non ci sono vincitori, trombe, fanfare, inni nazionali.
appare un fenomeno nuovo e inatteso, che piano piano sta cambiando il mondo.
vincere è impossibile, neanche si riesce a capire, come un'intelligenza atìrtificiale incomprensibile, per noi, che crediamo di sapere tutto, e sappiamo quasi niente.
c'è una storia d'amore, naturalmente, ma è poca cosa, rispetto a una storia grandissima, non si può vincere, si può solo resistere, nella sconfitta.
Alex Garland è un regista di serie A, e tira fuori opere non semplificate, occorre sforzarsi, partecipare, esserci.
non perdetevi il film, sarà un'esperienza che non si dimentica facilmente - Ismaele
vincere è impossibile, neanche si riesce a capire, come un'intelligenza atìrtificiale incomprensibile, per noi, che crediamo di sapere tutto, e sappiamo quasi niente.
c'è una storia d'amore, naturalmente, ma è poca cosa, rispetto a una storia grandissima, non si può vincere, si può solo resistere, nella sconfitta.
Alex Garland è un regista di serie A, e tira fuori opere non semplificate, occorre sforzarsi, partecipare, esserci.
non perdetevi il film, sarà un'esperienza che non si dimentica facilmente - Ismaele
…la seconda regia di Alex
Garland, il quale dopo il bellissimo Ex Machina (2014)
dirige Annihilation, ispirato dal romanzo omonimo di Jeff
VanderMeer e uscito in Italia direttamente su Netflix. C’è chi
parla di capolavoro, chi invece di un film insulso – e a questi ultimi,
soprattutto a chi lo condanna come “troppo lento”, consigliamo di dedicarsi
alla visione di un Transformers a scelta: ne trarranno sicuro giovamento e si
parla comunque di mutazioni. Per tutti gli altri, dobbiamo dire che no,
probabilmente questo non è un capolavoro (ma il tempo lo deciderà, non noi),
bensì di un film comunque estremamente interessante sul piano estetico. Tre le
direttrici principali per analizzarlo e comprenderne i riferimenti principali…
…Annihilation non è un capolavoro, ma
forse diverrà di riferimento sotto molti aspetti nei prossimi anni. Le domande
che pone sono molte e interessanti, anche se nessuna particolarmente originale;
ma l’impatto estetico è meraviglioso, soprattutto nei
minuti finali dove il combinato di immagini, musica e coreografia genera il
primo musical meta-fantascientifico della storia del cinema:
presa a sé questa sequenza è senza dubbio un gioiello artistico, una
meravigliosa mutazione nel film e nel genere.
…Visivamente impressionante, Annihilation sfoggia
accostamenti cromatici folli, l’Area X è un tripudio di colori saturi e accesi
che avrebbero meritato di essere apprezzati sul grande schermo. Garland aveva
già fatto sfoggio del suo talento registico con Ex Machina, la
sua mano non si smentisce neanche qui. Le inquadrature sono pulite, i movimenti
di macchina sono lenti e precisi, scoprono gli ambienti aumentando suspense e
senso di soffocamento. L’Area X è rappresentata come meglio non si potrebbe, e
i lettori del libro possono ritenersi più che soddisfatti…
…Alcune sequenze turbano con improvvisa efficacia
(il terribile urlo umano emesso dalle fauci dell’orso, ad esempio, suona a dir
poco agghiacciante, almeno nella versione originale del film); mentre è
decisamente suggestivo il lavoro alle scenografie dell’Area X, valorizzate da
una fotografia verdognola e bluastra, di gusto lovecraftiano,
in una continua alterazione che sembra riverberare attraverso un prisma
repellente e strabiliante.
Nessun passo falso, dunque. Con Annihilation Garland s’inoltra nell’area esplorativa da sempre posta al centro delle indagini fantascientifiche. Parlare dell’universo e dei misteri in esso racchiusi, infatti, significa parlare del destino, vicino o lontano, luminoso o indecifrabile, che attende ciascun essere vivente. Incluso – e forse più degli altri – l’uomo.
Nessun passo falso, dunque. Con Annihilation Garland s’inoltra nell’area esplorativa da sempre posta al centro delle indagini fantascientifiche. Parlare dell’universo e dei misteri in esso racchiusi, infatti, significa parlare del destino, vicino o lontano, luminoso o indecifrabile, che attende ciascun essere vivente. Incluso – e forse più degli altri – l’uomo.
…Pian
piano Alex Garland ci introduce in tutte le
caratteristiche della donna, della lavoratrice, della studiosa, della moglie di
nome Lena. Son piccoli frammenti, correttamente e solo in
apparenza casualmente montati. Sono flash che si pongono in parallelo con il
bagliore di quanto Lena sta vivendo. Il regista indugia, a ragione, su immagini
anche psichedeliche e ipnotiche quando tratta la natura, il suo riprodursi e il
suo essere fonte di bellezza e di mostruosità.
Splendidamente
diretto e con un buon ritmo che bilancia suspense, horror e fantascienza in
maniera corretta, “Annientamento” si avvale di una buona
fotografia, di immagini che sublimano e certificano la buona fattura della
regia di Alex Garland. Una sceneggiatura scorrevole e che
lascia il giusto interesse nello spettatore per cercare di capire quale sia
l’enigma e la natura vera di quanto accade.
Il
finale, volutamente aperto, è una sintesi di quanto può essere detto riguardo
al film: enigmatico, senza sicurezze, elaborazione del proprio vissuto, messa
in gioco di quanto si è per cercare qualcosa di diverso, di altro, di
insospettabilmente impreciso ma estremamente affascinante e pericolo.
…Diversas voces han equiparado Aniquilación con la cercana en el tiempo La llegada (Dennis Villeneuve, 2016), no tanto
por la pátina de sofisticación que embadurna el discurso especulativo (aunque
el material de partida de Villeneuve, un relato de Ted Chiang, tenía más
pedigree que el que aquí se trabaja) como por parámetros estéticos y por esa
mirada sostenida en lo femenino y en el extrañamiento. Menos -porque Villeneuve
es un cineasta más brillante a día de hoy (también tiene mucho más bagaje)- por
ese juego de contrastes entre una cierta sensación de asepsia en la fachada
visual y un desarrollo argumental que se escora en lo turbio, sino directamente
en lo terrorífico. Aspectos, en todo caso, que también emparentan el segundo
título de Garland con el primero. Como en aquel, Garland maneja la sustancia
narrativa con firmeza, y aunque fuerza un poco los resortes atmosféricos (esa
función más bien inane que cumplen muchos de los flashbacks), centra bien la vis apocalíptica que el
relato plantea, presentando algo parecido a un viaje al corazón de las
tinieblas conradiano en el que, por
otro lado, resuenan ecos del cine de Shyamalan (el discurso ecologista)
aderezados con alguna tímida fuga al gore que resulta útil al entramado de
temas y tonos.
En lo referente al estudio de personajes, que Garland
prioriza, el filme se centra sobre todo en los aspectos traumáticos asociados a
la pareja protagonista (encarnados por Natalie Portman y Oscar Isaac): el
trauma de la desaparición del primero, el extraño y breve reencuentro que
termina de forma abrupta, el posterior levantamiento del velo de lo que en
realidad le sucedió a él… Esa relación sentimental traumática pasada por el
filtro (o debería decir espejo deformante) de una invasión alienígena sutil no
está nada lejos de los conflictos dramáticos que ponía en solfa ExMachina, e incluso de diversos de los apuntes
dramáticos de la distópica Nunca me abandones, por
lo que cabe hablar de un motivo creativo recurrente en Garland. Aquí, la
secuencia en la que esa cámara de video (tan oportunamente instalada en las
dependencias del faro) le muestra a la protagonista lo que le sucedió a su
marido, y la posterior solución del relato, donde cierta ambigüedad baña un
reencuentro bigger than life corrompido
por una constancia apocalíptica apuntalan la formidable metáfora que es toda la
película del amor como entidad problemática.
Se trata de un apunte interesante, aunque a medio
perfilar, y probablemente insuficiente para sostener el empaque especulativo
del relato, que brilla más por su luminosa (o debería decir colorida y
atornasolada) fachada que por lo que esconde. Como sucedía con la anterior obra
del cineasta, las pretensiones (o al menos las expectativas de planteamiento)
se van diluyendo en unos resultados cinematográficos que, aunque atractivos en
lo visual, no llegan a estimular del todo ni mucho menos trascender. Que
Garland siga pujando. Lo seguiremos.
Lo vidi solo perchè la protagonista era Natalie Portman, non aspettandomi nulla di che... invece è un film struggente e crudo, una parabola sulla malattia e sulla sconfitta, per nulla rassicurante. Molto bello davvero.
RispondiEliminaleggo su boxofficemojo che non è un film che ha incassato tanto da soddisfare i produttori, speriamo non passino altri 4-5 anni prima di vedere un altro (bel) film di Alex Garland. intanto 2 su 2 film molto belli, finora
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