un film misterioso, quattro personaggi appaiono, bussando alla porta, quattro cavalieri dell'Apocalisse, che hanno scelto, o loro o qualcun altro, una famiglia per risolvere i problemi del mondo.
i quattro, guidati da un gigantesco, in tutti i sensi, Dave Bautista fanno le loro richieste, con fermezza e gentilezza, qualcuno deve morire per salvare il mondo.
un po' mi ha ricordato Colossal, di Nacho Vigalondo, una minaccia implacabile che sembra inarrestabile.
niente di nuovo, quindi, ma la "versione" di M. Night Shyamalan è sempre molto interessante.
un film che non vi dispiacerà.
buona (catastrofica e claustrofobica) visione - Ismaele
...Nel corso del film, dunque, in modo semplice e diretto,
Shyamalan ci mette a confronto con ciò che siamo diventati e con ciò che
potremo diventare se non vengono compiute le giuste scelte. La tensione è
palpabile, sin dalle primissime scene, dove il giocare spensieratamente nel
bosco di Wen viene interrotto dalla comparsa in scena di Leonard. Parlando
proprio di quest’ultimo personaggio, difficile non accorgersi di quanto Dave
Bautista si riveli un interprete capace di dar equilibrio agli
opposti, non minimizzando la sua possenza ma anzi arricchendola dotando il suo
Leonard di una gentilezza a cui non si è realmente pronti.
Tornando al film, dall’arrivo dei
quattro estranei sarà dunque un susseguirsi di attese, non detti e colpi di
scena che accrescono sempre più il senso di agitazione, avendo poi sempre in
mente la premessa di base, ovvero la scelta che i protagonisti dovranno prima o
poi compiere. Chissà se similmente a The Village questo Bussano
alla porta si affermerà come il miglior film capace di raccontare il
nostro contemporaneo, di certo si rivela un’opera coerente con la produzione
precedente del regista, sia a livello estetico che tematico, offrendo una
convincente evoluzione nella sua ricerca dell’essenza della società attuale.
Attraverso l’allegoria proposta con
questo film, Shyamalan ci invita infatti ad una riflessione sul valore delle
scelte che compiamo ogni giorno, sull’importanza imprescindibile della fede e
dell’amore, ma anche a ripensare il ruolo delle immagini e il loro peso sulla
coscienza umana. Un film estremamente lucido e importante, dunque, al quale si
possono perdonare alcuni passaggi narrativi meno convincenti, e capace
soprattutto di tenere con il fiato sospeso in modo intelligente e spingere lo
spettatore ad una partecipazione attiva (cosa non frequente oramai), dal quale
difficilmente si uscirà delusi. Ancora una volta, dunque, Shyamalan si conferma
un magnifico narratore dei suoi (e nostri) tempi.
…È infatti Bautista che
regge questo thriller di parola, tutto dialoghi, confronti e
tentativi di convincere gli altri, è lui ad impostare il tono terrorizzato ma
anche molto empatico che ha la storia, quel misto di paura per
la fine di tutto ma anche di avvicinamento agli altri e tentativo di trovare
una soluzione insieme senza la violenza: “Quando ho incontrato Dave ho
realizzato che era davvero il personaggio che pensavo potesse interpretare,
così innocente, dolce e fragile anche nei miei confronti. È un uomo da 150 Kg
di muscoli ma non è così che affronta la vita, anzi lo fa come una persona
fragile. Gli ho detto: “Non cambiare. Io dirò azione e lo registreremo!”.
E la grande idea (del romanzo ma poi
ben tradotta nel film) è che ci sia qualcuno di così grosso in quella parte,
qualcuno che associamo alla violenza e di cui temiamo la forza, che anche se
non fa nulla è minaccioso. Quello crea la tensione, che poi è
sempre il punto: “Spesso guardo le proiezioni dei miei film in sala per
controllare che la gente non vada in bagno, perché davvero non dovresti essere
in grado di poterci andare mai!”. Non è infatti la tensione il problema
di Bussano alla porta ma, come spesso è capitato a
Shyamalan, semmai lo è la maniera in cui questa tensione è organizzata in una
trama, gli obiettivi della storia e poi la sua risoluzione. Anche in questo
caso è facile trovarsi un po’ delusi dagli esiti, dopo che per
tutto il film è stato costruita così bene un’aria di grande enfasi e si sono
alzate le poste in gioco.
Shyamalan da sempre
però è così, è un regista a cui importa molto di più come un film fa sentire lo
spettatore che il fatto di avere una trama pulita, coerente e scritta
rispettando tutte le regole. Questo gli ha consentito di creare film che
dividono e spesso deludenti ma anche di creare ogni volta una tensione
che è solo sua, che tutti riconosciamo e che (caso raro) sa nutrirsi anche di
niente, cioè non esce per forza dalla logica degli eventi ma lui riesce a farla
comparire da sola. Non a caso i suoi film apocalittici preferiti sono La
notte dei morti viventi e Gli uccelli di
Hitchcock in cui non esiste un’origine chiara per gli eventi: “Entrambi quei
film evocano in me la sensazione di cui sono drogato: essere parte di
un evento oscuro e pazzesco di cui ho appena realizzato le implicazioni”.
Shyamalan ha un grande dono, quello di saper catturare l'interesse dello spettatore attraverso la tensione di cui sono permeati i suoi film. E ci riesce (quasi) sempre, anche a dispetto di sceneggiature non proprio impeccabili... era già successo con "Old" e si ripete con "Bussano alla porta": trama per certi versi surreale, eppure il film funziona alla grande!
RispondiEliminaè vero, ci sono così tante cose interessanti nei suoi film che al confronto le imperfezioni sono trascurabili
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