una missione poco marziale, gli italiani brava gente sapevano come trattare le donne, sopratutto se puttane.
i soldati sono merda (tranne qualche eccezione, tutte le regole ce l'hanno), le prostitute sono sante, al confronto.
il film, come tutti quelli di Valerio Zurlini, è impedibili, attrici e attori sono davvero bravi.
cercatelo e guardatelo tutti, non ve ne pentirete - Ismaele
Il pregio principale di questo film è l'originalità del tema
(tratto da un romanzo di Ugo Pirro) il viaggio di dodici prostitute lungo una
"via crucis", le cui tappe sono in realtà le caserme dove dovranno
lavorare. Il punto di vista è quello del giovane tenente che ha la missione di
accompagnarle. E' vero che il coraggio di raccontare i fascisti come fossero i
nazisti è di per sé pregevole, ma (per motivi di distribuzione?) l'esercito
viene sempre mostrato come separato ideologicamente ed eticamente dalle camicie
nere (cosa storicamente non proprio verissima). Ciò che convince meno,
probabilmente, è un punto strutturale. Dodici prostitute che come evidenzia il
long-take iniziale sono in funzione corale, il coro tipico della tragedia
attica che in origine aveva funzioni di commento e di rappresentare lo sguardo
del pubblico. Ma le prostitute, a parte la Karina e ad altre due, non sono
quasi mai punto di partenza dello sguardo, ma soltanto punto d'arrivo. E così
viene a mancarci la forza ed il dramma della loro condizione. Scritto da un
maschio e diretto da un maschio, era impossibile d'altronde pensare di avere
uno sguardo femminile sul film, ma la distanza è davvero esagerata.
Resta comunque pregevole.
Film molto suggestivo ed intenso nel quale emerge la
dicotomia insita nella natura umana: da una parte il cinismo e lo squallore di
un mondo in cui non c'è posto per il sentimento ma solo per l'aberrazione e
l'istinto; dall'altra il rapporto che si instaura con le prostitute e l'amore
che sboccia tra Eftichia e Martino, il cui epilogo è un dialogo di una bellezza
struggente che racchiude in sè tutto il senso di una vita che non potrà essere
vissuta attraverso l'impietosa immagine di un figlio che non sarà*. Ciò che
colpisce è anche la splendida fotografia che cattura perfettamente la
profonda espressività delle bellissime attrici, conferendo alle
inquadrature un quid di fascino e suggestione raramente
visibile. La guerra finisce per vincere su tutto e tutti ma perde la
battaglia più grande, quella con l'animo umano.
*"Ci hanno umiliato, parliamo come
due persone già vecchie e, tra poche ore, dovremo dirci addio. Quando tutto
sarà finito, chi ci renderà questi attimi? E finirà tutto questo? Si potrà
dimenticare? E tutte quelle cose che ci hanno insegnato da piccoli: la
gentilezza, la dignità, il rispetto verso quelli che sono più deboli, la bontà
dei nostri simili. No, io non lo accetterò mai.
Ti amo e tu hai già capito in
che modo ma a dirtelo oggi, in queste condizioni, mi sembra di recitare una
preghiera per un bambino che ci è morto".
Intenso ritratto di un poco onorevole pezzo di storia
italo-greca, dove l'interesse del regista va all'analisi caratteriale dei
personaggi e alle enormi sofferenze che la guerra provoca alle persone. Anzi,
il tono non è quello storico-politico, ma piuttosto lirico, interiorizzato.
Benché il film mostri le aberrazioni del fascismo (quantunque gli stessi
fascisti siano esseri umani che vengono falciati dalla guerra), non è un film
anti-fascista in senso stretto: la guerra è un orrendo mostro, voluto dagli
uomini e dalle loro folli ideologie, che semina morte e distruzione, odio e crudeltà.
Il regista, insomma, sta dalla parte dell'uomo sofferente, e qui in
particolare, della donna sofferente. Il ritratto della prostituzione
pianificata dai vertici militari per far sfogare i più bassi istinti dei
soldati è infatti decisamente crudo e realistico, e l'orrore e la disumanità di
quella pratica non viene messa sotto la foglia di fico; ci colpisce infatti più
volte con fendenti allo stomaco. Il cinismo degli uomini che cercano carne da
piacere (meglio se di vergine), il qualunquismo delle donne che vi si
assoggettano per liberarsi dalla fame, il dramma dell'innocenza perduta da
adolescenti, emergono in tutto il loro orrore. Il protagonista è uno con ancora
un cuore che batte sotto la divisa, e tutto ciò lo ripugna e cerca di porvi
argine in qualche modo, ma è quasi l'unico. Scene forti: l'incidente col
camion, e la fucilazione dei partigiani greci. Il grande Zurlini ha girato un
film duro e poetico allo stesso tempo, triste perché rappresenta tristi
avvenimenti, dalla parte dell'essere umano, con un bellissimo commento musicale
che esalta il lirismo di molte immagini.
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