lunedì 13 febbraio 2023

Tár – Todd Field

una straordinaria Cate Blanchett dirige un orchestra prestigiosa, incide dischi, vive con una musicista della sua orchestra, hanno una bambina.

sembra che abbia tutto, ma il potere, che lei ha, e forse non ci pensa troppo, ai tempi degli smartphone è davvero difficile da conservare, basta un errore e la caduta è inevitabile.

entrano in gioco gli avvocati e la stampa e internet, e non è possibile uscire indenni.

come in The squareLydia Tár scende nei piani bassi e oscuri della città, non tutto è brillante e invidiabile.

Lydia Tár è stritolata da forze invincibili e perde tutto.

l'ultima parte è ambientata in Southeast Asia, Imdb non è precisa (Filippine, Thailandia, chissà), lì Lydia Tár, sola e dimenticata, trova un lavoro e continua la sua vita.


buona (musicale e non) visione - Ismaele

ps: verso la fine c'è una scena con dei numeri per le ragazze, mutatis mutandis, come in Whores' glory, di Michael Glawogger.
 

 

 

Todd Field si muove con sicurezza tra le alte referenze stilistiche a cui guarda evidentemente (Antonioni, Visconti, Coppola, Kubrick, Polanski), invitandoci a riattraversare un archivio di forme ampiamente riconoscibile (i modelli della modernità) per farlo poi scivolare nel thriller psicologico quando i fantasmi intimi si trasformano in realtà e accuse tangibili. Si discute abbondantemente di dinamiche di potere e relazioni intime, di politiche identitarie e derive della post-verità, di rapporto arte/artista e di cancel culture. Tutti temi delicatissimi e di stretta attualità che lo sceneggiatore-regista ha l’audacia di affrontare anche se non sempre riesce a focalizzare in un punto di vista nitido sul presente e/o sulle azioni del personaggio principale.

Ecco, TÁR funziona molto di più quando cerca di creare abissi emotivi con le immagini (“la musica è ciò che noi proviamo quando la ascoltiamo”), e meno quando insiste su registri metaforici espliciti (le varie scene di confronti generazionali, un po’ troppo didascaliche). Arrivando infine a sfumare ogni possibile redenzione del personaggio in un’ultima mezz’ora frammentata e intasata che lascia più di un dubbio aperto. Eppure, si esce molto scossi e interessati da questo lunghissimo pedinamento emotivo. Tár è film imperfetto e fascinoso, confuso e complesso nello stesso tempo, che ha il coraggio di aggredire lo strettissimo presente (compresa la condizione post-pandemica) per farlo diventare materia narrativa pulsante. Un film che si ha voglia subito di rivedere per cercare nuove strade interpretative: forse per questo i titoli di testa sembrano concepiti come titoli di coda? Si sta per caso alludendo a un necessario loop ermeneutico? Insomma, nello spartito saldamente codificato del film d’autore festivaliero Todd Field cerca ancora di “giocare con le forme e con il tempo” del cinema per favorire ulteriori riflessioni fuori dalla sala. Non è poco.

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La cosa più incredibile di TAR è la capacità cinematografica da parte di Field di costruire e decostruire il personaggio principale interpretato da Cate Blanchett. Veniamo lanciati subito all'interno di un mondo spesso poco conosciuto e poco filmato "da dentro" come quello della musica classica. Assistiamo per una buona mezz'ora a termini tecnici, a discussioni di mestiere di difficile comprensione per i non addetti, ma non fa niente, perchè le parole o i termini che non capiamo vengono coperte dalla magnetica, fredda e glaciale presenza della Blanchett che attira su di sé e sulla sua sublime interpretazione tutta l'attenzione. E ci piace molto questo viaggio insieme a lei, a suo fianco, nei salotti eleganti dei teatri d'opera, nelle hall degli alberghi, gustiamo con lei i suoi pranzi raffinati con le personalità importanti del settore, condividiamo con lei la sua vita privata….

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Per approcciarsi al nuovo film di Todd Field (di nuovo dietro la macchina da presa dopo 16 anni di assenza) non è necessario sapere già chi sia questo genio della composizione, per un semplice motivo: Tár è un personaggio di fantasia. Dopo mezz’ora di film, tuttavia, si faticherà a crederlo: la sua esistenza, la sua psicologia e la sua carriera sono raccontate con una minuzia di particolari sbalorditiva. Ci sembrerà di conoscerla, di averne sicuramente letto da qualche parte, di aver sentito parlare della sua relazione con la violinista Sharon e di aver guardato su YouTube una delle sue ipnotiche performance…

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«Non è una democrazia», dice Cate Blanchett a proposito dell’orchestra in una delle scene chiave di Tár. Todd Field crea un parallelo fra il microcosmo orchestrale e il potere nella società contemporanea, mettendo a dura prova le nostre certezze in merito. Nell’era del post #MeToo, basta una parola fuori posto, un’azione scorretta o un minimo abuso del proprio potere per cadere dalle stelle alle stalle. Lydia Tár è la perfetta rappresentazione di tutto questo, un’affascinante e a tratti respingente insieme di contraddizioni: la vediamo rinnegare qualsiasi forma di conformismo ma al tempo stesso imporre un’immagine perfetta di lei, schernire gli studenti robot e manifestare freddezza, stimolare il pensiero critico e la cooperazione e contemporaneamente mostrare il suo lato più cinico e disumano, disinteressandosi apertamente dei disagi delle sue collaboratrici più strette.

La quinta sinfonia di Mahler è il legame più evidente fra Tár e al disfacimento interiore alla base di Morte a Venezia di Luchino Visconti. La vitalità iniziale lascia lentamente spazio a un vero e proprio thriller psicologico, incentrato sulla decadenza professionale ed emotiva di Lydia. La donna che abbiamo visto sovrastare chiunque sul palco comincia a vacillare, sotto i colpi delle confessioni delle sue colleghe. Todd Field compie in questo senso un lavoro raffinatissimo, lasciando i momenti dei soprusi quasi sempre fuori campo per concentrarsi sulla reazione di Lydia Tár alle accuse.

Vediamo infatti la protagonista sinceramente stupita per gli eventi e inconsapevole delle conseguenze delle sue azioni per le persone a lei più vicine. Un atteggiamento che la accomuna a tanti celebri molestatori e che ci mostra il lato più torbido e irresponsabile del potere in un vero e proprio ricatto morale allo spettatore, dal momento che sul banco degli imputati c’è in questo caso una donna omosessuale. Nessuno è immune alla prevaricazione e al sopruso.

L’assenza di pentimento e redenzione

Anche l’approccio di Todd Field all’inevitabile gogna pubblica della protagonista è sorprendente. Non ci sono né pentimento né redenzione nel caotico atto conclusivo. Quello di Lydia Tár è un treno che non può più fare fermate intermedie, ma solo procedere lungo i binari che lei stessa ha creato, affidandosi all’unico appiglio possibile, ovvero la musica. Un epilogo sfumato ai limiti dell’inconcludenza è la coerente chiusura di un racconto che ci invita continuamente a separare opera e artista e a non lasciare che i picchi di bellezza influenzino il nostro giudizio sulle bassezze umane, e viceversa.

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4 commenti:

  1. Visto ieri, davvero bello, Cate Blanchet superlativa

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    1. sì, Cate da oscar.
      mi sono ricordato che in Sils Maria, di Assayas, Kristen Stewart faceva da assistente a Julie Binoche, come Noémie Merlant a Lydia, è proprio un mestiere in crescita.
      nel 2016, in Personal shopper, sempre di Assayas, Kristen Stewart aveva lo stesso ruolo, più o meno, e c'erano messaggi strani nei telefonini.
      intanto ho trovato un vecchio film di Todd Field (https://hd4me.net/7495) mi sa che uno sguardo glielo darò.

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  2. https://welovecinema.it/2023/02/20/tar-la-recitazione-di-cate-blanchett/

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  3. scrive Matteo Bortolini:

    https://www.leparoleelecose.it/?p=47162

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