domenica 29 aprile 2018

Accident - Pou-Soi Cheang

ricorda un po' Francis Ford Coppola (La conversazione), per gli aspetti paranoici delle intercettazioni e David Mamet (La casa dei giochi) per gli automatismi perfetti degli incidenti, e i colpi di scena.
sembra esserci un deus ex machina sopra tutto e tutti (solo il caso?).
Cervello, Ciccio, la Donna, lo Zio sono una squadra collaudata e perfetta, finché dura.
il dubbio è una forza potente e Cervello ne resta vittima.
un gran film da non perdere e godere nella precisione geometrica degli incidenti.
buona visione - Ismaele





 Accident, prodotto dalla Milkyway di Johnnie To, è uno di quei rari, magici film che sfruttano il genere per poi superarlo e integrarlo con qualcosa di nuovo, di più. In questo caso la simpatica e fantasiosa trovata della banda di assassini prezzolati che crea e performa complicate coreografie per ammazzare la gente senza lasciare tracce è uno spettacolare pretesto per giustificare la figura di Cervello (interpretato molto bene dal bravo Louis Koo) e il divenire irrimediabile e tragico del suo costante discendere nell’inferno della paranoia e dell’ossessione. Sin dall’inizio questo interessante personaggio ci viene mostrato come un intelligente amministratore del gruppo, un freddo e apatico leader, ossessionato, ma non in maniera compulsiva o distruttiva, da una serie di tic igienici o relativi alla sicurezza sua e del suo appartamento. L’incidente di cui è quasi vittima risveglia in lui la bestia della paranoia ossessiva, la stessa bestia che l’aveva divorato tempo prima quando si convinse che l’amata moglie, morta in un terribile incidente stradale, fosse stata vittima di un assassino che avesse voluto mascherare il suo omicidio sotto forma di incidente. L’ossessione di Cervello si rivolge quasi casualmente sulla prima persona abbastanza plausibile su cui poter costruire il castello di nuvole necessario a nutrire la paranoia; Cervello segue questa persona, affitta un appartamento nello stesso condominio e lo spia notte e giorno, appuntandosi le sue conversazioni e le sue telefonate, tappezzando i muri del suo appartamento di note e ipotesi. Tutto questo finchè il caso non vuole che il pedinato pronunci le parole sbagliate al momento sbagliato, tali da convincere Cervello di avere effettivamente ragione.
Il film è stato diretto da Soi Cheang, in passato aiuto regista di Ringo Lam e forte dei consigli del suo produttore Johnnie To, in maniera peculiare che non ricorda nessuna delle sue precedenti pellicole che da buon allievo di Lam hanno sempre contribuito a riscrivere i limiti della brutale violenza mostrata su uno schermo cinematografico. In questo caso la violenza della carne da sempre esposta senza pudori da Cheang si trasforma in violenza mentale; violenza che si concentra nel personaggio di Cervello, umiliato e reso perdente fra i perdenti. Cheang gira in maniera rigorosa, sfruttando abilmente le competenze produttive della Milkyway e dando un alto valore estetico alla sua pellicola. Cheang gira con estrema asciuttezza, dando vita a un film quasi privo di colonna sonora, un lavoro secco e immediato, dai toni soffocati e poco enfatici, come non se ne vedevano da anni a Honk Hong. Chapeaux.

Un film incentrato sulla cospirazione e sul sospetto, che instilla il dubbio ad ogni inquadratura, un thriller non convenzionale che esula dal solito killer movie orientale, senza armi, senza arti marziali, senza inseguimenti, senza troppo spargimento di sangue. Un noir raffinato e godibile che agisce a livello psicologico, visualmente impeccabile, che gioca con lo spettatore e lo cattura in una fitta rete di sospetto e di inquietudine per poi immergerlo delicatamente e completamente nell'invasiva personalità di un autore sofisticato e in continua sfida con se stesso. Qualche caduta di ritmo che si poteva evitare nella parte centrale ma resta tutto sommato un film più che godibile e di sicuro intrattenimento…


Le cerveau du groupe, constructeur de projet, est notre héros. Il doit démêler les mailles du filet qui s'est tissé autour de ses collègues – après la mort de l'un d'eux -. La figure du solitaire vacille. Il a besoin de son espace, de ses instants pensifs mais demeure en perpétuelle observations. La frontière entre vie privée et vie professionnelle est suffisamment floue ce qui donne lieu à des errances et des frustrations un peu longuettes. Toutefois, la variation autour de sa personnalité est suffisamment bien construite pour éveiller la curiosité.
Ceci étant, entre les méfaits et leurs préambules et l'approfondissement dramatique, il ne reste que peu de temps morts ce qui suffit amplement pour ce métrage assez court. Si le personnage féminin est dispensable, le vieil homme est plus intéressant et le doute qui plane autour de son comportement vient compléter la quête de Ho Kwok-Fai. 
La seconde partie, elle, dérive vers de nouveaux personnages dont l'intérêt n'intervient qu'en dernier recours avec une chute assez convenue mais parfaitement maîtrisée.
Un retour gagnant au thriller pour Cheang qui arrive à trouver sa place nimbé de l'aura de Johnnie To, producteur pour l'occasion. Un film ingénieux qui toussote quand Ho Kwok-Fai est enfermé dans sa quête de vérité.

La película es un prodigio de prestidigitación cinematográfica: un equipo de asesinos a sueldo especializados en fabricar “accidentes” mortales cae víctima de sus propios métodos. Así, la secuencia de los dos “accidentes” (el ejecutado por los protagonistas y aquel que los tiene por víctimas) se transforma en el núcleo gravitacional de una trama que invoca las escuchas de La conversación (1974), de Francis Ford Coppola, los estoicos personajes del cine de Jean-Pierre Melville, los giros argumentales de Misión: Imposible (1996) y los retos narrativos de Mad Detective (2007) del propio To. Un cóctel noir agitado con virtuosismo y fatalismo por un director al que, a partir de este mismo momento, no cabe otra opción que seguirle la pista con devotas ansias de entretenimiento.

Se la mano della casa si vede in alcuni passaggi e nel meccanismo perfetto della sceneggiatura (d’altra parte “la perfezione del caso” è il tema principale del film), nonché in una certa indulgenza verso le riprese dall’alto, Soi Cheang riesce comunque a conservare il suo stile visionario: prima orchestra una danza di corpi ed automezzi che si sfiorano millimetricamente fino ad arrivare al fatale impatto finale, poi ci fa entrare nella spirale paranoica del delirio di onnipotenza che si fa ossessione nella mente di “The Brain” con l’imprevisto che, da variabile impazzita, si fa causa stessa della pazzia.
Accident non è certo di quei film che accendono il cuore delle giurie, ma comunque regala novanta minuti di buon cinema, ben confezionato, ben recitato e soprattutto mai banale, è davvero un peccato che questi film in Italia non trovino una distribuzione nelle sale e si debba sempre ricorrere al mercato dei DVD o al peer-to-peer per tentare di recuperarli. Fin dall’inizio del film viene più volte inquadrato un insolito cartello stradale, che solo nell’incidente finale troverà la sua spiegazione. Si tratta di un segnale di pericolo con all’interno una palla nera: che cosa vorrà dire? Un piccolo aiuto: ad Hong-Kong ci sono molti palazzi di vetro.

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