il mondo alto e il mondo basso non sono così separati come sembra.
come in Happy end, e in Niente da nascondere, entrambi di Michael Heneke, il rimosso e il nascosto si prendono la rivincita.
qualche conto bisogna farlo, fermarsi a pensare e ripensare alle cose come sono, e non come vorremmo che fossero.
alcune scene sono straordinarie, altre solo molto belle, il risultato è un film da non perdere.
buona visione - Ismaele
…The Square ci interroga su tante tematiche differenti. I fondamenti dell’arte
contemporanea e il suo significato, le sue sfaccettature grottesche – il
ragazzo delle pulizie che “spazza” una parte di un’opera d’arte – e il suo
statuto elitario – la società bene che viene alla presentazione e si lancia sul
buffet, la festa alto borghese nelle stanze vuote del Palazzo Reale. Il confine
labile tra uomo e animale – la performance di Oleg, il sesso senza sentimento
tra Anne e Christian, la scimmia che si trucca nell’appartamento – e
soprattutto il contrasto tra la realtà dorata del mondo benestante e quella
sporca e compromessa della povertà, con i mendicanti presi a simbolo di un
innegabile rifiuto sociale. Per quanto la società promuova certi valori, gli
stessi valori che irrisi nel video della campagna promozionale provocano le
dimissioni del protagonista, nei fatti questi vengono quotidianamente negati,
respinti come il bambino che cerca soltanto giustizia e trova invece un muro,
una barriera mentale e fisica da parte di Christian, che finisce per buttarlo
(pur non volontariamente) di sotto dalle scale. Quei bambini, che nella loro
innocenza sanno tracciare confini chiari, sono il futuro frustrato di questa
parte della società che spinge per essere riconosciuta, inutilmente e senza
reale possibilità di riscatto. L’unica vera punizione sono le loro parole e il
loro sguardo giudicante, gli occhi delle proprie figlie che Christian sente
puntati addosso nel finale, mentre si allontana in auto dal palazzo dove
abitava la famiglia di quel bambino ingiustamente respinto che se n’è andato
lasciando dietro di sé nient’altro che una scia d’acqua, e forse di sangue.
… The Square è un film apparentemente
sconclusionato ma per niente superficiale che ci parla, tenendo assieme
provocazione e intrattenimento, delle responsabilità individuali e civili che
possono essere implicate dagli spazi pubblici. L’opera di Östlund sa far vedere
come il risentimento, l’insofferenza del prossimo (in quanto incapacità di
gestire tutto ciò che ci vive accanto ma è altro) agiscano spesso
come tic incontrollabili, come condizioni non più reattive, ma sempre più
autonome e capaci di esistere a parte: non in tensione con il mondo, ma come
mondi paralleli. Mentre lo spazio simbolico della piazza si è trasformato, di
conseguenza, nel campo d’azione e di espressione di tante singole paranoie. Un
po’ come quei mucchi di cenere allineati in una sala espositiva del Museo e
sormontati dal titolo “You Have Nothing”.
… A impressionare nel film è infatti una diffusa indifferenza
nei confronti dei più deboli (al limite della ferocia), segno, secondo lo
stesso regista, di una perversa diffidenza e insicurezza che, soprattutto a
causa della crisi economica mondiale, si fanno sempre più strada persino in un paese
avanzato come la Svezia. Una disumanità che Östlund evoca abilmente
anche attraverso alcune opere del museo, come unʼinstallazione che
consiste in una sala scura, sul fondo della quale si impone un grande
schermo acceso in cui un uomo, con sguardo animalesco, lancia minacciose
occhiate in direzione dei visitatori: una visione che rimanda, appunto,
allʼ“umana bestialità” che caratterizza numerose sequenze della pellicola.
Il film perde invece forza quando il regista si
sofferma eccessivamente sulle inaspettate disavventure del protagonista al
di fuori del museo, tralasciando quasi del tutto lo stimolante dialogo fra le
opere in esposizione e lʼemergere degli istinti meno nobili, compresi quelli di
Christian.
Nonostante ciò, The Square lascia
comunque il segno per la feroce leggerezza con cui affronta il lato oscuro
del business di certa arte contemporanea (che, poi, come abbiamo visto, proprio
arte sempre non è) e della fauna umana che le gravita attorno.
… The Square non si può
dire un film equilibrato: sfora nella lunghezza, sembra aprire sentieri e
argomenti che non porta in fondo, però lo squilibrio è anche l'oggetto del
discorso. Come l'arte che diviene arte anche in virtù della sua collocazione
(si pensi al ready-made, l'oggetto comune traslato rispetto al suo contesto
funzionale), così la vicenda di Christian è fatta di interruzioni imprevedibili
del fuori contesto dentro il perimetro (che credeva chiuso e quadrato) della
sua vita. Tic da sindrome di Tourette, che portano dentro l'inquadratura
cinematografica di un film volutamente patinato, e di un mondo che fa della
bellezza il suo credo, le immagini di mendicanti e povera gente, e mandano in
cortocircuito eccesso e difetto, idealismo e cinismo, polpa e scheletro del
film stesso.
Come l'oggetto dell'arte contemporanea, The Square è anche un film aperto all'interpretazione che il pubblico vorrà dare di lui, e questa, forse, è la sua caratteristica più preziosa.
Come l'oggetto dell'arte contemporanea, The Square è anche un film aperto all'interpretazione che il pubblico vorrà dare di lui, e questa, forse, è la sua caratteristica più preziosa.
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