Denis Ménochet e Zar Amir Ebrahimi sono i protagonisti di questo film nella neve, braccati dalla polizia e dagli assassini.
Chehreh (Zar Amir Ebrahimi), una dei milioni di persone con il passaporto di un altro colore (sbagliato!), partita dall'Afghanistan, vuole passare dall'Italia alla Francia, a rischio della libertà e della vita.
Chehreh, nella neve con un paio di jeans, trova Samuel (Denis Ménochet), che rischia la vita per lei, la aiuta e la salva, ad ogni costo.
il film potrebbe essere dedicato a Cédric Herrou, chissà.
opera prima di Guillaume Renusson, un film che ha girato poco e male, peccato, è un ottimo debutto.
buona (clandestina) visione - Ismaele
ps: per chi vuole approfondire quello che succede davvero:
https://www.youtube.com/watch?v=rjUftr1yeMA&ab_channel=Fposte
https://it.insideover.com/migrazioni/lennesima-occasione-perduta-dallue-sui-migranti.html
Dopo essere riuscita a scappare da una retata della polizia,
una donna afgana (Amir-Ebrahimi) cerca di attraversare le Alpi Marittime per
raggiungere la Francia. Qui viene trovata, stremata, da un uomo (Menochet,
sempre più emblema del cinema francese contemporaneo) che si era rifugiato per
qualche giorno nella sua baita di montagna per elaborare i sensi di colpa
derivanti del traumatico lutto della morte della moglie. Insieme, i due saranno
oggetto di una caccia spietata da parte di un terzetto xenofobo franco-italiano
(due uomini e una donna, la più feroce) che farebbero di tutto per vederli
morti…
Un’opera prima certamente di peso, Sopravvissuti,
ispirata, nata da una particolare esigenza: «Volevo fare un film che
racconta di migrazione e di rifugiati, raccontato come fosse un film di
fantasmi, perché i migranti, oggi, sono come i fantasmi della nostra società ed
è sotto gli occhi di tutti. Questo è stato il primo spunto da cui iniziare a
scrivere. E poi le montagne, questa specie di deserto innevato nelle Alpi, mi
hanno ricordato Il Grande Silenzio di Corbucci che è uno
dei miei western preferiti. L’ho impostato come un western. Amo il cinema, amo
fare il cinema, anche con un budget limitato, è questo il punto di vista che ho
voluto raccontare: cosa sta succedendo al confine». Su di esso,
Renusson incide un Sopravvissuti,
narrazione accattivante, minimalista, radicale, che racconta di elaborazione
del lutto e redenzione, ma anche di rinascita e Frontiera…
…Nella trama di Sopravvissuti siamo
tutti protagonisti. Magari abbiamo subito un lutto che ci ha segnato come
Samuel e la figlia, oppure siamo in fuga da qualcosa (che sia anche da noi
stessi) come Chehreh. Il messaggio politico che si cela dietro il film di
Renusson è chiaro fin da subito, eppure questo film è stato girato dopo il
COVID-19, nel gennaio 2021, quando ancora le guerre erano lontane dalla
cronaca. Renusson però porta sul grande schermo il conflitto e un sentimento di
repressione, da parte dei tre villain, più attuale che mai. Dall’altro però
scopriamo un sentimento più puro: aiutare il prossimo senza riserve.
Samuel vede in Chehreh un po’ di sua
moglie, che non è riuscito a salvare. Alla fine, infatti, sarà proprio la
moglie a salvare entrambi, come un aiutante nascosto. I documenti trovati da
Samuel nella loro baita in montagna saranno fondamentali a Chehreh per
attraversare i confini. Scopriamo così anche perché Samuel ha cercato in tutti
i modi di aiutarla: c’è una somiglianza lampante tra Chehreh e la moglie che
l’uomo portando a compimento la sua missione conclude così il viaggio. Entrambi
come sopravvissuti e come
esseri umani.
…Sopravvissuti è un film che
lavora in sottrazione, riducendo all'osso i dialoghi per dare spazio
soprattutto al corpo.
La sofferenza provocata
dall'abbandono forzato della propria patria, dal senso di solitudine di chi si
mette in viaggio per sopravvivere e, ciononostante, viene considerato fuori
legge, passa tutta attraverso la materialità del corpo.
Camminare, ferirsi, congelare,
svenire, camminare ancora.
Muoversi affidandosi solo alle
proprie gambe infiammate dal freddo, al respiro corto, alle scarpe sbagliate,
in una dimensione in cui elemento naturale ed elemento umano sono respingenti e
inospitali.
La corporeità è il centro
nevralgico, il tempio a cui affidare la propria preghiera di
futuro.
Il minimalismo di Sopravvissuti rende
la visione poco "comoda", a volte la concentrazione dello spettatore
potrebbe sfumare tra le scene dilatate e rarefatte, in attesa di uno
svolgimento che indugia piuttosto lentamente.
Al netto di questa sensazione,
però, l'approccio originale rispetto al tema della migrazione resta un fattore
attrattivo che a mio avviso rende il film molto valido.
La singola storia di Chehreh
diventa paradigma di un racconto collettivo che impone una riflessione corale
su quanto un mondo che si professa globalizzato respinga il diritto di
spostarsi da luoghi non più vivibili in cerca di un'esistenza migliore o -
ancora più spesso - tentando semplicemente di non morire…
Il y a parfois des premiers films qui marquent durablement. "Les survivants" fait partie de ceux-ci, englobant dans une mise en scène d’une rare maîtrise, des thématiques comme le deuil, l’immigration et la montée des extrémismes. En choisissant de lier deux portraits parallèles de personnages contraints de laisser quelque chose derrière eux dans un thriller enneigé des plus nerveux, Guillaume Renusson signe une œuvre nécessaire et magistrale, qui étonnamment est repartie bredouille du dernier Festival d’Angoulême où il était pourtant présenté en compétition. Sans doute un des films les plus impactants de cette 15è édition, le film met deux êtres blessés face aux dangers d’une nature hivernale hostile et de milices citoyennes s’étant donné pour mission de barrer le passage aux migrants, ceci par tous les moyens.
Dans ces contrées enneigées, le bruit devient ainsi synonyme de danger (une moto neige au loin, un drone qui se rapproche, le vent qui augmente...), mettant le spectateur en condition pour une chasse à l'homme sans merci, qui frise presque l’irrationnel du côté des agresseurs. La musique se met d’ailleurs au diapason de cette sensation de tension, les premières notes résonnant comme une alarme, avant de donner dans les cordes, plus graves. La première scène, long et impressionnant plan séquence, qui suit la migrante depuis son brusque réveil jusqu’à son échappé d’un bâtiment surpeuplé où la police ne ménage personne, donne la tonalité de cette traque qui constitue le cœur vibrant du film. Et Guillaume Renusson, calculant brillamment le moindre de ses effets, de montrer à la fois l’immensité dans laquelle évoluent les personnages (un impressionnant plan aérien nocturne où les deux silhouettes avancent dans la neige, avec des sapins à perte de vue...) et un contexte de déprise économique et de hors saison qui permet à la violence latente de s’exprimer dans toute sa frontalité.
S’inspirant de faits divers, il évoque non seulement un sujet polémique rarement évoqué au cinéma, mais aborde également divers sujets liés à l’exil (l’évocation du mari perdu en Grèce, la délicate scène où la femme craint pour son intégrité physique...) tout en n'évitant aucunement les scènes de violence. Si certains reprocheront au personnage très physique interprété par le toujours impressionnant Denis Ménochet (récemment vu dans "As Bestas") d’avoir une blessure à la jambe pas forcément utile au récit, et risquant de décrédibiliser certains de ses mouvements, c’est oublier que ce survivant français est ici comme « force de la nature ». Une sorte de montagne physique qui renoue avec sa propre humanité dans le contact avec cette femme afghane, que joue avec un bouleversant mélange de force et de fébrilité Zar Amir Ebrahimi (récompensée à Cannes en 2022 pour son rôle dans "Les nuits de Mashhad"). Thriller remarquable, la sortie du film "Les survivants" début 2023 est donc à ne pas rater, et montre également que Guillaume Renusson s’annonce comme un remarquable directeur d’acteurs, tirant le meilleur de ces deux solitudes qui s'unissent ici. Dire qu’on attend déjà avec impatience son deuxième long est un doux euphémisme.
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