lunedì 6 gennaio 2020

El Bar - Álex de la Iglesia

succede qualcosa di grave, là fuori, e le persone dentro un bar si trovano imprigionate, chi esce muore, forse dei terroristi, o un gas velenoso, minacciano la città.
e dopo essersi beccati, punzecchiati, offesi per un bel po', capiscono un po' per caso, che possono fuggire per le fogne.
una fuga nella merda, con diversi omicidi fra loro, e solo alla fine alcuni rivedranno la luce.
gran bel film, Álex de la Iglesia non delude - Ismaele





Dalla vecchia proprietaria del bar al giovane hipster non c’è un personaggio che non abbia la faccia giusta, perché poi è quello a cui tiene davvero questo regista, trovare corpi da massacrare più che attori da far recitare. Li veste bene e li fa comportare da persone civili all’inizio per divertirsi a farli fuori uno ad uno, a massacrarli, ridurli ai minimi termini a furia di prove assurde cui sono costretti dagli eventi.
Come fosse Carpenter mette una serie di persone in condizione di resistere in una struttura, come fosse Romero mette una minaccia fuori che vuole entrare, come fosse Woody Allen si diverte moltissimo con i ruoli che queste persone interpretano, come fosse de la Iglesia si compiace di dare a tutto questo un tono da filmacci di serie Z.
Perché poi a questo ex ciccione quello che gli piace è mangiare, toccare corpi, vedere donne, far menare uomini, gli piace ridere grossolanamente di situazioni paradossali e gli piacciono le persone che sparano con armi grosse e le cose che esplodono. Solo che invece di fare exploitation si è deciso a mettere le cose che gli piacciono in qualsiasi tipo di film, per dimostrare che si può calciare in ogni storia e trasformarla lentamente in una che si guarda con tutti e due gli occhi invece di una che si ascolta solo con le orecchie, una in cui se non vedi cosa accade alle persone, non vedi come cambiano, come si imbrattano, come vengono distrutte, allora ha capito solo metà del film (la metà meno interessante).
Certo poi El Bar non è un film perfetto e presenta il grande difetto di de la Iglesia, quello che la critica cinematografica chiama, in gergo tecnico, “finalone esageratone” in cui tutto all’improvviso s’impenna e le situazioni vengono moltiplicate per 10 in assurdità e grandezza. Come se si accorgesse a 20 minuti dalla fine che non ha usato il budget per gli effetti visivi e speciali, che non ha raggiunto il quantitativo di morti che serve e si sbrigasse a raggiungere lo standard promesso.
Ma davvero, seriamente possiamo volere male ad un regista che ha questo difetto? Sul serio?!

Noi assistiamo curiosi e divertiti alla nuova fatica del cineasta spagnolo che si riconferma un amante del grottesco come mezzo per raccontare la vita che talvolta ci porta a nuotare in una fogna (“la vida es una vera mierda”, credo fosse la frase originale). Impossibile dargli torto. I piccoli uomini sullo schermo, che tanto bene ci rappresentano con le loro debolezze, coi loro segreti e con i loro fallimenti, si abbasseranno a tutto pur di sopravvivere, come d’altro canto faremmo anche noi.
El Bar parla di trappole reali e mentali, di quelle che ci costruiamo e quelle che subiamo. Sono i nostri desideri e sogni infranti, le insoddisfazioni quotidiane, le bugie che ci raccontiamo, la vergogna che proviamo nell’ammettere di essere caduti e la paura che abbiamo a rialzarci. Tra una risata e l’altra, De la Iglesia prima porta in scena la fiera dei perdenti poi tira un meraviglioso sberlone alla totale indifferenza che oramai ci contraddistingue. Siamo diventati dei bipedi, dipendenti dal virtuale, impauriti dal diverso, incapaci di osservare, tendere una mano e, in ultima analisi, rimanere umani…
da qui
Un gran calderone di derivazioni cinematografiche che de la Iglesia utilizza con arguzia e sapienza per dar forma a un racconto ricco di fascino metaforico sin dai titoli di testa, nei quali la computer grafica illustra un vasto (e microscopico) universo di organismi batterici che, oltre ad anticipare una delle derive che la narrazione assumerà a breve, delineano chiaramente una sprezzante allegoria in cui la forte stereotipia dei personaggi (la belloccia snob, il pubblicitario griffato, il ruvido ex poliziotto, il gigionesco barista, il vagabondo predicatore ecc.) si fa specchio di un altrettanto virulento ed “entomologico” micromondo dove ciascuno pensa solo alla propria sopravvivenza. Soffrendo un poco di stanchezza nella parte centrale, El Bar riesce tuttavia a mantenere un ritmo incalzante e un potere d’attrazione tutto sommato costante, grazie soprattutto a un montaggio intensivo di campi e controcampi che fanno da contraltare al sublime pianosequenza iniziale – marchio di fabbrica del cineasta –, assieme alla consueta cura per l’apparato estetico, il quale si tinge di allucinata oscurità in un epilogo di progressivo abbruttimento fisico e morale capace di richiamare le ambientazioni fognarie de Il quarto uomo così come di non dare assolutamente alcuna chiara e definitiva esplicazione a quanto accaduto.
da qui
È molto complicato classificare un’opera come The Bar: in parte è una commedia, in parte è un film apocalittico, in parte è un dramma grottesco ed è sicuramente pieno di elementi che lo possono ricondurre all’horror. Ti spiazza, perché cambia registro da un’istante all’altro e con una rapidità tale che quasi non si fa in tempo a percepirlo. De la Iglesia è così frenetico che a stento gli si sta dietro; i dialoghi vengono sparati fuori a velocità supersonica, neanche fossero sventagliate di mitragliatrice; i personaggi stabiliscono alleanze tra loro, le rompono, si saltano alla gola e gli schieramenti mutano nello spazio di un battito di ciglia; si passa da una situazione tutto sommato gestibile per lo spettatore dallo stomaco delicato a un’altra in cui si annega, in senso letterale, nella merda e nei liquami delle fogne. E anzi, l’ultima mezz’ora di film è tutta così: sporca, disgustosa, a tratti insostenibile. Insomma, non un horror in senso stretto, ma un film che di orrore è pieno fino a tracimare.
Come ho detto in apertura, de la Iglesia è tra le poche certezze della mia vita. Ribelle, sconsiderato, eccessivo, rivoltante. E ci piace così. Lunga vita a lui e al cinema folle di cui è, da sempre, sovrano incontrastato.

da qui
'El Bar' es un potentísimo thriller de acción, con Álex de la Iglesia en su salsa, de inicio espectacular y crescendo dramático final espectacular. Sin duda, se trata de uno de los mejores trabajos de su director que retoma la estructura narrativa que le llevó al éxito con 'El Día de la Bestia' (1995) o 'La Comunidad' (2000) y que repitió de forma más irregular en films como 'Balada Triste de Trompeta' (2010) o 'Las Brujas de Zugarramurdi' (2013). Con 'El Bar' consigue su film más redondo en la última década, sin descarrilar en el tour de force final como le sucede muchas veces cuando se desmadra y no por ello quiere decir que aquí se vuelva menos loco y sangriento que en sus otras películas, todo lo contrario…

El Bar bien podría formar una trilogía con El Día De La Bestia y La Comunidad ya que consigue retorcer-a la vez que divertir-al espectador en su butaca mostrando la maldad del ser humano y lo que es mas triste comprobando que uno se ha cruzado con gente así muchas veces en el transcurso de sus vidas. Uno se pregunta si estuviera en esas situaciones limites realizaría los mismos actos que los protagonistas y da miedo pensar que seguramente actuaríamos igual. De La Iglesia vuelve a componer una película agobiante y dirigida con un ritmo endiablado creando situaciones dramáticas que muestran la miseria humana en situaciones límites. Un frenesí de intriga que aumenta a la velocidad que acontecen los sucesos sin saber el espectador que rayos está pasando ahí afuera. Todos somos ratas de laboratorio que nos hacen pensar que hacer para salvar nuestro pellejo.
Con actores a los que conoce lo suficiente De La Iglesia saca lo mejor de si de actores como Mario Casas o Terele Pavez que con él siempre están perfectos sin obviar por supuesto a otros como Machi o Secun De La Rosa y sobre todo al roba escenas de la película que es Jaime Ordoñez que está pletórico en todas las escenas que sale.
El Bar es un divertimento que todo aficionado al cine de género tiene que ver para corroborar lo que muchos ya sabíamos, Alex De La Iglesia es uno de los mejores directores del fantástico de este universo, su amor por este género está materializado en cada escena de El Bar.

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