martedì 6 luglio 2021

Le soldatesse - Valerio Zurlini

una missione poco marziale, gli italiani brava gente sapevano come trattare le donne, sopratutto se puttane.

i soldati sono merda (tranne qualche eccezione, tutte le regole ce l'hanno), le prostitute sono sante, al confronto.

il film, come tutti quelli di Valerio Zurlini, è impedibili, attrici e attori sono davvero bravi.

cercatelo e guardatelo tutti, non ve ne pentirete - Ismaele

 

 

 

 

Il pregio principale di questo film è l'originalità del tema (tratto da un romanzo di Ugo Pirro) il viaggio di dodici prostitute lungo una "via crucis", le cui tappe sono in realtà le caserme dove dovranno lavorare. Il punto di vista è quello del giovane tenente che ha la missione di accompagnarle. E' vero che il coraggio di raccontare i fascisti come fossero i nazisti è di per sé pregevole, ma (per motivi di distribuzione?) l'esercito viene sempre mostrato come separato ideologicamente ed eticamente dalle camicie nere (cosa storicamente non proprio verissima). Ciò che convince meno, probabilmente, è un punto strutturale. Dodici prostitute che come evidenzia il long-take iniziale sono in funzione corale, il coro tipico della tragedia attica che in origine aveva funzioni di commento e di rappresentare lo sguardo del pubblico. Ma le prostitute, a parte la Karina e ad altre due, non sono quasi mai punto di partenza dello sguardo, ma soltanto punto d'arrivo. E così viene a mancarci la forza ed il dramma della loro condizione. Scritto da un maschio e diretto da un maschio, era impossibile d'altronde pensare di avere uno sguardo femminile sul film, ma la distanza è davvero esagerata.
Resta comunque pregevole.

da qui



Film molto suggestivo ed intenso nel quale emerge la dicotomia insita nella natura umana: da una parte il cinismo e lo squallore di un mondo in cui non c'è posto per il sentimento ma solo per l'aberrazione e l'istinto; dall'altra il rapporto che si instaura con le prostitute e l'amore che sboccia tra Eftichia e Martino, il cui epilogo è un dialogo di una bellezza struggente che racchiude in sè tutto il senso di una vita che non potrà essere vissuta attraverso l'impietosa immagine di un figlio che non sarà*. Ciò che colpisce è anche la splendida fotografia che cattura perfettamente la profonda espressività delle bellissime attrici, conferendo alle inquadrature un quid di fascino e suggestione raramente visibile. La guerra finisce per vincere su tutto e tutti ma perde la battaglia più grande, quella con l'animo umano.

 

*"Ci hanno umiliato, parliamo come due persone già vecchie e, tra poche ore, dovremo dirci addio. Quando tutto sarà finito, chi ci renderà questi attimi? E finirà tutto questo? Si potrà dimenticare? E tutte quelle cose che ci hanno insegnato da piccoli: la gentilezza, la dignità, il rispetto verso quelli che sono più deboli, la bontà dei nostri simili. No, io non lo accetterò mai.

Ti amo e tu hai già capito in che modo ma a dirtelo oggi, in queste condizioni, mi sembra di recitare una preghiera per un bambino che ci è morto".

da qui

 

Intenso ritratto di un poco onorevole pezzo di storia italo-greca, dove l'interesse del regista va all'analisi caratteriale dei personaggi e alle enormi sofferenze che la guerra provoca alle persone. Anzi, il tono non è quello storico-politico, ma piuttosto lirico, interiorizzato. Benché il film mostri le aberrazioni del fascismo (quantunque gli stessi fascisti siano esseri umani che vengono falciati dalla guerra), non è un film anti-fascista in senso stretto: la guerra è un orrendo mostro, voluto dagli uomini e dalle loro folli ideologie, che semina morte e distruzione, odio e crudeltà. Il regista, insomma, sta dalla parte dell'uomo sofferente, e qui in particolare, della donna sofferente. Il ritratto della prostituzione pianificata dai vertici militari per far sfogare i più bassi istinti dei soldati è infatti decisamente crudo e realistico, e l'orrore e la disumanità di quella pratica non viene messa sotto la foglia di fico; ci colpisce infatti più volte con fendenti allo stomaco. Il cinismo degli uomini che cercano carne da piacere (meglio se di vergine), il qualunquismo delle donne che vi si assoggettano per liberarsi dalla fame, il dramma dell'innocenza perduta da adolescenti, emergono in tutto il loro orrore. Il protagonista è uno con ancora un cuore che batte sotto la divisa, e tutto ciò lo ripugna e cerca di porvi argine in qualche modo, ma è quasi l'unico. Scene forti: l'incidente col camion, e la fucilazione dei partigiani greci. Il grande Zurlini ha girato un film duro e poetico allo stesso tempo, triste perché rappresenta tristi avvenimenti, dalla parte dell'essere umano, con un bellissimo commento musicale che esalta il lirismo di molte immagini.

da qui


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