una straordinaria Cate Blanchett dirige un orchestra prestigiosa, incide dischi, vive con una musicista della sua orchestra, hanno una bambina.
sembra che abbia tutto, ma il potere, che lei ha, e forse non ci pensa troppo, ai tempi degli smartphone è davvero difficile da conservare, basta un errore e la caduta è inevitabile.
entrano in gioco gli avvocati e la stampa e internet, e non è possibile uscire indenni.
come in The square, Lydia Tár scende nei piani bassi e oscuri della città, non tutto è brillante e invidiabile.
Lydia Tár è stritolata da forze invincibili e perde tutto.
l'ultima parte è ambientata in Southeast Asia, Imdb non è precisa (Filippine, Thailandia, chissà), lì Lydia Tár, sola e dimenticata, trova un lavoro e continua la sua vita.
…Todd Field si muove con sicurezza tra le alte referenze
stilistiche a cui guarda evidentemente (Antonioni, Visconti, Coppola, Kubrick,
Polanski), invitandoci a riattraversare un archivio di forme ampiamente
riconoscibile (i modelli della modernità) per farlo poi scivolare nel thriller
psicologico quando i fantasmi intimi si trasformano in realtà e accuse
tangibili. Si discute abbondantemente di dinamiche di potere e relazioni
intime, di politiche identitarie e derive della post-verità, di rapporto
arte/artista e di cancel culture. Tutti
temi delicatissimi e di stretta attualità che lo sceneggiatore-regista ha
l’audacia di affrontare anche se non sempre riesce a focalizzare in un punto di
vista nitido sul presente e/o sulle azioni del personaggio principale.
Ecco, TÁR funziona molto di più quando cerca di creare
abissi emotivi con le immagini (“la musica è ciò che noi
proviamo quando la ascoltiamo”), e meno quando insiste su registri
metaforici espliciti (le varie scene di confronti generazionali, un po’ troppo
didascaliche). Arrivando infine a sfumare ogni possibile redenzione del
personaggio in un’ultima mezz’ora frammentata e intasata che lascia più di un
dubbio aperto. Eppure, si esce molto scossi e interessati da questo lunghissimo
pedinamento emotivo. Tár è film
imperfetto e fascinoso, confuso e complesso nello stesso tempo, che ha il
coraggio di aggredire lo strettissimo presente (compresa la condizione
post-pandemica) per farlo diventare materia narrativa pulsante. Un film che si ha
voglia subito di rivedere per cercare nuove strade interpretative: forse per
questo i titoli di testa sembrano concepiti come titoli di coda? Si sta per
caso alludendo a un necessario loop ermeneutico?
Insomma, nello spartito saldamente codificato del film d’autore festivaliero
Todd Field cerca ancora di “giocare con le forme e con il
tempo” del cinema per favorire ulteriori riflessioni fuori dalla
sala. Non è poco.
…La cosa più incredibile
di TAR è la capacità cinematografica da parte di Field di costruire e
decostruire il personaggio principale interpretato da Cate Blanchett. Veniamo
lanciati subito all'interno di un mondo spesso poco conosciuto e poco filmato
"da dentro" come quello della musica classica. Assistiamo per una
buona mezz'ora a termini tecnici, a discussioni di mestiere di difficile
comprensione per i non addetti, ma non fa niente, perchè le parole o i termini
che non capiamo vengono coperte dalla magnetica, fredda e glaciale presenza
della Blanchett che attira su di sé e sulla sua sublime interpretazione tutta
l'attenzione. E ci piace molto questo viaggio insieme a lei, a suo fianco, nei
salotti eleganti dei teatri d'opera, nelle hall degli alberghi, gustiamo con
lei i suoi pranzi raffinati con le personalità importanti del settore,
condividiamo con lei la sua vita privata….
…Per
approcciarsi al nuovo film di Todd Field (di nuovo dietro la macchina da presa
dopo 16 anni di assenza) non è necessario sapere già chi sia questo genio della
composizione, per un semplice motivo: Tár è un personaggio di fantasia. Dopo
mezz’ora di film, tuttavia, si faticherà a crederlo: la sua
esistenza, la sua psicologia e la sua carriera sono raccontate con una minuzia
di particolari sbalorditiva. Ci sembrerà di conoscerla, di averne
sicuramente letto da qualche parte, di aver sentito parlare della sua relazione
con la violinista Sharon e di aver guardato su YouTube una delle sue ipnotiche
performance…
…«Non è una democrazia», dice Cate Blanchett a proposito
dell’orchestra in una delle scene chiave di Tár. Todd Field
crea un parallelo fra il microcosmo orchestrale e il potere nella società
contemporanea, mettendo a dura prova le nostre certezze in merito. Nell’era del
post #MeToo, basta una parola fuori posto, un’azione scorretta o un minimo
abuso del proprio potere per cadere dalle stelle alle stalle. Lydia Tár è la
perfetta rappresentazione di tutto questo, un’affascinante e a tratti
respingente insieme di contraddizioni: la vediamo rinnegare qualsiasi forma di
conformismo ma al tempo stesso imporre un’immagine perfetta di lei, schernire
gli studenti robot e manifestare freddezza, stimolare il pensiero critico e la
cooperazione e contemporaneamente mostrare il suo lato più cinico e disumano,
disinteressandosi apertamente dei disagi delle sue collaboratrici più strette.
La quinta sinfonia di Mahler è il legame più evidente
fra Tár e al disfacimento interiore alla base
di Morte a Venezia di Luchino Visconti.
La vitalità iniziale lascia lentamente spazio a un vero e proprio thriller
psicologico, incentrato sulla decadenza professionale ed emotiva di Lydia. La
donna che abbiamo visto sovrastare chiunque sul palco comincia a vacillare,
sotto i colpi delle confessioni delle sue colleghe. Todd Field compie in questo
senso un lavoro raffinatissimo, lasciando i momenti dei soprusi quasi sempre
fuori campo per concentrarsi sulla reazione di Lydia Tár alle accuse.
Vediamo infatti la protagonista sinceramente stupita per
gli eventi e inconsapevole delle conseguenze delle sue azioni per le persone a
lei più vicine. Un atteggiamento che la accomuna a tanti celebri molestatori e
che ci mostra il lato più torbido e irresponsabile del potere in un vero e
proprio ricatto morale allo spettatore, dal momento che sul banco degli
imputati c’è in questo caso una donna omosessuale. Nessuno è immune alla
prevaricazione e al sopruso.
L’assenza di pentimento e redenzione
Anche l’approccio di Todd Field all’inevitabile gogna
pubblica della protagonista è sorprendente. Non ci sono né pentimento né
redenzione nel caotico atto conclusivo. Quello di Lydia Tár è un treno che non
può più fare fermate intermedie, ma solo procedere lungo i binari che lei
stessa ha creato, affidandosi all’unico appiglio possibile, ovvero la musica.
Un epilogo sfumato ai limiti dell’inconcludenza è la coerente chiusura di un
racconto che ci invita continuamente a separare opera e artista e a non
lasciare che i picchi di bellezza influenzino il nostro giudizio sulle bassezze
umane, e viceversa.
Visto ieri, davvero bello, Cate Blanchet superlativa
RispondiEliminasì, Cate da oscar.
Eliminami sono ricordato che in Sils Maria, di Assayas, Kristen Stewart faceva da assistente a Julie Binoche, come Noémie Merlant a Lydia, è proprio un mestiere in crescita.
nel 2016, in Personal shopper, sempre di Assayas, Kristen Stewart aveva lo stesso ruolo, più o meno, e c'erano messaggi strani nei telefonini.
intanto ho trovato un vecchio film di Todd Field (https://hd4me.net/7495) mi sa che uno sguardo glielo darò.
https://welovecinema.it/2023/02/20/tar-la-recitazione-di-cate-blanchett/
RispondiEliminascrive Matteo Bortolini:
RispondiEliminahttps://www.leparoleelecose.it/?p=47162