mercoledì 13 maggio 2020

Anesthesia - Tim Blake Nelson

un film che inizia dalla fine e alla fine arriva, e tutto quello che succede in mezzo trova poi i legami che li uniscono,
tanti attori bravi, e Tim Blake Nelson, anche uno dei protagonisti, riesce a dare un senso a tutto.
poi non sarà perfetto, e neanche è troppo intellettuale, come ho letto da qualche parte, la differenza non è fra film intellettuali e non, ma fra film belli e brutti.
e questo è un bel film, sicuro - Ismaele





Tim Blake Nelson dirige ed interpreta questo dramma corale, dove persone fra loro esplicitamente o implicitamente correlate, si confrontano sugli stessi quesiti antichi, imperituri e insondabili che da sempre tormentano l'uomo: quel è il significato ultimo della vita, perché il mondo è così spregevole, qual è la verità? Non a caso Walter Zarrow è un professore di filosofia alla Columbia University, il figlio Adam Zarrow (Tim Blake Nelson) si destreggia fra problemi familiari; in qualche altra parte della città Jeffrey (Michael K. Williams) sta cercando di aiutare un suo amico d'infanzia (K. Todd Freeman) ad uscire dalla dipendenza di eroina, e nel New Jersey una casalinga (Gretchen Mol) si consola con l'alcol mentre il marito si trova in China per lavoro. Sophie (Kristen Stewart), voce della sofferenza del mondo, è una studentessa del professor Zarrow che soffre di depressione e autolesionismo, deve procurarsi delle ferite per sentirsi viva. Questi personaggi gravitano attorno al mondo del professore, o sono coinvolti nella sua aggressione: tutti però cercano redenzione, salvezza o compassione, imprigionati in una condizione di anestesia del corpo e dell'anima…

…Al centro, troviamo la bussola morale rappresentata del professore Walter Zarrow, un personaggio impreziosito dal talento di Sam Waterston (eccezionale in Urla del silenzio). Intorno, tante fonti luminose con poco tempo per brillare, come succede a Kristen Stewart, assolutamente in parte nel corpo estraneo di Sophie, torturato da un malessere incontrollabile.
D’altronde, Anesthesia dura appena ottanta minuti, un raggio insolitamente breve per un formato collettivo, e non concede il respiro che servirebbe per l’armamentario sciorinato, in protratto avanzamento tra amicizia e amore, la prima volta e anche l’ultima.
Un problema evidente soprattutto in coda, con una punch line gestita malamente (l’aggressione al centro di tutto è raffigurata in maniera innaturale), e complessivamente simile a un cliffhanger da serie televisiva ma senza una seconda occasione per risolvere le questioni aperte.
Complice anche una cornice televisiva, Anesthesia appassiona, fa percepire quanto sia inestimabile il valore di un attimo, ma lascia interdetti, perché il testo ad ampio spettro meritava più approdi e maggiormente definiti, per far sì che le sue tante stelle brillassero come avrebbero meritato.
Penalizzato.

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