un film che parte lento e poi cresce e quando sembra fermarsi c'è una seconda parte ancora più bella (se possibile) della prima.
omicidi e amore impossibile legano Seo-rae e Hae-joon, assassina e poliziotto.
il film è pieno di indizi, tracce, messaggi e Hae-joon riesce a trovare, con difficoltà e intelligenza, le molliche di pane di Pollicino/Seo-rae, nel suo viaggio senza ritorno.
grande film, senza se e senza ma.
buona (misteriosa e imperdibile) visione - Ismaele
ps: i due protagonisti sono attori bravissimi e importanti, Tang Wei è una spendida protagonista in Un lungo viaggio nella notte, un gran film cinese di Bi Gan, e Park Hae-il è ottimo interprete di tanti film coreani, uno a caso The host, di Bong Joon Ho...
Cinema puro e senza compromessi, non soltanto esercizio estetico ed estatico ma raffinata riflessione sul genere, capace di innalzare le vie del thriller investigativo a vette inesplorate, guardando ai classici con una personalità spiccata e intransigente, pronta ad ammorbidirsi su quei sussulti romantici e su un alone mystery che d'altronde ne caratterizza le fondamenta. Con Decision to leave il maestro coreano Park Chan-wook firma forse la sua opera più consapevole - e in una filmografia dove spicca tra i già tanti capolavori la Trilogia della vendetta, non è certo cosa da poco - e ci riporta ad un piacere della visione dove le immagini vanno di pari passo con la storia e il relativo contenuto, tra colpi di scena e soluzioni geometriche che intrecciano le dinamiche di una vicenda dove niente è come sembra, e non soltanto a livello meramente narrativo. Un neo-noir di istinti e di istanti, dove il cuore e lo sguardo sono veicoli di emozioni a 360° gradi, partitura affascinante e irresistibile che rapisce in un vortice di sensazioni eterogenee e primigenie.
…Sobrio e asciutto nella messa in
scena, hitchcockiano nello spirito di un neo-noir che guarda consapevolmente ai
classici del genere ma li veste di panni contemporanei: un uomo oggettivizzato
e passivo, disarmato di fronte all'iniziativa di lei, e i dispositivi
elettronici - chat e messaggi vocali, ma anche geolocalizzazione e tracciamento
degli spostamenti - come mezzo principe (e talora anche un fine) nello
svolgimento della loro liaison proibita. Quel che non ci si
aspetterebbe da Park, e che invece giunge, è un film all'insegna del less
is more, in cui la gratuita spettacolarizzazione è fuggita, tanto nel lato
thriller che in quello romantico.
Non mancano i movimenti di macchina magistrali e le riprese dall'alto mirabili,
ma la misura con cui sono gestite è inedita. Lo sviluppo di quest'ultimo, in un
crescendo di messaggi in codice e sguardi, di ammiccamenti e intese invisibili,
è costantemente gestito con delicatezza, in contrasto con le macabre vicende
poliziesche che permettono ai due amanti prima di conoscersi e poi di
frequentarsi…
…Diventare un caso irrisolto. Restare una
di quelle foto appese su quel muro dei delitti che non hanno trovato una
soluzione, e, in questo modo, restare per sempre nella mente di qualcuno, fino
a levargli il sonno. È un’aspirazione che punta a far diventare un amore
qualcosa di eterno, senza fine, destinato a durare tutta la vita e al di là
della vita. Trovare una dichiarazione d’amore in un messaggio in cui non si
dice “ti amo”, ma qualcos’altro, e capire lo stesso. Perdersi nel significato
delle parole tra coreano e cinese, lost in translation, ma riuscire a
comunicare. È anche in queste piccole sfumature, e in un finale ancora una
volta strepitoso, che si vede quello che è un grande film.
…Di fatto più che concentrarsi sul delitto, sul colpevole e sulle
modalità tramite il quale il delitto viene messo in scena, il regista coreano
indaga le regioni più oscure dell’animo umano. Cosa si è disposti a fare pur di
non rinunciare alla persona che si ama? Cosa non si è disposti a fare per non
compromettere la propria integrità di essere umano? Il risultato è un mix
piuttosto statico di scene bellissime, tenui momenti di tensione e dialoghi (spesso)
inutilmente dilatati (n.d.r. nonostante un discreto doppiaggio in italiano si
consiglia ovviamente la visione in lingua originale, anche solo per
l’impagabile resa dell’incomunicabilità tra il protagonista coreano e la
protagonista cinese).
Eppure c’è questa sorta di dipendenza che Decision To Leave riesce a instillare
nello spettatore. Come se il morboso legame tra i due protagonisti fosse
riuscito a strisciare fuori dallo schermo e a serpeggiare per la sala per poi
avvinghiarsi alle caviglie dello spettatore, trascinandolo in un fangoso ed
angosciante abisso di amore e sofferenza.
Manca qualcosa in Decision To Leave però.
Manca una dirompente esplosione di violenza (di solito marchio di fabbrica di
Park Chan-wook). Manca un fendente che dia la scossa al film, che lo faccia
innalzare da mero gioiello registico a vero capolavoro, il suggello di una
carriera incredibile. Attenzione, non stiamo parlando né di occasione sprecata
né, tantomeno, di delusione. Decision To Leave è
un film bellissimo e visivamente una gemma rara. Ma ogni regista ha nella sua
filmografia dei totem e dei film minori, come dicevamo nell’apertura di questa
recensione.
Decision
To Leave è
un Park Chan-wook minore. E se questo è un suo film minore, forse
dovrebbe rendere bene l’idea della grandezza di questo regista.
https://welovecinema.it/2023/02/13/decision-to-leave-la-regia-di-park-chan-wook/
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