radici dell'odio.
i tre protagonisti si incontrano, con difficoltà ciclopiche, e riescono a parlarsi, pensando al futuro.
e i gatti e i cani hanno un ruolo importante nella storia.
un film non perfetto, certo, che merita comunque molto.
buona visione - Ismaele
…Dunque, ritorniamo all’emblematico titolo, quasi un
imperativo. Perché, se non estirpato, l’odio genera odio: una macchia nera
inarrestabile dalle conseguenze distruttive. E, l’unico modo per sconfiggerlo –
capisce Stefano –, è un estremo gesto d’amore, arma per annientare e zittire un
pericolo, ancora, dilagante. Proprio per questo, Non odiare, dovrebbe essere una visione necessaria, costruita su
misura per i suoi interpreti, amalgamata alla realtà dei fatti, coesa al senso
di giustizia che troppo spesso (e troppo facilmente) oggi viene scambiato per
buonismo, in un circolo di sproloqui indefiniti e indefinibili. Ed ecco che il
Simone Segre di Gassmann fa da lezione: restare in silenzio, osservare e
compiere la scelta giusta. Liberandosi dai demoni, che siano quelli della
mente, o che siano quelli con svastica tatuata sul petto.
…lo
spunto più interessante del film riguarda gli attori, il loro modo di mettere
in scena i personaggi e il modo in cui la scrittura tratta in maniera originale
gli stessi, perché mai rinchiusi in uno stereotipo o nel già visto. Il ricco
chirurgo ebreo è un single, non ha una famiglia, una casa molto grande e
l’apparente desiderio di liberarsi da un’eredità paterna che sembra
ingombrante. La giovane protagonista invece sceglie di sacrificarsi per il
fratelli, abbandonato un’aspettativa di vita che le piaceva per provvedere a
loro dopo la morte del padre filo fascista, eppure, nonostante sia chiaramente
contraria all’approccio del padre alla vita e alla sua ideologia, ne parla
sempre con tenerezza. Il fratello mezzano, che vuole a tutti i costi percorrere
il sentiero paterno, invece, si rivela quello che è, un ragazzino con tante
idee confuse nella testa, idee che non capisce davvero ma che segue ciecamente.
Per
tutti e tre questi personaggi ci sono degli interpreti assolutamente superbi,
con Gassmann e Serraiocco che consegnano due interpretazioni molto delicate e
gentili e con il giovane Luka Zunic, vera e propria rivelazione del
film. Il suo volto dai tratti angelici, gli occhi chiari e profondi, si
scontrano con la rubidità che il suo personaggio ostenta e che, in fondo, non
gli appartiene.
Fedele al titolo dell’opera, Non Odiare,
Mancini mette in scena dei figli orfani che cercano la redenzione e
l’affermazione da parte dei padri defunti. Occupano capi opposti di una linea retta,
ma tutti gli eventi e i comportamenti che assumono nel corso della vicenda li
portano ad avvicinarsi, a cercare gli uni negli altri, gli elementi di
similitudine e non quelli di contrasto, allontanandosi così dall’odio.
…allo spettatore attento non sfuggirà, nel corso della visione, la
sottile metafora insita nella progressiva metamorfosi comportamentale
dell’inquietante quadrupede quando questi, esattamente come i protagonisti bipedi,
conosciuto a fondo quello che prima era considerato un minaccioso estraneo,
inizia gradualmente un viraggio che lo condurrà verso un atteggiamento ben
diverso da quello inizialmente ostentato. Atteggiamento che gli altri
comprimari della metafora, in primis Simone e ancor più Marcello, non avrebbero
mai ritenuto possibile si potesse realizzare.
Mancini dipinge una realtà a tinte fosche, plumbee e nebbiose,
tendenti al grigio scurissimo e al nero nelle sue varie gradazioni. Ma il nero
è anche il colore delle pompe funebri il cui patron, indirettamente e
paradossalmente, innescherà la graduale evoluzione di Marcello, il quale si
ritroverà suo malgrado ad interagire con uno dei suoi tanto odiati giudei. Ma
proprio questi, Simone, coadiuvato da Marica - sorella di Marcello ma dotata di
tutt'altro senno - favorirà quasi inconsapevolmente il “viraggio” del
fanatico “camerata” il quale, poco a poco e sempre più spontaneamente,
avvertirà una tenue ma progressiva lucina essenziale per quella rilettura ideologica
che gli consentirà comunque una soluzione, seppur non indolore, attraverso
l’elaborazione di una colpa grave: l’omicidio del nazi bastardone senza
scrupoli, quello che lui pensava essere uno stinco di santo ma che, con
delusione, aveva a sue spese ben compreso trattarsi di un vile strozzino! Per
di più uno strozzino affetto da quella meschina viltà che lui in primis, con
tutti i compari, Marcello compreso, andava accusando essere prerogativa degli
Ebrei…
…I luoghi comuni
sono tutti lì, in agguato, Mancini, anche autore della sceneggiatura con Davide
Lisino, procede come fosse uno slalom cercando di saltare tutti i paletti
disseminati lungo la vicenda che potrebbero farlo saltare. Per far questo si
affida anche molto ai suoi interpreti. Alessandro Gassmann che si presta con
generosità e talento a indossare i panni, anche scomodi, del medico. Sara
Serraiocco che nasconde una grande forza dietro un’apparente fragilità e Luka
Zunic che irrompe con la (in)giusta cattiveria violenta del naziskin. Temi
forti quindi quelli che il film vuole andare a toccare: l’odio, la vendetta, il
perdono, la memoria, il senso di colpa legati all’onda lunga e giustamente mai
sopita della Shoah. Ma nonostante le intenzioni c’è qualcosa che lascia un
retrogusto amaro. Non tutto scivola via come dovrebbe.
Così Non
odiare suona un po’ troppo come frase importante da usare come claim
per una vicenda che comincia a sembrare lontana nei tempi e nei modi. Vero che
ovunque assistiamo a rigurgiti antiebraici, a violenze razziste a ragionamenti
e approcci che non avrebbero stonato tra i gerarchi del ventennio fascista e
neppure tra gli artefici del nazismo, ma il filo nero che lega quella storia
terrificante alla realtà contemporanea è più complesso, articolato e
contraddittorio. Certo non è un film che deve mandare «messaggi» o compiere
analisi minuziose di quel che succede oggi nel mondo, ma forse Non odiare
rischia di semplificare tutto questo, al di là delle intenzioni. E questo non
aiuta, pur rimanendo un esordio coraggioso e inconsueto che punta a un livello
di racconto e di storia più alto di quel che di solito viene offerto al cinema.
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