un soldato inglese, Norman Lewis, scrisse nel 1978 Naples '44 raccontando il suo servizio militare fra i "liberatori" in quell'anno disgraziato.
Francesco Patierno riempie quelle pagine di immagini storiche, citazioni di film, sulle parole di Norman Lewis (lette da Adriano Giannini), riuscendo a girare un film convincente, su un popolo che ancora sopravvive ai drammi più grandi, guerra, fame, malattie.
Norman Lewis è affascinato dalla resistenza a ogni disgrazia dei napoletani, e gli dispiacerà partire.
buona (napoletana) visione - Ismaele
QUI si può vedere il film completo, su Raiplay
…Un'orchestrazione complessa che è il risultato di un lavoro di ricerca e di montaggio (audio e video) piuttosto impressionante; una partitura dai toni evocativi che mira a dare una forma allo sguardo (finora tradotto solo in parola) di uno straniero sulla propria città e insieme a riempire quella forma di sfumature, di piccole note di colore, di ombre e di luci che la sfaccettano e ne moltiplicano le implicazioni. Una sfida tanto più ardita se quel viaggiatore straniero è Norman Lewis, ufficiale britannico al seguito dell'esercito di liberazione nella Napoli del 1944, nonché celeberrimo narratore di viaggi e autore di culto, il cui diario di guerra è un riferimento assoluto per il genere della memorialistica.
Una sfida che Patierno abbraccia con coraggio quasi come se mettesse in bocca a Lewis, in un certo senso, le parole di Augé quando dice "lo spettacolo di quelle rovine recenti costituiva una specie di enigma di cui avvertii immediatamente l’esistenza senza identificarne i termini né coglierne la natura". Napoli infatti è stremata ("sick and tired" la definisce il narratore Benedict Cumberbatch, scelto con intelligenza per dar voce alle parole di Norman Lewis nella versione originale del film), un corpo ferito che agonizza sotto gli occhi di quel viaggiatore curioso e affascinato – senza ancora saperne il perché – dalle tante stranezze di un luogo che, nonostante lo strazio, si lascia percepire come unico…
…Naples ’44 è un film importante per la sua capacità di recupero di
un’identità culturale, quella napoletana principalmente, che è formata a
partire da quegli stralci di vita del dopoguerra.
Francesco Patierno è stato bravo nel dirigere un film
che nonostante racconti atroci tragedie ti lascia con il sorriso, un po’ alla
maniera della comicità amara delle commedie eduardiane.
…Lo sguardo alieno e curioso di un uomo catapultato in
una città, di per sé enigmatica, nella sua ora più scura, è una testimonianza
affascinante, anche per il pubblico italiano. Sorprende, infatti, che un regista napoletano, per raccontare la
storia della propria città, scelga il punto di vista straniero di un
“invasore-liberatore”. Nelle intenzioni di Patierno,
forse, c’era addirittura di fare di Naples ’44 un
vero film di finzione, magari con Cumberbatch come protagonista? Non lo sapremo
mai. E’ certo che, nella strada scelta dell’ibrido documentario-fiction, i
suggerimenti a un legame continuo tra presente e passato (Napoli che non cambia
mai) sono elementi che avrebbero meritato ben altro approfondimento. Limitarsi
a inserire flash contemporanei del viaggio nella memoria di un anziano
protagonista (Lewis redivivo?) appesantisce il racconto, ulteriormente,
l’omaggio sincero di un uomo innamorato a una popolazione spossata ma,
nonostante tutto, piena di vita.
…Il commento in voce fuori campo di un anglosassone che osserva la realtà devastata con sguardo da entomologo, più ancora che antropologo, suscita nello spettatore un senso profondo di disagio, non dissimile dalla vergogna che molti italiani hanno provato nel confrontare la propria condizione miserabile con il benessere rappresentato (e a volte ostentato) dalle truppe Alleate. Alla gioia della fine della guerra è accostata la mortificazione di un'intera città impegnata a contendersi sigarette e cioccolata lanciate dalle jeep anglosassoni, o a vendere il proprio corpo per una lattina di razione o un paio di calze di seta. Ma nello sguardo di Lewis non c'è condiscendenza o crudeltà, solo una profonda pietas e un genuino affetto per personaggi come lo "zio di Roma", che Patierno genialmente raffigura con le immagini del Totò di Napoli milionaria. Il suo soggiorno nella città ridotta ad un cumulo di macerie, popolata da fantasmi senza scarpe infagottati in abiti ricavati da coperte militari, presa d'assalto dai pidocchi, dal tifo e dal vaiolo, è un viaggio in un girone infernale e nello stesso tempo una lezione di profonda umanità. Soprattutto, è una denuncia accorata ma mai melodrammatica (anche perché raccontata con apparente distacco British) della devastazione provocata dalla guerra, ogni guerra, e dall'attacco alla dignità umana che comporta: gli informatori, le signorine, i bambini con le mani tese, le allucinazioni di massa sono manifestazioni di ciò che l'essere umano si ritrova a diventare per assicurarsi la sopravvivenza. E come sempre il mercato nero e lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo trovano nella disperazione altrui il migliore terreno di crescita.
Ma in Naples '44 non c'è spazio per i patetismi: tutta la
narrazione, soprattutto grazie all'accostamento sapiente delle immagini scelte
da Patierno alle parole di Lewis, è imbevuta di amarissima ironia e insieme di
delicata tenerezza per un'umanità allo sbando, che persino sotto quella
"sudicia crosta del tempo di guerra" che aveva "riportato i
napoletani nel Medioevo" conserva la volontà di resistere. Impossibile non
correre col pensiero alla Aleppo dei nostri giorni, e non riflettere su quanto
la guerra sia sempre un abominio intollerabile.
Eccezionali il montaggio di Maria Fantastica Valmori, il commento musicale di
Andrea Guerra, e soprattutto il lavoro di ricerca iconografica che dissotterra
(è il caso di dirlo) una quantità di materiale inedito di straziante potenza
documentaria.
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