quando tutto potrà andare male niente potrà impedirlo, una bambina senza padre, una madre senza figlio, una gatta che sparisce, un albero che fa il suo dovere sono una parte dei protagonisti del film, una commedia sempre più nera, senza fermarsi davanti all'abisso.
un film da non perdere, promesso.
buona (ombrosa) visione - Ismaele
…Hafsteinn Gunnar
Sigurðsson racconta una guerra non convenzionale, dove le regole di civiltà e buon senso lasciano
progressivamente spazio alla voglia di vendetta e di rivalsa, che come un
ciclone travolgono i protagonisti determinando il corso degli eventi. Il
risultato è un’appagante e inquietante annullamento dell’umanità, che non può
creare né vincitori né vinti. Un beffardo e azzeccato finale cala così il
sipario su questa convincente commistione di generi, forte delle buone prove
degli attori protagonisti e sintomatica dell’imperterrita capacità del cinema
di reinventare continuamente se stesso a qualsiasi latitudine.
…La serietà di chi è coinvolto nella farsa è una
delle principali premesse alla riuscita dell'effetto comico e il film di Hafsteinn
Gunnar Sigurðsson gioca esattamente su questo principio. Si ride amaro, o forse
il riso non affiora veramente alle labbra, ma è lì, sottotraccia, pronto a
rincarare la dose, pronto a suggellare, nel finale, la beffa dell'assurdo, la
tragicommedia dell'animale sociale. Nella civile Islanda, infatti, dove alzare
la voce o parcheggiare fuori posto è un comportamento irrazionale, non c'è
spazio per l'irrompere dell'emotività, lo scalpitare dei nervi sotto pressione
appare subito violenza, disturbo psichico, occasione per cui chiamare la
polizia. Semplicemente non c'è posto per una contravvenzione all'obbligo
dell'armonia sociale; non è quello il luogo, come la riunione di condominio
(una delle scene clou) non è il luogo per spostare il discorso sul personale:
non si può usare la discussione sulle fogne per parlare di divorzio, è
scorretto, al di là dell'urgenza intrinseca della materia.
Innescata dal fastidio che l'ombra di un
albero getta sull'angolo verde di una coppia di mezza età (e il paradosso è già
dietro l'angolo, perché quanto sole potrà mai esserci, e quanto spesso, in quel
di Reykjavik, per generare un'ombra?) la guerra tra vicini di casa è scheletro
narrativo e pretesto riuscito di un film che non si esaurisce, però, soltanto
in un racconto ben orchestrato. Attraverso il peso affidato al fuoricampo,
occupato dal corpo mancante del fratello del protagonista, che si è fatto nel tempo
dubbio, tarlo, vera e propria prospettiva deviata, Sigurðsson parla di cinema e
legge il mondo con la lente del cinema, ricordandoci ad ogni istante che la
nostra è sempre e soltanto una visione delle cose.
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