dentro baracche per terremotati (o qualcosa del genere) stanno gli uffici della squadra antidroga di una città francese.
il nostro eroe è Lulu (interpretato da un bravissimo Didier Bezace), a metà fra il poliziotto e Groucho Marx), un ottimo poliziotto col cuore d'oro, che fa una vita spericolata, e, tra le altre cose, protegge una tossica, Cecilie, da mali peggiori.
un film imperdibile a cui non si può non voler bene, grazie a Bertrand Tavernier.
buona (rischiosa) visione - Ismaele
Un poliziesco girato quasi con la tecnica di un documentario
di impressionante verosimiglianza che prende il titolo da una legge che obbliga
l'autorità di pubblica sicurezza a far visitare sanitariamente ogni drogato
sotto la propria custodia almeno una volta ogni 24 ore.Tavernier è molto
coinvolto e si vede dalla passione con cui gira il film: lo dedica a suo figlio
Nils che ha avuto gravi problemi di tossicodipendenza e che qui recita in una
piccola parte .E il ritratto che viene fuori della polizia è tutto meno che
agiografico.E'un documento di grande e circostanziata amarezza,uno sguardo
impietoso sulle deficienze del sistema,fa scoprire la Parigi nascosta,quella
dei vicoli bui e degli spacciatori ad ogni angolo di strada,quella delle
prostitute e degli informatori(che qui hanno molta importanza per il lavoro dei
poliziotti).Il film di Tavernier non racconta una storia vera e propria ma
racconta la vita di un gruppo di poliziotti sui generis(quelli della brigata
stupefacenti) dal punto di vista di Lulu,retrocesso in questa squadra un pò
particolare per un litigio con un superiore che non vuole sentire le sue
ragioni.La loro vita è fatta di interminabili appostamenti,di lotte impari
contro la cronica mancanza di attrezzature e di sostegno da parte dei superiori,di
pedinamenti.Quando non sono impegnati nella varie attività i poliziotti si
ritrovano nella sede centrale,nome abbastanza pomposo per un prefabbricato di
dimensioni infime in cui si fano gavettoni l'un l'altro distaccato anche dalle
altre sedi,a testimonianza ulteriore di quanto siano randagi questi
poliziotti.Lulu ha una relazione platonica con la prostituta sieropositiva
Cecilie(a cui la gravidanza inaspettata concederà il modo per riscattarsi
)dietro al suo aspetto odinario si nasconde un segugio di gran razza eppure le
operazioni di questa squadra o per un motivo o per un altro vanno sempre a
finire male.Sinceramente non mi viene in mente nessun film che possa essere
accostato a questo,bisogna dare merito al grande Bertrand Tavernier di aver
trovato una nuova strada per il cinema poliziesco.La sua cinepresa inquadra la
verità seppur mirabilmente ricostruita in una messa in scena di grande
audacia.L'avevo visto la prima volta circa 18 anni fa in videocassetta:mi
ricordo che lo noleggiai a un videostore(quando all'epoca anche il cinema
d'autore arrivava in videoteca a noleggio) e mi piacque moltissimo.Poi forse
ebbe un passaggio televisivo ma che si perde ormai nella notte dei tempi.A
quanto ne so io in Italia non ne esiste una versione in dvd.Ho per questo
deciso di acquistarlo all'estero a un prezzo estremamente contenuto e me lo
sono gustato in versione originale con sottotitoli in inglese.Un capolavoro
come questo val bene un piccolo sacrificio economico....
Lo
sguardo di Tavernier sulla lotta allo spaccio di droga è realisticamente
impietoso: il poliziotto protagonista (un ottimo Didier Bezace) deve svolgere
un lavoro fatto di estenuanti appostamenti e pedinamenti, svolto in strutture
fatiscenti e con mezzi limitati, barcamenandosi tra le bizze dei colleghi,
superiori menefreghisti e cavilli burocratici. Bello il personaggio della prostituita
sieropositiva di Lara Guirao, la cui parabola regala uno spiraglio di speranza
conclusivo. Con qualche sforbiciata (140 minuti sono tanti) avrebbe rasentato
la perfezione, ma anche così è notevole.
Il
film prende il titolo dalla famigerata legge che, in Francia, omologava
spacciatori e consumatori di droga. Opera dissonante nella cinematografia di
Tavernier, sostituisce al suo tendenziale crepucolarismo letterario, un secco e
concitato sguardo realistico. Il documentarismo in verità nasconde una potente
scrittura cinematografica. Adrenalinico, disturbante, ma anche pieno di
passionale sincerità nel suo registrare la quotidianità della sezione
narcotici. Dettato da un urgenza tale che gli si perdona il forzato ottimismo
finale. Grande prova corale.
…Tavernier ne cherche pas à déclamer de
grands principes, ou à construire un film à thèse. Il veut se rapprocher au
plus proche du réel, au point d’inclure dans son film plusieurs plans volés,
filmant des deals réels depuis des sous-marins et s’inspirant de moments
réellement vécus par Michel Alexandre, qui est présent sur le tournage et
oriente le récit au plus proche des réalités de la vie de flic, comme en
témoigne le making of qu’il tourne lui-même. Tavernier prend alors logiquement
le point de vue de ses personnages, filmant à hauteur d’homme, une marque là
aussi récurrente de sa mise en scène. Au-delà de l’effet d’empathie, le
cinéaste disait vouloir que l’on soit perpétuellement dans le regard des
policiers, et ainsi « éviter tous les clichés des films policiers
français traditionnels » qu’ils relèvent de l’imitation du cinéma
américain ou de celui de Jean-Pierre Melville. Le pari est réussi pour Tavernier,
et L.627 ne ressemble à aucun film policier. On n’y
voit aucun acte d’héroïsme, pas de superflic qui parviendrait à triompher du
mal malgré le système, ni aucun méchant absolu qui incarnerait le danger. Le
cinéaste vise le quotidien, ce qui n’exclut pas le spectaculaire, comme lors de
l’interpellation du dealer Place des Fêtes, ni les moments de drôlerie comme
l’illustre le gag récurrent du seau d’eau. Il instaure une familiarité avec les
personnages et avec les situations dépeintes, qui fait naître chez le
spectateur le sentiment de révolte qui anime le réalisateur…
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