venerdì 26 luglio 2024

I Miserabili - Ladj Ly

poliziotti in qualche periferia di Parigi, alla ricerca di un leoncino rubato a un circo.

il ladro bambino è Issa, l'appassionato di droni è il figlio del regista.

la situazione scappa di meno, inizia l'inferno.

un film da non perdere, non è l'inarrivabile film di Kassovitz, ma non demerita al confronto.

buona (pacifica) visione - Ismaele

 

 

QUI il film completo, su Raiplay


 

…Straordinari per intensità e potenza visiva le riprese dall'alto che mostrano i tafferugli,così come gli inseguimenti che riportano in auge un certo cinema poliziesco all'americana.

Il cuore della rivolta sembra dire il regista è in quella zona oscura del sociale,di un mondo che sopravvive come può,alla base di una legge e un codice creato dai luoghi e dalle circostanze.

Una teoria che si evince in questo film a metà strada tra la visione radicale e manichea di  Spike Lee e la corruzione della polizia vista in "TrainingDAY", in mezzo vi è la lettura documentaristica e cruda de "l'odio" di Kassowitz per un film mirabile nello stile e nelle congetture sociali.

Il finale è poi sospeso in un limbo aperto e bruciante dove i vincitori non esistono, quello che conta è che "NON ESISTONO CATTIVI UOMINI O CATTIVE ERBE,MA SOLO CATTIVI COLTIVATORI" come disse il maestro Victor Hugo nel suo capolavoro "I miserabili".

da qui

 

In I Miserabili emergono come detto elementi comuni al film di Kassovitz, lo sguardo protagonista è l’insieme di tre personaggi, in questo caso sono tre prototipi di poliziotto, semplificando potremmo indicarli come il buono, il cattivo e il perfido, in realtà rappresentano la molteplicità dello sguardo analitico, non serve una divisione giudicante tra bene e male, una verità mobile tra il bianco e il nero, il regista ci offre una terza via, una ulteriore possibilità di interpretazione della realtà e nonostante ciò sembra dirci che neppure questa sarà sufficiente. Perché la complessità dentro quel mondo è troppo intricata per potere essere risolta o almeno compresa. Allora il film cerca di rendere essenziale il suo messaggio, ci offre uno strumento guida: in L’Odio c’era una pistola ritrovata per caso, nelle mani di un emarginato che non sapeva se usarla, qui c’è una micro card con un video ripreso da un piccolo drone che denuncia un grave sopruso commesso dalla polizia. Dunque il potere dell’immagine, la video verità che diventa testimonianza non più mediabile. È la potenza della visione che riporta l’uomo alla dimensione pulsionale, più ludica e più crudele, senza niente altro che la possa spiegare. L’altro elemento di analisi linguistica riguarda proprio la polizia. Se nel film degli anni novanta si percepiva attraverso la sua azione quella che è una legittima funzione autoritaria (nonostante già rivelasse la presenza di agenti violenti irrispettosi di qualsiasi diritto civile) denotava anche l’esistenza di un mondo-altro di riferimento con il quale la periferia si confrontava ed ambiva paragonarsi o raggiungere attraverso i suoi feticci consumistici e sociali. Quello che oggi ci apparirebbe quasi romantico e sfiorato da un leggero soffio manieristico rispetto a tempi che sembrano distanti anni luce, qui vengono messi a nudo dall’implacabilità dello sguardo di Ladj Ly.

da qui


2 commenti:

  1. Un signor film, con un finale terribilmente ansiogeno. Avrei voluto vedere anche il nuovo film di Ladj Ly, ma le uscite di questo periodo per chi vive in provincia sono pura utopia...

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    1. ho letto adesso che Ladj Ly ha lavorato alla sceneggiatura di Athena, di Romain Gavras, si vede :)

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