poliziotti in qualche periferia di Parigi, alla ricerca di un leoncino rubato a un circo.
il ladro bambino è Issa, l'appassionato di droni è il figlio del regista.
la situazione scappa di meno, inizia l'inferno.
un film da non perdere, non è l'inarrivabile film di Kassovitz, ma non demerita al confronto.
buona (pacifica) visione - Ismaele
QUI il film completo, su Raiplay
…Straordinari per intensità e potenza visiva le riprese dall'alto che
mostrano i tafferugli,così come gli inseguimenti che riportano in auge un certo
cinema poliziesco all'americana.
Il cuore della rivolta sembra dire il regista è in quella
zona oscura del sociale,di un mondo che sopravvive come può,alla base di una
legge e un codice creato dai luoghi e dalle circostanze.
Una teoria che si evince in questo film a metà strada tra la
visione radicale e manichea di Spike Lee e la corruzione della polizia
vista in "TrainingDAY", in mezzo vi è la lettura documentaristica e
cruda de "l'odio" di Kassowitz per un film mirabile nello stile e
nelle congetture sociali.
Il finale è poi sospeso in un limbo aperto e bruciante dove i
vincitori non esistono, quello che conta è che "NON ESISTONO CATTIVI
UOMINI O CATTIVE ERBE,MA SOLO CATTIVI COLTIVATORI" come disse il maestro
Victor Hugo nel suo capolavoro "I miserabili".
…In I Miserabili emergono come detto elementi comuni al
film di Kassovitz, lo sguardo protagonista è l’insieme di tre personaggi, in
questo caso sono tre prototipi di poliziotto, semplificando potremmo indicarli
come il buono, il cattivo e il perfido, in realtà rappresentano la molteplicità
dello sguardo analitico, non serve una divisione giudicante tra bene e male,
una verità mobile tra il bianco e il nero, il regista ci offre una terza via,
una ulteriore possibilità di interpretazione della realtà e nonostante ciò
sembra dirci che neppure questa sarà sufficiente. Perché la complessità dentro
quel mondo è troppo intricata per potere essere risolta o almeno compresa. Allora
il film cerca di rendere essenziale il suo messaggio, ci offre uno strumento
guida: in L’Odio c’era una pistola ritrovata per caso, nelle mani di un
emarginato che non sapeva se usarla, qui c’è una micro card con un video
ripreso da un piccolo drone che denuncia un grave sopruso commesso dalla
polizia. Dunque il potere dell’immagine, la video verità che diventa
testimonianza non più mediabile. È la potenza della visione che riporta l’uomo
alla dimensione pulsionale, più ludica e più crudele, senza niente altro che la
possa spiegare. L’altro elemento di analisi linguistica riguarda proprio la
polizia. Se nel film degli anni novanta si percepiva attraverso la sua azione
quella che è una legittima funzione autoritaria (nonostante già rivelasse la
presenza di agenti violenti irrispettosi di qualsiasi diritto civile) denotava
anche l’esistenza di un mondo-altro di riferimento con il quale la periferia si
confrontava ed ambiva paragonarsi o raggiungere attraverso i suoi feticci
consumistici e sociali. Quello che oggi ci apparirebbe quasi romantico e
sfiorato da un leggero soffio manieristico rispetto a tempi che sembrano
distanti anni luce, qui vengono messi a nudo dall’implacabilità dello sguardo
di Ladj Ly.
Un signor film, con un finale terribilmente ansiogeno. Avrei voluto vedere anche il nuovo film di Ladj Ly, ma le uscite di questo periodo per chi vive in provincia sono pura utopia...
RispondiEliminaho letto adesso che Ladj Ly ha lavorato alla sceneggiatura di Athena, di Romain Gavras, si vede :)
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