tante scene da sole valgono un film intero, e si ride e ci si commuove con Jojo.
Taika Waititi (maori-ebreo) smonta il nazismo, lo prende in giro, con gli occhi di un bambino che non sa niente e crede a tutto.
Jojo ha anche un amico immaginario, Adolf, oltre a Yorki, un bambino come lui, che appare poco e dice delle parole (stra)ordinarie e indimenticabili.
succedono un sacco di piccole grandi cose, gli attori sono bravissimi, fra gli adulti la mamma (Scarlett Johansson) e il suo istruttore (Sam Rockwell) sopra tutti.
la musica è perfettamente spiazzante, la storia è di quelle che non ti aspetti.
andate al cinema e godetene tutti, è uno dei più bei film dell'anno - Ismaele
Taika Waititi (maori-ebreo) smonta il nazismo, lo prende in giro, con gli occhi di un bambino che non sa niente e crede a tutto.
Jojo ha anche un amico immaginario, Adolf, oltre a Yorki, un bambino come lui, che appare poco e dice delle parole (stra)ordinarie e indimenticabili.
succedono un sacco di piccole grandi cose, gli attori sono bravissimi, fra gli adulti la mamma (Scarlett Johansson) e il suo istruttore (Sam Rockwell) sopra tutti.
la musica è perfettamente spiazzante, la storia è di quelle che non ti aspetti.
andate al cinema e godetene tutti, è uno dei più bei film dell'anno - Ismaele
…JoJo
Rabbit è un’opera che è perfettamente inerente a questa realtà.
Non si nasce razzisti o fanatici: c’è sempre qualcuno che ti istiga ad esserlo.
E JoJo è un classico ragazzino di quel tempo: biondo, occhi azzurri, deviato
dalla follia nazista ma con ancora un pizzico di fantasia che, essendo di un
bambino, non lo farà mai sembrare un essere malvagio in tutto e per tutto.
Viviamo con lui le sue avventure e capiamo il suo essere, senza mai giudicarlo.
Giocare a credersi onnipotenti e indistruttibili è comprensibile in un bambino:
il contrario è quando capita ad un adulto…
…Jojo Rabbit è un film imperfetto, spesso cerca
la lacrima facile senza riuscirci, ma è un film che ha qualcosa da dire e da
insegnare e in questo periodo di rescrudescenze neonaziste, è un film
indispensabile.
…Le immagini sono per Waititi una
mitragliatrice sempre in azione; il sarcasmo di cui si fanno portatrici ha una
mira precisa e infallibile, mentre il montaggio sonoro (in perfetta armonia con
quello visivo) è una scarica pronta a colpire lo spettatore sin dai titoli di
testa, quando al ritmo della versione tedesca di “I want to hold your hand”
dei Beatles, le immagini di repertorio di cittadini
tedeschi urlanti in pieno isterismo di massa, alla Beatlemania lasciano spazio
alla “Hitlermania”…
…Jojo Rabbit è davvero una satira anti-odio e
si impegna nel far capire allo spettatore che questo bambino, cresciuto tra
sentimenti di superiorità razziale, non è per natura nazista, così come la
ragazza ebrea non è ovviamente un demone con ali da pipistrello attratto dal
denaro.
Lo scopo diventa quello di utilizzare il conflitto suscitato nel ragazzo
nell'incontrare la ragazza ebrea per creare un livello di umanità che vada
oltre e diventi un antidoto all'odio, svelando come l'amore si possa costruire
anche quando l'odio sembra prendere il sopravvento sulle cose e sulle
persone.
Jojo ed Elsa diventano il centro narrativo dell'intero
film, spingendo il bambino a scoprire i suoi lati più umani, maturando
un'empatia poco esercitata, sperimentando le farfalle nello stomaco, la
compassione e umanizzandosi rispetto a una condizione di partenza che non è mai
inumana, quanto piuttosto quella di un essere umano la cui anima è stata
intorpidita.
Nel suo racconto satirico dirompente Waititi non fa
l'errore di cavalcare l'onda dell'umorismo e ricorda come si renda necessario
raccontare, anche in una satira, cosa sia il Male, al fine di non vanificare lo
sforzo di creare un'antitesi ad esso, mettendo in scena la paura della Gestapo,
l'orrore delle ferite e lo sguardo desolato di chi torna dal fronte, la
devastazione dei bombardamenti e gli stenti di chi incolpevole deve continuare
a vivere e mangiare cercando tra le macerie e i rifiuti.
Jojo Rabbit mette in scena il fango e i cadaveri, mostra le pubbliche esecuzioni,
il dolore di amori partiti e mai più tornati o persi chissà dove, risalta il
coraggio di chi decide di continuare a nascondersi dietro un vessillo che non
gli appartiene anche nella morte, porta in cima un gesto eroico umano e infine
ricorda come questa piaga, questa terrificante ideologia, sia spietata e disumana.
Jojo Rabbit è un film che fa anche male, che fa un po' soffrire, che torce un po'
le budella e porta Waititi a sfoggiare una meravigliosa
umanità nell'esercitare in Cinema la bontà e nel contrapporre l'amore al
terrore, come nel suo mostrare qualcosa di terrificante con una crudezza
commovente.
Il lavoro del regista è impreziosito da un utilizzo intelligente del
racconto per immagini, ai fini della satira e dei cambi di umore che si
alternano ad essa, evitando di portare sullo schermo un canovaccio intelligente
ma tecnicamente scolastico - gli stessi Monty Python hanno girato
alcuni film geniali ma, formalmente parlando, un po' piatti.
Taika Waititi mette insieme un racconto meraviglioso, una satira costruita
perfettamente e che davvero si propone come vaccino all'odio, mettendo l'amore
e la vita e il sorriso di un'elegante Scarlett Johansson al
centro di molte scene, portando in cima un protagonista bambino molto in parte,
di grande talento e al quale è praticamente impossibile non affezionarsi.
Jojo Rabbit riesce a raccontare una storia pregna di significati e bellezza,
comunicando significati universali sfruttando elementi quotidiani e terreni e
utilizzando in modo magnifico gli attori a sua disposizione, che rispondono
meravigliosamente alla sceneggiatura e all'estro dell'autore.
Jojo Rabbit ha mantenuto le premesse e consegna al pubblico un film necessario, capace
di comunicare un messaggio portante per l'umanità non con lo scherno saccente e
fine a se stesso, ma proponendo una cura, utilizzando l'amore come stendardo a
rappresentanza del genere umano e rassicurandoci, dandoci speranza e ricordando
con pudore e rispetto l'orrore di un marchio indelebile sul percorso umano su
questa terra.
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