domenica 25 luglio 2021

La guerra è finita – Michele Soavi

dopo la liberazione dai lager tanti sopravvissuti vagavano in cerca di una casa, come scrive Primo Levi.

in una tenuta abbandonata arrivano un po' di bambini e adolescenti e chi se ne vuole occupare, in attesa di una sistemazione.

i proprietari della tenuta vorrebbero mandarli via, l'economia, si sa, ha le due pretese, e poi non è che tutti i fascisti siano spariti d'incanto.

la storia tiene, gli attori sono bravi, la sceneggiatura non fa mai calare la tensione, il regista Michele Soavi è bravissimo quando si tratta di non far addormentare gli spettatori.

buona visione - Ismaele 


ps: Isabella Ragonese e Michele Riondino sono già stati protagonisti in un (bel) film del 2009, Dieci inverni, di Valerio Mieli.



 

QUI si può vedere il film completo, in quattro parti, su Raiplay

 

 

La storia inizia poco dopo la Liberazione, nei mesi in cui i sopravvissuti alle deportazioni tornano a casa. Tra questi, anche qualcuno che non troverà più nessuna famiglia ad attenderlo: bambini, ragazzini e adolescenti che hanno visto e vissuto l'orrore - allora ancora nascosto e indicibile - dei campi di sterminio. Questa storia parla di loro. E di alcuni adulti coraggiosi che aiutano i ragazzi a riemergere lentamente alla vita, in un luogo improvvisato e privo di risorse, sullo sfondo di un'Italia provata, miserabile, ridotta in macerie. I protagonisti adulti si chiamano Davide e Giulia. Davide era lontano da casa quando sua moglie e suo figlio sono stati presi, avviati ai treni, spariti nel nulla - e non se lo può perdonare. Ha partecipato alla Resistenza, ma ora tutte le sue forze sono concentrate nella loro disperata ricerca. Giulia è figlia di un imprenditore che ha collaborato con i nazisti e da poco è stato arrestato e condotto in carcere. Le strade di Davide e di Giulia si incrociano per caso, quando entrambi si trovano alle prese con alcuni bambini e ragazzi, reduci dai campi, che non sanno da chi andare, cosa fare, dove trovare un rifugio. Aiutati da Ben, un ex ufficiale della Brigata Ebraica che ha rinunciato a rientrare in Palestina per dare una mano a quanti vorranno seguirlo nella nuova patria, Davide e Giulia occupano una tenuta agricola abbandonata dove, in una piccola scuola rurale, insegnava un tempo la giovane moglie di Davide. Qui, passo dopo passo, con pochissimi aiuti dall'esterno, bambini e ragazzi italiani e stranieri riscoprono il rispetto reciproco, la solidarietà, la voglia di giocare, studiare, lavorare, amare. E raccontare - quasi sommessamente, con dolore - la loro perduta umanità. Le età sono le più diverse. E così le provenienze, le rabbie, le disperazioni e i sogni. C'è Gabriel, che orfano già da prima della guerra, è riuscito a fuggire da un campo di concentramento ed è stato raccolto e salvato dai partigiani polacchi. C'è Miriam, che un tempo suonava il piano e ora non sa o non vuole più farlo. C'è Sara che detesta il Paese che le ha portato via il padre, la madre e i suoi fratelli con le Leggi Razziali e non vede l'ora di andarsene in Palestina. E c'è Mattia, che non viene dai campi, ma è solo un ragazzo che dà una mano nella tenuta, nascondendo però un recente passato in cui è stato nelle milizie repubblichine, senza neanche sapere bene quello che faceva. E ci sono poi i bambini più piccoli, come Giovanni che non riesce più a parlare dopo le atrocità che ha visto e si limita a disegnare. E i piccolissimi, come Ninnina, quattro anni, che ha anche lei un numero tatuato sul braccio. Nello scorrere del racconto, ognuno va incontro ai propri fantasmi, alle proprie paure e ai propri desideri, che finalmente potranno cominciare a prendere corpo. Ma per andare avanti devono fare i conti con il passato e ritrovare il senso delle parole e della testimonianza. E, nel giorno in cui la radio annuncia la sconfitta della monarchia e la nascita della nuova Italia repubblicana, Davide può finalmente rinunciare alle armi e riconciliarsi con se stesso e col mondo. È un luminoso giorno del giugno 1946 quello in cui, per lui e per il Paese, la guerra sarà davvero finita.

da qui

 

Soavi, forte della sua esperienza nel genere horror, mette a disposizione del progetto le sue abilità, facendo sì che l’atmosfera si riveli uno dei punti di forza, dal punto di vista registico, de La guerra è finita: la nebbia che pervade i ricordi, che ne permea ogni più intima fibra e arriva fin quasi alle ossa, prima che al cuore, dei protagonisti, cela solo in parte le brutture e la crudeltà che hanno preso luogo nei Lager…

…Sono quindi i bambini e i ragazzi ad indirizzare lo sguardo e le sensazioni del pubblico, che tramite loro interpreta (o almeno tenta di interpretare) le situazioni che si succedono via via, dalle più terribili alle più leggere. L’infanzia rubata, l’innata voglia di giocare, le prime infatuazioni amorose, la necessità di adulti come riferimento e di cui fidarsi, sono solo alcune delle suggestioni sollevate in tale discorso. Di quest’ultima ne è un caso esemplare il rapporto che si crea tra Davide e il piccolo Giovanni, andando a sopperire a una dolorosa mancanza in entrambi.

La musica, a cura di Ralf Hildenbeutel, suggella il tutto, con un’efficace alternanza di note poetiche, delicate o dal ritmo sostenuto a seconda delle immagini che accompagnano. In qualche modo ispirato da La tregua di Primo Levi e spinto da un’atavica volontà di non dimenticare e di muovere al risveglio delle coscienze, spingendo a riflettere e a porre attenzione a ciò che ci circonda, che non è altro se non figlio di quel tragico passato, Soavi confeziona una serie di buon livello e di grandissima importanza.

da qui

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