a un pubblicitario senza lavoro capita (per caso) l'affare più ricco della sua vita, però bisogna fare in fretta.
Roberto vuole vendere la sua storia al miglior offerente, ma bisogna fare in fretta.
coinvolge la moglie e i figli in questa storia, ma all'inizio non sembrano d'accordo.
è una corsa contro il tempo, quasi tutto il film è concentrato nelle poche ore in cui succede tutto, the show must go on, e bisogna battere finché il ferro è caldo, lo spettacolo paga bene, costi quel che costi.
un film in cui c'è poco da ridere, è il nostro mondo, purtroppo.
buona visione - Ismaele
…La chispa de la vida è un film che racconta di
una condizione limite, uno stato esistenziale di immobilità forzata fra la vita
e la morte, una pellicola che narra quel che siamo diventati, in quest’epoca di
crisi, di fronte al denaro: individui senza futuro, che anelano unicamente ad
una qualche forma di solidità economica da raggiungere anche a discapito della
propria dignità. In vari momenti il regista sembra suggerirci una lettura
cristologica della situazione, Roberto pare come crocifisso nella sua posizione
impossibile, ed attorno a lui troviamo la pietà mariana della moglie e dei
figli, ma soprattutto il cinismo di tutto il resto, flagellatori romani a
cospetto del corpo del Signore, compiaciuti d’osservare una sofferenza lontana
da sé, barbaramente pronti a fare a pezzi la bellezza dell’anfiteatro pur di
farsi spazio per ottenere un’immagine esclusiva del supplizio in diretta.
Il film non funziona in tutta la sua durata, se nella prima
parte tutto scivola ottimamente, nella seconda soprattutto la sceneggiatura
segna il passo, avvitandosi su sé stessa incapace di trovate soluzioni
particolarmente originali e giungendo ad un finale insolitamente modesto, visti
i precedenti del regista spagnolo. Ma forse non ha molto senso dare conto di un
film del genere in questi termini, perché pare evidente che de la Iglesia abbia
voluto questa volta raccontarci un’operetta morale, tenuemente macabra pur se
spesso comica, sull’essenza della dignità in quest’epoca buia per il nostro
continente.
Prendete L’asso nella manica,
capolavoro di crudeltà e pessimismo diretto da Billy Wilder nel 1951 e
annoverabile tra i film più strettamente politici del regista austriaco
trapiantato a Hollywood. Aggiungetevi Quinto potere,
lucido attacco ai mass media con il quale nel 1976 Sidney Lumet conquistò il
mondo e lo sfortunato Peter Finch un meritatissimo Oscar postumo come miglior
interpretazione maschile. Mescolate bene, sminuzzando nell’insieme frammenti
del grottesco tipico del cinema spagnolo dal periodo della transizione a oggi,
e otterrete La chispa de la vida (o, per dirla con il titolo
internazionale, As Luck Would Have It),
nuova regia del vulcanico Álex de la Iglesia presentata come evento speciale
alla sessantaduesima edizione della Berlinale.
Già a partire dalla sinossi si potrà intuire come La chispa de la vida non faccia proprio nulla
per nascondere eventuali riallacci critici alle opere sopra citate. Anche la
regia, da questo punto di vista, si muove in direzione di un recupero di
pratiche cinematografiche altre a quelle finora abitate dal regista spagnolo:
se il suo cinema è stato sempre l’avanguardia di un progetto di messa in scena
teso all’accumulo di materiali, quasi un’operazione di sedimentazione
dell’immaginario su visionarietà preesistenti, in questo ultimo parto creativo
Álex de la Iglesia utilizza la macchina da presa in maniera sorprendentemente
nuova – per i suoi standard, ça va sans dire…
…Gran parte del merito della riuscita dell’ottimo La
chispa de la vida è, infatti, in mano agli attori, comprimari
compresi, ma su tutti il duo José Mota e la Hayek, entrambi
due nuovi volti nella filmografia di De la Iglesia, intensi fino ai limiti
dell’umana sopportazione, abbagliati dalla sofferente luce del direttore della
fotografia di Kiko de la Rica.
Un’avventura per
nulla statica dalla durata di una notte intera, tensione assicurata per lo
spettatore strangolato da risate e lacrime allo stesso tempo. L’assurdità della
situazione, per quanto molto di quel che accada è forse più reale della realtà
stessa, è frutto sia dello sceneggiatore Randy Fedelman che
del genio di de la Iglesia
De la Iglesia è il
maestro incontrastato della black comedy il cui potere
registico non è affatto da sottovalutare. Ora non resta che aspettare, non
troppo si spera, che il film Las brujas de Zugarramurdi esca
quanto prima, magari anche in Italia, non sarebbe male, perché di Álex de la
Iglesia c’è bisogno, tanto bisogno nella nostra società.
…“Ci vuole dignità” gli dice. “Ma quale dignità – fa lui – oggi son ostato umiliato più che in tutta la mia vita”..
L’intervista si farà, ma con una giornalista
che, d’accordo con Luisa, le consegna subito la cassetta perché no sia mai
distribuita. Resterà alla famiglia, estremo ricordo di un amato padre e marito.
Poco dopo, infatti, morirà.
Il film è una commedia amara e ironica,
iperbolica e realistica, interpretata con grande bravura.
“In questo mondo dove tutti credono di essere
liberi, senza però esserlo davvero, esiste una possibilità di sopravvivenza,
che si chiama dignità” dice il quarantaseienne basco De la Iglesia. Un assunto
importante, trattato con profondità ma anche con una ben dosata ironia.
un film sorprendente, che mostra un alex de la iglesia in stato di grazia, ormai è un autore maturo e si vede
RispondiEliminanon delude mai, per nostra fortuna
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