tratto da un romanzo del grande Richard Matheson ("Io sono Helen Driscoll" è il titolo in italiano) Echi Mortali è uno di quei film che non deludono.
si parla di una sparizione di una ragazzina, di un mistero in un quartiere di lavoratori perbene, dove tutti sono amici, ma la realtà è spesso più brutta di quello che appare.
David Koepp gira un film dove la tensione è in crescita, la soluzione appare solo alla fine, non ci sono effetti spaciali, la realta fa orrore così com'è.
a me è piaciuto e così spero per voi.
buona visione - Ismaele
…Echi Mortali è un racconto, una storia lineare
a classica con al suo interno un immaginario fatto di tante piccole sequenze in
cui l’orrore si avvicina a piccoli passi. Non c’è mai un briciolo di
sensazionalismo, in Stir of Echoes, persino quando Koepp indulge in alcuni
dettagli raccapriccianti, come nella scena del dente, si tratta sempre di
suggestioni minime. I momenti in cui il fantasma appare sono centellinati, non
viene mai utilizzato il jump scare e ogni secondo del film è un tassello utile
alla narrazione. Per questo Echi Mortali si staglia, nella filmografia horror
soprannaturale di fine anni ’90, come un pezzo unico e pregiato, ingiustamente
caduto nel dimenticatoio.
O forse è caduto nel dimenticatoio proprio per il suo
approccio molto concreto e prosaico al soprannaturale, privo degli orpelli
tipici del gotico, che sono bellissimi, per carità (e Matheson li ha usati
tutti in Hell House, tanto per restare sullo stesso autore), ma ogni tanto è
interessante provare a raccontare una storia di fantasmi facendone a meno,
andando sempre in sottrazione, restando così ancorati al quotidiano, e
mostrare, in questo modo che i fantasmi funzionano anche quando sono radicati
nel reale, quando infestano la familiarità di posti anonimi e banali, quando si
affacciano e spalancano porte su altri mondi nella normalità di un piccolo
quartiere periferico. Si direbbe una situazione molto kinghiana, se non fosse
che Matheson ci era arrivato vent’anni prima…
…così
come nel romanzo, anche in questa trasposizione cinematografica i personaggi
sono dei pretesti per mettere in scena l’inquietudine della normalità e criticare
il modello americano; ma se nel testo di Matheson la critica era rivolta verso
l’ideale di famiglia perfetta, velato da una patina di perbenismo e tipico
dell’America conservatrice degli anni Cinquanta, nel film viene invece
criticato il modello moderno di società, dove il sogno americano si è tramutato
in un disperato desiderio di fama, nella necessità di essere qualcuno per
emergere dalla mediocrità. E così nei personaggi si possono identificare molti
mali del nostro tempo: Tom è un insoddisfatto, Frank idolatra le abilità
atletiche di suo figlio che potrebbero farlo uscire dall’anonimato, Lisa è
un’immagine perfetta di quella concentrazione di ignoranza e verità
pseudo-scientifiche che affligge molti Americani. Ancor più emblematico è
l’esempio di Sheila, la moglie di Frank, che tanto appare remissiva e docile,
soggiogata e repressa nel romanzo, sempre sul punto di esplodere, rivelando un
malessere tipico delle casalinghe degli anni Cinquanta, tanto nel film risulta
cinica e sprezzante, pronta a condannare, decisamente una figlia dei nostri
tempi. Il finale poi, nel colpo di scena che rivela l’identità dell’assassino
della giovane Samantha, è un altro deciso e preciso affondo verso la deriva
sociale…
…Echi mortali non sarà un capolavoro, ma è una ghost-story
interessante e ben curata, accompagnata da una buona selezione di brani
alternata a una colonna sonora composta da John Newton Howard che ben si
amalgama alle sequenze. Sicuramente il film farà storcere il naso per la sua
semplicità e ingenuità a molti amanti del genere, eppure, nonostante il basso
budget, riesce a creare tensione con pochi effetti speciali, strizza l’occhio e
omaggia molti capisaldi del cinema horror e, pur piegandosi alle logiche dello
schermo, riesce a onorare con eleganza il romanzo da cui è tratto,
rispettandone lo spirito e il messaggio. Forse ha solo avuto la sfortuna di
essere uscito nelle sala nel 1999, lo stesso anno di The sixth sense – Il sesto
senso, Stigmate e The Blair Witch Project – Il mistero della strega di Blair. Il primo, in
particolare, complice una notevole e inquietante affinità di tematiche e punto
di vista, ne ha infatti del tutto oscurato i pregi (oltre che gli incassi al
botteghino). Poi per carità, i gusti sono gusti, e alcuni potrebbero trovare
debole la struttura del finale, che perde molta della carica di inquietudine
che il film aveva invece costruito fino a quel momento, oppure speciose le
argomentazioni alla base delle capacità medianiche di Tom e Jake, ma almeno la
conclusione non è del tutto scontata.
grazie per questa informazione
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