dopo la liberazione dai lager tanti sopravvissuti vagavano in cerca di una casa, come scrive Primo Levi.
in una tenuta abbandonata arrivano un po' di bambini e adolescenti e chi se ne vuole occupare, in attesa di una sistemazione.
i proprietari della tenuta vorrebbero mandarli via, l'economia, si sa, ha le due pretese, e poi non è che tutti i fascisti siano spariti d'incanto.
la storia tiene, gli attori sono bravi, la sceneggiatura non fa mai calare la tensione, il regista Michele Soavi è bravissimo quando si tratta di non far addormentare gli spettatori.
buona visione - Ismaele
ps: Isabella Ragonese e Michele Riondino sono già stati protagonisti in un (bel) film del 2009, Dieci inverni, di Valerio Mieli.
QUI si può
vedere il film completo, in quattro parti, su Raiplay
La storia inizia poco dopo la
Liberazione, nei mesi in cui i sopravvissuti alle deportazioni tornano a casa.
Tra questi, anche qualcuno che non troverà più nessuna famiglia ad attenderlo:
bambini, ragazzini e adolescenti che hanno visto e vissuto l'orrore - allora
ancora nascosto e indicibile - dei campi di sterminio. Questa storia parla di
loro. E di alcuni adulti coraggiosi che aiutano i ragazzi a riemergere
lentamente alla vita, in un luogo improvvisato e privo di risorse, sullo sfondo
di un'Italia provata, miserabile, ridotta in macerie. I protagonisti adulti si
chiamano Davide e Giulia. Davide era lontano da casa quando sua moglie e suo
figlio sono stati presi, avviati ai treni, spariti nel nulla - e non se lo può
perdonare. Ha partecipato alla Resistenza, ma ora tutte le sue forze sono
concentrate nella loro disperata ricerca. Giulia è figlia di un imprenditore
che ha collaborato con i nazisti e da poco è stato arrestato e condotto in
carcere. Le strade di Davide e di Giulia si incrociano per caso, quando
entrambi si trovano alle prese con alcuni bambini e ragazzi, reduci dai campi,
che non sanno da chi andare, cosa fare, dove trovare un rifugio. Aiutati da
Ben, un ex ufficiale della Brigata Ebraica che ha rinunciato a rientrare in
Palestina per dare una mano a quanti vorranno seguirlo nella nuova patria,
Davide e Giulia occupano una tenuta agricola abbandonata dove, in una piccola
scuola rurale, insegnava un tempo la giovane moglie di Davide. Qui, passo dopo
passo, con pochissimi aiuti dall'esterno, bambini e ragazzi italiani e
stranieri riscoprono il rispetto reciproco, la solidarietà, la voglia di
giocare, studiare, lavorare, amare. E raccontare - quasi sommessamente, con
dolore - la loro perduta umanità. Le età sono le più diverse. E così le
provenienze, le rabbie, le disperazioni e i sogni. C'è Gabriel, che orfano già
da prima della guerra, è riuscito a fuggire da un campo di concentramento ed è
stato raccolto e salvato dai partigiani polacchi. C'è Miriam, che un tempo
suonava il piano e ora non sa o non vuole più farlo. C'è Sara che detesta il
Paese che le ha portato via il padre, la madre e i suoi fratelli con le Leggi
Razziali e non vede l'ora di andarsene in Palestina. E c'è Mattia, che non
viene dai campi, ma è solo un ragazzo che dà una mano nella tenuta, nascondendo
però un recente passato in cui è stato nelle milizie repubblichine, senza
neanche sapere bene quello che faceva. E ci sono poi i bambini più piccoli,
come Giovanni che non riesce più a parlare dopo le atrocità che ha visto e si
limita a disegnare. E i piccolissimi, come Ninnina, quattro anni, che ha anche
lei un numero tatuato sul braccio. Nello scorrere del racconto, ognuno va
incontro ai propri fantasmi, alle proprie paure e ai propri desideri, che
finalmente potranno cominciare a prendere corpo. Ma per andare avanti devono
fare i conti con il passato e ritrovare il senso delle parole e della
testimonianza. E, nel giorno in cui la radio annuncia la sconfitta della
monarchia e la nascita della nuova Italia repubblicana, Davide può finalmente
rinunciare alle armi e riconciliarsi con se stesso e col mondo. È un luminoso
giorno del giugno 1946 quello in cui, per lui e per il Paese, la guerra sarà
davvero finita.
Soavi, forte della sua esperienza nel genere horror,
mette a disposizione del progetto le sue abilità, facendo sì che l’atmosfera si
riveli uno dei punti di forza, dal punto di vista registico, de La
guerra è finita: la nebbia che pervade i ricordi, che ne permea ogni più
intima fibra e arriva fin quasi alle ossa, prima che al cuore, dei
protagonisti, cela solo in parte le brutture e la crudeltà che hanno preso
luogo nei Lager…
…Sono quindi i
bambini e i ragazzi ad indirizzare lo sguardo e le sensazioni del pubblico, che
tramite loro interpreta (o almeno tenta di interpretare) le situazioni che si
succedono via via, dalle più terribili alle più leggere. L’infanzia rubata,
l’innata voglia di giocare, le prime infatuazioni amorose, la necessità di
adulti come riferimento e di cui fidarsi, sono solo alcune delle suggestioni
sollevate in tale discorso. Di quest’ultima ne è un caso esemplare il rapporto
che si crea tra Davide e il piccolo Giovanni,
andando a sopperire a una dolorosa mancanza in entrambi.
La musica, a cura
di Ralf Hildenbeutel, suggella il tutto, con un’efficace
alternanza di note poetiche, delicate o dal ritmo sostenuto a seconda delle
immagini che accompagnano. In qualche modo ispirato da La tregua di Primo
Levi e spinto da un’atavica volontà di non dimenticare e di
muovere al risveglio delle coscienze, spingendo a riflettere e a porre
attenzione a ciò che ci circonda, che non è altro se non figlio di quel tragico
passato, Soavi confeziona una serie di buon livello e di grandissima
importanza.
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