e dopo essersi beccati, punzecchiati, offesi per un bel po', capiscono un po' per caso, che possono fuggire per le fogne.
una fuga nella merda, con diversi omicidi fra loro, e solo alla fine alcuni rivedranno la luce.
gran bel film, Álex de la Iglesia non delude - Ismaele
…Dalla vecchia
proprietaria del bar al giovane hipster non c’è un personaggio che non abbia la
faccia giusta, perché poi è quello a cui tiene davvero questo regista, trovare
corpi da massacrare più che attori da far recitare. Li veste bene e li fa
comportare da persone civili all’inizio per divertirsi a farli fuori uno ad
uno, a massacrarli, ridurli ai minimi termini a furia di prove assurde cui sono
costretti dagli eventi.
Come fosse Carpenter mette una serie di persone in condizione di resistere in una struttura, come fosse Romero mette una minaccia fuori che vuole entrare, come fosse Woody Allen si diverte moltissimo con i ruoli che queste persone interpretano, come fosse de la Iglesia si compiace di dare a tutto questo un tono da filmacci di serie Z.
Come fosse Carpenter mette una serie di persone in condizione di resistere in una struttura, come fosse Romero mette una minaccia fuori che vuole entrare, come fosse Woody Allen si diverte moltissimo con i ruoli che queste persone interpretano, come fosse de la Iglesia si compiace di dare a tutto questo un tono da filmacci di serie Z.
Perché poi a questo ex ciccione quello
che gli piace è mangiare, toccare corpi, vedere donne, far menare uomini, gli
piace ridere grossolanamente di situazioni paradossali e gli piacciono le
persone che sparano con armi grosse e le cose che esplodono. Solo che invece di
fare exploitation si è deciso a mettere le cose che gli piacciono in qualsiasi
tipo di film, per dimostrare che si può calciare in ogni storia e trasformarla
lentamente in una che si guarda con tutti e due gli occhi invece di una che si
ascolta solo con le orecchie, una in cui se non vedi cosa accade alle persone,
non vedi come cambiano, come si imbrattano, come vengono distrutte, allora ha
capito solo metà del film (la metà meno interessante).
Certo
poi El Bar non è un film perfetto e presenta il grande
difetto di de la Iglesia, quello che la critica cinematografica chiama, in
gergo tecnico, “finalone esageratone” in cui tutto all’improvviso s’impenna e
le situazioni vengono moltiplicate per 10 in assurdità e grandezza. Come se si
accorgesse a 20 minuti dalla fine che non ha usato il budget per gli effetti
visivi e speciali, che non ha raggiunto il quantitativo di morti che serve e si
sbrigasse a raggiungere lo standard promesso.
Ma davvero, seriamente possiamo volere male ad un regista che ha questo difetto? Sul serio?!
Ma davvero, seriamente possiamo volere male ad un regista che ha questo difetto? Sul serio?!
…Noi assistiamo curiosi e divertiti alla nuova fatica
del cineasta spagnolo che si riconferma un amante del grottesco come mezzo per
raccontare la vita che talvolta ci porta a nuotare in una fogna (“la vida es
una vera mierda”, credo fosse la frase originale). Impossibile dargli
torto. I piccoli uomini sullo schermo, che tanto bene ci rappresentano con le
loro debolezze, coi loro segreti e con i loro fallimenti, si abbasseranno a
tutto pur di sopravvivere, come d’altro canto faremmo anche noi.
El Bar parla di
trappole reali e mentali, di quelle che ci costruiamo e quelle che subiamo.
Sono i nostri desideri e sogni infranti, le insoddisfazioni quotidiane, le
bugie che ci raccontiamo, la vergogna che proviamo nell’ammettere di essere
caduti e la paura che abbiamo a rialzarci. Tra una risata e l’altra, De
la Iglesia prima porta in scena la fiera dei perdenti poi tira un
meraviglioso sberlone alla totale indifferenza che oramai ci contraddistingue.
Siamo diventati dei bipedi, dipendenti dal virtuale, impauriti dal diverso,
incapaci di osservare, tendere una mano e, in ultima analisi, rimanere
umani…
da qui
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…Un gran calderone di derivazioni
cinematografiche che de la Iglesia utilizza con arguzia e sapienza per dar
forma a un racconto ricco di fascino metaforico sin dai titoli di testa, nei
quali la computer grafica illustra un vasto (e microscopico) universo di
organismi batterici che, oltre ad anticipare una delle derive che la narrazione
assumerà a breve, delineano chiaramente una sprezzante allegoria in cui la
forte stereotipia dei personaggi (la belloccia snob, il pubblicitario griffato,
il ruvido ex poliziotto, il gigionesco barista, il vagabondo predicatore ecc.)
si fa specchio di un altrettanto virulento ed “entomologico” micromondo
dove ciascuno pensa solo alla propria sopravvivenza. Soffrendo un poco di
stanchezza nella parte centrale, El
Bar riesce tuttavia a mantenere un ritmo incalzante e un
potere d’attrazione tutto sommato costante, grazie soprattutto a un montaggio
intensivo di campi e controcampi che fanno da contraltare al sublime pianosequenza
iniziale – marchio di fabbrica del cineasta –, assieme alla consueta cura per
l’apparato estetico, il quale si tinge di allucinata oscurità in un epilogo di
progressivo abbruttimento fisico e morale capace di richiamare le ambientazioni
fognarie de Il quarto uomo così come di
non dare assolutamente alcuna chiara e definitiva esplicazione a quanto
accaduto.
da qui
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…È molto complicato classificare un’opera come
The Bar: in parte è una commedia, in parte è un film apocalittico, in parte è
un dramma grottesco ed è sicuramente pieno di elementi che lo possono
ricondurre all’horror. Ti spiazza, perché cambia registro da un’istante
all’altro e con una rapidità tale che quasi non si fa in tempo a percepirlo. De
la Iglesia è così frenetico che a stento gli si sta dietro; i dialoghi vengono
sparati fuori a velocità supersonica, neanche fossero sventagliate di
mitragliatrice; i personaggi stabiliscono alleanze tra loro, le rompono, si
saltano alla gola e gli schieramenti mutano nello spazio di un battito di
ciglia; si passa da una situazione tutto sommato gestibile per lo spettatore
dallo stomaco delicato a un’altra in cui si annega, in senso letterale, nella
merda e nei liquami delle fogne. E anzi, l’ultima mezz’ora di film è tutta
così: sporca, disgustosa, a tratti insostenibile. Insomma, non un horror in
senso stretto, ma un film che di orrore è pieno fino a tracimare.
Come ho detto in apertura, de la Iglesia è tra le poche certezze della mia vita. Ribelle, sconsiderato, eccessivo, rivoltante. E ci piace così. Lunga vita a lui e al cinema folle di cui è, da sempre, sovrano incontrastato.
da qui
Come ho detto in apertura, de la Iglesia è tra le poche certezze della mia vita. Ribelle, sconsiderato, eccessivo, rivoltante. E ci piace così. Lunga vita a lui e al cinema folle di cui è, da sempre, sovrano incontrastato.
da qui
'El Bar'
es un potentísimo thriller de acción, con Álex de la Iglesia en su salsa, de
inicio espectacular y crescendo dramático final espectacular. Sin duda, se
trata de uno de los mejores trabajos de su director que retoma la estructura
narrativa que le llevó al éxito con 'El Día de la Bestia' (1995) o 'La
Comunidad' (2000) y que repitió de forma más irregular en films como 'Balada
Triste de Trompeta' (2010) o 'Las Brujas de Zugarramurdi' (2013). Con 'El Bar'
consigue su film más redondo en la última década, sin descarrilar en el tour de
force final como le sucede muchas veces cuando se desmadra y no por ello quiere
decir que aquí se vuelva menos loco y sangriento que en sus otras películas, todo
lo contrario…
…El Bar bien podría formar una trilogía con El Día De
La Bestia y La Comunidad ya que consigue retorcer-a la vez que divertir-al
espectador en su butaca mostrando la maldad del ser humano y lo que es mas
triste comprobando que uno se ha cruzado con gente así muchas veces en el
transcurso de sus vidas. Uno se pregunta si estuviera en esas situaciones
limites realizaría los mismos actos que los protagonistas y da miedo pensar que
seguramente actuaríamos igual. De La Iglesia vuelve a componer una película
agobiante y dirigida con un ritmo endiablado creando situaciones
dramáticas que muestran la miseria humana en situaciones límites. Un frenesí de
intriga que aumenta a la velocidad que acontecen los sucesos sin saber el
espectador que rayos está pasando ahí afuera. Todos somos ratas de laboratorio
que nos hacen pensar que hacer para salvar nuestro pellejo.
Con actores a
los que conoce lo suficiente De La Iglesia saca lo mejor de si de actores como
Mario Casas o Terele Pavez que con él siempre están perfectos sin obviar
por supuesto a otros como Machi o Secun De La Rosa y sobre todo al roba escenas
de la película que es Jaime Ordoñez que está pletórico en todas las escenas que
sale.
El Bar es un
divertimento que todo aficionado al cine de género tiene que ver para
corroborar lo que muchos ya sabíamos, Alex De La Iglesia es uno de los mejores
directores del fantástico de este universo, su amor por este género está
materializado en cada escena de El Bar.
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