ogni immagine del film pare costruita da un pittore che ha imparato a fare il regista.
e già solo questo rende il film visivamente indimenticabile.
ma nelle immagini c'è una storia terribile, è finita la seconda guerra mondiale, c'è dolore, fame e tristezza.
Masha, reduce di guerra, torna da Iya, e in quel clima di morte e disperazione Masha trascina l'amica verso una qualche gioia, almeno a non abbandonare l'idea che si può migliorare, e vivere.
ma è difficilissimo, per chi lavora con i moribondi e vive in un appartamento condiviso, senza intimità.
anche l'amore, o almeno il sesso, sono cose complicate.
Masha ha solo Iya, Iya ha solo Masha, senza il loro affetto sarebbero ancora più perse.
non perdetevi questo grandissimo film, roba di serie A, promesso - Ismaele
ps: ecco il saggio d'esame di Kantemir, a 23 anni, alla scuola di Aleksandr Sokurov:
L'opera seconda di Balagov (ma la prima che vedo) è un film grandissimo.
Sembra incredibile che un ragazzo di 26 anni (età alla quale presumo abbia scritto il film) possa avere una tale sensibilità, gusto, padronanza dei mezzi e, soprattutto, capacità di togliere invece che di aggiungere, raccontare, costruire.
La storia di una ragazza altissima, scemotta, di gran cuore, e della sua amica che ritorna dal fronte.
Due personaggi femminili che diventano indimenticabili nell'attimo stesso in cui li vedi.
Un film che è meraviglioso da vedere per messinscena, colori e fotografia ma che nei contenuti e nella sensibilità in cui sono scritti personaggi e vicende, è ancora più grande…
…Dal film, che sembrerebbe molto triste, emerge invece la voglia di vivere dei personaggi, che sentono ancora in sé l'impulso a superare il momento più critico. Tutto questo diventa credibile grazie alla sinergia che si stabilisce fra le bravissime protagoniste, la volontà del regista di evitare un film “storico” per parlare con il linguaggio universale del sentire, espresso con asciutta e scarna sobrietà, lontana dal mélo e con i colori raffinati e caldi della splendida fotografia e dei bellissimi costumi.
…Cineasta letterario nel senso migliore del termine, Balagov sa bene che se sulla pagina scritta bisogna dare vita e esseri e ambienti, per raggiungere il medesimo scopo al cinema bisogna invece toglierne. Eccezionale direttore di attori, Balagov costella dunque il proprio film di scene madri di notevole lunghezza che spingono il proprio vigore espressivo, fatto di una densissima, articolata e sfaccettata tessitura mimico-gestuale, fino al proprio limite, estenuandole fino al punto in cui la pienezza della sostanza vivente dell’espressione sembra raggelarsi nel sospetto di un vuoto di fondo che finisca sistematicamente per inghiottirla. Al fondo dell’imitazione di quello che c’è, c’è quello che non c’è.
…il rigore di La Ragazza d’Autunno è impressionante: ogni inquadratura è una cornice con una potenza pittorica sconvolgente, una ricerca estetica ricca e stratificata, un significato dialettico mai lasciato al caso. Ecco, Balagov non dirige, dipinge. E lo fa con uno sguardo immersivo capace di dilatare gli spazi stretti e con movimenti di macchina che si insinuano delicatamente fra i personaggi; una messa in scena che ci porta fin dentro il racconto filmico, tanto che anche noi in qualche punto ci sentiamo presenti in quel set come fossimo delle comparse e non semplici osservatori esterni. Anche i costumi e le scenografie sembrano avere una consistenza viva e tangibile, ne percepiamo quasi gli odori e gli spessori, mentre sprofondiamo in una splendida fotografia piena di significati: da una parte l’ocra trasmette il concetto di perdita e di trauma, dall’altra il colore verde (che rispunta in più oggetti di scena) rilancia un’idea di speranza per una nuova vita…
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