giovedì 18 febbraio 2021

Otac (Father) - Srdan Golubovic

Srdan Golubovic è uno dei più grandi registi in circolazione, e i suoi film sono imperdibili.

Otac è la storia di scarti della società, che non contano e non conteranno in questo mondo.

hanno un difetto, sono poveri e vogliono solo esistere, non chiedono molto, l'economia li emargina, la burocrazia li distrugge, per non parlare dei simpaticoni dei vicini.

Nikola, la moglie e i loro due bambini sono una famiglia, nella costituzione di ogni paese si parla di famiglie da proteggere e tutelare, è scritto, poi succede quel che succede, dappertutto.

non perdete questo film di Srdan Golubovic, se vi volete bene.

buona visione - Ismaele



 

 

 

 

 

Ispirato, come ha dichiarato il regista stesso, da Sentieri nel ghiaccio di Werner Herzog, Otac è infatti una delle possibilità di quel resoconto (che peraltro ha già, come tutte le pagine di Herzog, una sua potenza tutta cinematografica). E la fedeltà a quel testo non risiede solo nella identificazione negli ambienti, ma anche nello spirito che lo animava: quello di un viaggiatore solitario, accompagnato solo dalla propria incrollabile motivazione.

Tanto che le poche figure umane incontrate lungo il percorso (nella stanza di un ospedale, a una stazione di benzina, nell'abitacolo di un camion), non stabiliscono mai un vero contatto. Non più di quello che avviene con un cane, che passa la notte al suo fianco e che si troverà a dover seppellire il mattino dopo.

Otac è una sorta di road movie della paternità, dove la strada è quella vera, battuta dai più afflitti: è La strada di Jack London, non quella di Jack Kerouac.

Un film duro e desolato sulla miseria più nera, quella che si porta via tutto: inevitabile non ritrovare, nella figura di Nikola, la stessa rabbia muta che animava certi personaggi di Ken Loach. Ma oltre il film di denuncia, che è comunque uno dei suoi risvolti, è negli umori di Senza tetto né legge di Agnès Varda che ci si ritrova molto.

Qui c'è forse qualche momento di eccessiva caricatura: il responsabile delle adozioni, corrotto e malvagio oltre misura; e il cinismo dei media, nell'assistente del ministro (che chiede un selfie per Twitter) e nella giornalista (che cerca l'inquadratura più commovente). Ma i dieci minuti conclusivi del film (perfetti), ritornano al rigore che lo ha caratterizzato. Dolorosamente bello.

da qui

 

Will Nikola, like Job, regain some measure of grace if he stoically endures enough suffering? The barely discernible uptick of optimism that closes the powerful but grueling “Father” is a small mercy in suggesting he might. But it is also a white lie, because as the gravity of the film to that point reminds us, even if a given battle ends in unexpected victory for the little guy, the next day he and millions like him worldwide will be back to being combatants and casualties in the war on human dignity that is poverty. Perhaps Nikola is not Job after all, but Sisyphus

da qui

 

…Nikola è un povero diavolo , uno dei tanti reduci della distruzione, non solo bellica, di una paese , la Serbia, che ha prodotto  danni irreparabili lasciando dietro di sè una scia di povertà interminabile: corruzione, violenza, disprezzo del bene comune ha portato sopratutto nelle provincia la vita dei contadini ad un livello di indigenza quasi medievale; quando la moglie di Nikola , esasperata dalla situazione che vive la sua famiglia compie l'insano gesto di darsi fuoco per protesta nella fabbrica dove lavorava il marito licenziato senza mesi e mesi di stipendi e senza la liquidazione, i servizi sociali, guidati da un giudice corrotto che con l'affidamento dei bambini ci guadagna, tolgono la tutela dei figli a Nikola, mentre la moglie giace tra la vita e la morte in un letto di ospedale; di fronte alle richieste di Nikola di poter riavere i figli dopo avere sistemato alla meno peggio la misera casa come gli aveva richiesto il servizio sociale, la arrogante e vessatoria burocrazia corrotta risponde in modo negativo…

da qui

 

…À ceux qui chercheraient une figure christique et un message religieux dans ce récit, le cinéaste répond par la négative dans une courte séquence présentant un routier adepte d’une rédemption magico-religieuse. Bravant le danger de la complaisance morbide de la mise en scène de la pauvreté, Srdan Golubovic conserve au cœur de sa mise en scène de la première à la dernière scène la force de la dignité de son personnage principal. La beauté du film se trouve aussi dans cet émouvant passage de relais entre une mère et un père, dans une grande économie de mots, pour transmettre la force de créer un foyer comme lieu d’accueil et d’épanouissement pour entretenir et cultiver l’humanité.

da qui


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