anche senza effetti speciali The Banshees of Inisherin è davvero un film speciale.
una piccola isola dove tutti sanno di tutti, nascondersi è impossibile.
il tempo che passa, fra una birra e l'altra e due chiacchiere fra amici, è il motore della scelta di Colm (Brendan Gleeson), di non perdere più tempo, solo darsi alla musica è importante.
da qui nasce il dramma della storia, Padraic (Colin Farrell) si sente rifiutato dal suo migliore amico, e sta male, molto male, e non si rassegna.
e tutto si complica quando la banshee (una specie di strega) dell'isola comincia a parlare.
musica di Carter Burwell, che fa la sua parte.
attori straordinari, e poi c'è anche Jenny, l'asinella.
un film da non perdere, se non si era capito.
buona (musicale) visione
ps: a chi l'ha visto tornerà in mente il bellissimo Il segreto dell'isola di Roan, di John Sayles, e a chi l'ha letto tornerà in mente Nel cuore dell'inverno, un bellissimo e terribile romanzo di Dominic Cooper, pubblicato da Einaudi nel 1997.
…Il film dimostra che
una scrittura inattaccabile e una recitazione superlativa bastano per avvincere
lo spettatore, magicamente calato in un microcosmo dove ironia e dramma si
alternano senza soluzione di continuità e che diventa specchio universale
della tragica follia umana. Sublime.
…È un cinema di parole quello di Martin McDonagh.Parole urlate (come quelle di Siobhán, interpretata
perfettamente da Kerry Condon), sussurrate, balbettate (come quelle di Dominic
Kearney, alias Barry Keoghan), tenute in silenzio.
Le battute di McDonagh sono lasciate
scorrere con calma, trascinandosi stanche, colme di sarcasmo e sputate fuori da
teatranti inconsapevoli su palcoscenici naturali.Belfast è lontana, e con lei
la guerra civile che la distrugge, la lacera, la rasa al suolo riducendola in
cenere. Tra le colline erbose dell'isola immaginaria di Inisherin si
combatte un'altra lotta, più silente, privata, tra un'anima pura,
umile e quella del suo migliore amico che quella parola così confortante e di
vicinanza, ha voluto negargliela. Un'esplosione senza ordigno, che scoppia in
silenzio, e proprio per combattere quel silenzio che Pádraic chiama a sé
parroco e sorella, gestori dell'unico pub del paese e il giovane del villaggio,
facendo di ogni conoscente soldato di un esercito senza uniformi - ma tante
domande - comandati dall'adorata asinella nel ruolo di generale, per cercare la
verità e convincere Colm di svestirsi della funzione di nemico, e ritornare in
quello di complice. In un abbraccio intimo, continuo, dove la commedia si unisce al dramma generando un ibrido
commovente e terribilmente umano, Gli spiriti dell'Isola si
sveste dei fasti dell'ironia superficiale, per abbigliarsi di brillante
malinconica, svelando così la reale natura dei sentimenti di chi prova
difficoltà ad aprirsi al mondo…
…Quindici anni dopo In Bruges McDonagh riprende la coppia Farrell-Gleason
immergendola nel paesaggio ventoso e selvaggio di un’isola irlandese della
costa occidentale e in un contesto narrativo anche stavolta scandito
dall’impasse, dall’attesa di un evento drammatico di là da venire. All’inizio
sembra una commedia dell’assurdo in costume scritta da Beckett: due uomini un
tempo amici litigano senza un motivo preciso e la situazione via via degenera
fino a sposare linee sanguinolente, quasi horror. Poi il ritmo diventa tragico,
quasi ineluttabile, come quello di una ballata irlandese. Gli spiriti dell’isola riprende un testo che l’autore ha
inizialmente scritto a chiusura della sua trilogia teatrale sulle Isole Aran (Lo storpio di Inishmaan e Il tenente di Inishmore sono le opere precedenti). Anche in questo caso, come
negli altri film scritti e diretti dal drammaturgo di origini irlandesi, emerge
la natura di scrittore e fine battutista, con i dialoghi ostentatamente
“perfetti” nel condensare ironia ed elementi stranianti. E quindi permane
quella sospetta inclinazione all’intrattenimento a cronometro, gigionesco,
quasi a voler offuscare l’anima dark delle storie e dei personaggi…
…Il
crescendo narrativo sempre più carico di dramma in cui l’amicizia si trasforma
ben presto in contrapposizione carica di odio soprattutto da parte di Padraic,
trova nel finale un epilogo che per alcuni versi appare persino ambiguo, nel
quale è chiara e nitida l’incapacità di entrambi i protagonisti della faida di
liberarsi dal giogo della solitudine che l’isola infonde in chi ci vive, e da
quel legame ancestrale che risulta impossibile da troncare.
Gli spiriti
dell’isola è un ritorno all’antico per Martin McDonagh, un rivolgere lo sguardo
a quei toni più intimistici che avevano contribuito nel suo film
d’esordio In Bruges ad un’opera di grande valore, a tutt’oggi probabilmente
ancora il suo miglior lavoro; di certo il regista irlandese dà ancora una volta
prova di una grande capacità di scrittura, grazie ai dialoghi e a quella
maniera molto abile che ha nel passare dal dramma alla commedia nell’arco di
poche battute, che è in Gli spiriti dell’isola una delle caratteristiche più
valide, supportata peraltro splendidamente da una regia poderosa.
L’aver
ricostituito la coppia di attori protagonista di In Bruges, Collin Farrell e
Brendan Gleeson, si è dimostrata infine una scelta azzeccata, soprattutto
riguardo al primo, premiato a Venezia con la Coppa Volpi per il migliore attore
e candidato all’Oscar per il premio come miglior attore protagonista, dà una
definitiva ed inappellabile prova della sua grande versatilità e della sua bravura
che non sempre hanno trovato estimatori; con Gli spiriti dell’isola ogni dubbio
viene definitivamente fugato riguardo alla bravura e alla classe dell’attore
irlandese.
…C’è un incredibile e continuo gioco di dare e
avere tra questi due, e mentre diamo per scontato il carisma eccentrico di
Gleeson da The General del 1998, la performance che lascia il segno
è quella di Farrell (Coppa Volpi a Venezia 79). È difficile pensare a un
ritratto che trovi così tante sfumature emotive e livelli di profondità
nell’incomprensione; il suo Pádraic non riesce a cogliere la logica dietro la
decisione del suo amico più di quanto possa controllare le sue reazioni, il suo
illogico bisogno o la vergogna di aver fatto qualcosa di sbagliato non avendo
sfruttato a pieno la sua vita. Capirete anche perché un amico potrebbe essere
tentato di allontanarsi pure da lui, eppure non percepirete mai che Farrell
provi simpatia o antipatia per quest’anima straordinariamente semplice. Non è
un caso che i due uomini diano alla fine del film un senso di ambiguità
riguardo a ciò che potrebbe accadere dopo i titoli di coda. Eppure non è
sbagliato che Farrell abbia l’ultima parola, e che sia il tipo che ti lascia
con la sensazione di aver appena assistito a ferite che potrebbero non
rimarginarsi mai. Possano gli spiriti gridare sempre per questo duo. E per
quanto riguarda McDonagh: bentornato.
https://welovecinema.it/2023/02/06/gli-spiriti-dellisola-la-sceneggiatura-di-martin-mcdonagh/
RispondiEliminaHo rivisto il film dopo la prima visione a Venezia e mi è piaciuto ancora di più. Dialoghi e sceneggiatura sublimi, uniti al fascino tipicamente "Irish" della storia e alla musica di Carter Burwell. Bellissimo.
RispondiEliminaimpossibile trovare un difetto, se non fosse quello di non averne nessuno :)
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