martedì 12 maggio 2020

Annientamento (Annihilation) - Alex Garland

una sorpresa bellissima, visivamente straordinario e anche la storia è buona.
non ci sono vincitori, trombe, fanfare, inni nazionali.
appare un fenomeno nuovo e inatteso, che piano piano sta cambiando il mondo.
vincere è impossibile, neanche si riesce a capire, come un'intelligenza atìrtificiale incomprensibile, per noi, che crediamo di sapere tutto, e sappiamo quasi niente.
c'è una storia d'amore, naturalmente, ma è poca cosa, rispetto a una storia grandissima, non si può vincere, si può solo resistere, nella sconfitta.
Alex Garland è un regista di serie A, e tira fuori opere non semplificate, occorre sforzarsi, partecipare, esserci.
non perdetevi il film, sarà un'esperienza che non si dimentica facilmente - Ismaele




la seconda regia di Alex Garland, il quale dopo il bellissimo Ex Machina (2014) dirige Annihilation, ispirato dal romanzo omonimo di Jeff VanderMeer e uscito in Italia direttamente su Netflix. C’è chi parla di capolavoro, chi invece di un film insulso – e a questi ultimi, soprattutto a chi lo condanna come “troppo lento”, consigliamo di dedicarsi alla visione di un Transformers a scelta: ne trarranno sicuro giovamento e si parla comunque di mutazioni. Per tutti gli altri, dobbiamo dire che no, probabilmente questo non è un capolavoro (ma il tempo lo deciderà, non noi), bensì di un film comunque estremamente interessante sul piano estetico. Tre le direttrici principali per analizzarlo e comprenderne i riferimenti principali…
…Annihilation non è un capolavoro, ma forse diverrà di riferimento sotto molti aspetti nei prossimi anni. Le domande che pone sono molte e interessanti, anche se nessuna particolarmente originale; ma l’impatto estetico è meraviglioso, soprattutto nei minuti finali dove il combinato di immagini, musica e coreografia genera il primo musical meta-fantascientifico della storia del cinema: presa a sé questa sequenza è senza dubbio un gioiello artistico, una meravigliosa mutazione nel film e nel genere.

Visivamente impressionante, Annihilation sfoggia accostamenti cromatici folli, l’Area X è un tripudio di colori saturi e accesi che avrebbero meritato di essere apprezzati sul grande schermo. Garland aveva già fatto sfoggio del suo talento registico con Ex Machina, la sua mano non si smentisce neanche qui. Le inquadrature sono pulite, i movimenti di macchina sono lenti e precisi, scoprono gli ambienti aumentando suspense e senso di soffocamento. L’Area X è rappresentata come meglio non si potrebbe, e i lettori del libro possono ritenersi più che soddisfatti…

Alcune sequenze turbano con improvvisa efficacia (il terribile urlo umano emesso dalle fauci dell’orso, ad esempio, suona a dir poco agghiacciante, almeno nella versione originale del film); mentre è decisamente suggestivo il lavoro alle scenografie dell’Area X, valorizzate da una fotografia verdognola e bluastra, di gusto lovecraftiano, in una continua alterazione che sembra riverberare attraverso un prisma repellente e strabiliante.
Nessun passo falso, dunque. Con Annihilation Garland s’inoltra nell’area esplorativa da sempre posta al centro delle indagini fantascientifiche. Parlare dell’universo e dei misteri in esso racchiusi, infatti, significa parlare del destino, vicino o lontano, luminoso o indecifrabile, che attende ciascun essere vivente. Incluso – e forse più degli altri – l’uomo.

…Pian piano Alex Garland ci introduce in tutte le caratteristiche della donna, della lavoratrice, della studiosa, della moglie di nome Lena. Son piccoli frammenti, correttamente e solo in apparenza casualmente montati. Sono flash che si pongono in parallelo con il bagliore di quanto Lena sta vivendo. Il regista indugia, a ragione, su immagini anche psichedeliche e ipnotiche quando tratta la natura, il suo riprodursi e il suo essere fonte di bellezza e di mostruosità.
Splendidamente diretto e con un buon ritmo che bilancia suspense, horror e fantascienza in maniera corretta, “Annientamento” si avvale di una buona fotografia, di immagini che sublimano e certificano la buona fattura della regia di Alex Garland. Una sceneggiatura scorrevole e che lascia il giusto interesse nello spettatore per cercare di capire quale sia l’enigma e la natura vera di quanto accade.
Il finale, volutamente aperto, è una sintesi di quanto può essere detto riguardo al film: enigmatico, senza sicurezze, elaborazione del proprio vissuto, messa in gioco di quanto si è per cercare qualcosa di diverso, di altro, di insospettabilmente impreciso ma estremamente affascinante e pericolo.

…Diversas voces han equiparado Aniquilación con la cercana en el tiempo La llegada (Dennis Villeneuve, 2016), no tanto por la pátina de sofisticación que embadurna el discurso especulativo (aunque el material de partida de Villeneuve, un relato de Ted Chiang, tenía más pedigree que el que aquí se trabaja) como por parámetros estéticos y por esa mirada sostenida en lo femenino y en el extrañamiento. Menos -porque Villeneuve es un cineasta más brillante a día de hoy (también tiene mucho más bagaje)- por ese juego de contrastes entre una cierta sensación de asepsia en la fachada visual y un desarrollo argumental que se escora en lo turbio, sino directamente en lo terrorífico. Aspectos, en todo caso, que también emparentan el segundo título de Garland con el primero. Como en aquel, Garland maneja la sustancia narrativa con firmeza, y aunque fuerza un poco los resortes atmosféricos (esa función más bien inane que cumplen muchos de los flashbacks), centra bien la vis apocalíptica que el relato plantea, presentando algo parecido a un viaje al corazón de las tinieblas conradiano en el que, por otro lado, resuenan ecos del cine de Shyamalan (el discurso ecologista) aderezados con alguna tímida fuga al gore que resulta útil al entramado de temas y tonos.

En lo referente al estudio de personajes, que Garland prioriza, el filme se centra sobre todo en los aspectos traumáticos asociados a la pareja protagonista (encarnados por Natalie Portman y Oscar Isaac): el trauma de la desaparición del primero, el extraño y breve reencuentro que termina de forma abrupta, el posterior levantamiento del velo de lo que en realidad le sucedió a él… Esa relación sentimental traumática pasada por el filtro (o debería decir espejo deformante) de una invasión alienígena sutil no está nada lejos de los conflictos dramáticos que ponía en solfa ExMachina, e incluso de diversos de los apuntes dramáticos de la distópica Nunca me abandones, por lo que cabe hablar de un motivo creativo recurrente en Garland. Aquí, la secuencia en la que esa cámara de video (tan oportunamente instalada en las dependencias del faro) le muestra a la protagonista lo que le sucedió a su marido, y la posterior solución del relato, donde cierta ambigüedad baña un reencuentro bigger than life corrompido por una constancia apocalíptica apuntalan la formidable metáfora que es toda la película del amor como entidad problemática.
Se trata de un apunte interesante, aunque a medio perfilar, y probablemente insuficiente para sostener el empaque especulativo del relato, que brilla más por su luminosa (o debería decir colorida y atornasolada) fachada que por lo que esconde. Como sucedía con la anterior obra del cineasta, las pretensiones (o al menos las expectativas de planteamiento) se van diluyendo en unos resultados cinematográficos que, aunque atractivos en lo visual, no llegan a estimular del todo ni mucho menos trascender. Que Garland siga pujando. Lo seguiremos.

2 commenti:

  1. Lo vidi solo perchè la protagonista era Natalie Portman, non aspettandomi nulla di che... invece è un film struggente e crudo, una parabola sulla malattia e sulla sconfitta, per nulla rassicurante. Molto bello davvero.

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    1. leggo su boxofficemojo che non è un film che ha incassato tanto da soddisfare i produttori, speriamo non passino altri 4-5 anni prima di vedere un altro (bel) film di Alex Garland. intanto 2 su 2 film molto belli, finora

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