nel 1962 gira un film che contiene molti film successivi, ha ispirato tanto cinema del futuro.
un perfetto bianco e nero, attori giusti al posto giusto, una storia che non ti dimentichi, dentro c'è il Cinema.
è un film da non perdere, se ti vuoi un po' di bene - Ismaele
QUI il film completo in
inglese con sottotitoli in inglese
Realizzato nel 1962 e diretto da Herk Harvey, Carnival of Souls uscì con una destinazione ben
definita: il circuito dei drive-in, in cui erano proiettati B-Movies a basso
costo, spesso con un double bill nel corso della stessa serata. Il
lavoro di Harvey, per le caratteristiche che tra poco andremo a spiegare, non
ottenne però un gran successo: sparì quasi subito dalla programmazione, e venne
dimenticato a lungo, prima di essere recuperato, restaurato e redistribuito in
sala nel 1989. Un oblio eccessivo, che non rende merito a un film interessante,
inquietante, capace di anticipare soluzioni narrative che sarebbero poi state
riprese in abbondanza da molte pellicole uscite nei lustri a venire…
…Ciò
che però fa della pellicola un vero e proprio caposaldo è la costruzione
dell’atmosfera, merito della clamorosa messa in scena di Harvey, fatta di spazi
spersonalizzati e desolanti, tanto da far pensare che il film sarebbe risultato
ancora più potente se fosse stato privo di dialoghi, i quali talvolta appaiono
fin troppo didascalici. Non potendo avere a disposizione dolly o gru, la regia
si avvale di soluzioni di camera a mano allora inedite per il genere,
utilizzando macchine da presa ai tempi pensate esclusivamente per i notiziari
anche all’interno di auto in corsa, facendo superare la necessità della
composizione per mezzo di trasparenti, metodo standard in quegli anni. Ad
impressionare poi ci sono la superba fotografia in bianco e nero, che ispirerà
qualsiasi altra produzione indipendente successiva, da La notte dei morti viventi a Eraserhead, e il montaggio concettuale, che stacca in
più occasioni da elementi di scene diverse con soluzioni di continuità degne
della nascente Nouvelle Vague…
… Una storia molto efficace e
coinvolgente, e richiama lo stile, a mo’ di archetipo, su cui si sarebbero
fondati film di successo nel seguito (penso a The Others, ma
anche Il sesto senso). Accostamenti del genere mi sembrano
francamente più pertinenti di chi abbia voluto vedere nelle “anime” spettrali
che tormentano Mary dei morti viventi pre-Romeriani, cosa che a mio avviso è
accettabile giusto come suggestione visiva. Carnival of souls è,
infatti, estraneo al cinico materialismo del compianto regista, e somiglia più
ad un film onirico o “lynchiano”, nel senso di irrazionale e poco
consequenziale in alcuni passaggi. Se è vero che l’intreccio sembra quasi
scontato se visto oggi, bisogna contestualizzare il clima ed immaginare la
portata del film all’epoca in cui uscì: accoglienza abbastanza fredda, a
giudicare dagli incassi, salvo poi essere riscoperto alla fine degli anni ’80
come cult indiscusso.
Su film del genere
sono fin troppe le parole spese dalle varie fan theory e
dagli accostamenti con film successivi proposti dai vari recensori: tutti
cercano di trovare una spiegazione alla storia, ma non esiste una risposta
soddisfacente. Non può esistere per definizione, in questo caso, a meno di
accettarne la dimensione puramente onirica, ed in tal senso il film potrebbe
essere null’altro che un sogno pre-morte, ipotesi che trovo suggestiva quanto
più convincente di molte altre che ho letto. Di sicuro Mary vive l’intero
intreccio in una dimensione simile ad un limbo, in cui combatte contro una
morte improvvisa per cui non sembra essere pronta, raffigurata splendidamente
(e con richiami all’espressionismo tedesco) di figure spettrali dal volto
dipinto (e di cui la principale venne interpretata da Harvey stesso). Non
bisogna dimenticare, peraltro, che si tratta dell’unico lungometraggio di Herk
Harvey, professionista del cinema che ha girato, per il resto, film
documentaristici e serie TV di tutt’altro genere, e che per questo rientra nei
notevoli casi di chi ha saputo fare un solo singolo horror di gran classe. Un
regista che ha, quindi, vissuto il genere solo in maniera occasionale, e alla
fine ciò ha finito per contribuire alla fama di cult singolare ed irripetibile
di “Carnival of souls” stesso. Candace Hilligoss, archetipica scream queen semplicemente perfetta nella propria
parte (oltre che unica attrice professionista del film), resta alla storia solo
per questo film, senza considerare altre interpretazioni, solo sporadiche.
Resta da chiedersi quanto possa essere lecito dare tutto questo credito ad un
film che, nelle stesse parole del regista, è considerato solo una piccola parte
di un lavoro enorme, in cui riteneva di avere tanto altro da dire (ben 35 anni
a fare film di altro genere di cui mai nessuno, finora, ha parlato troppo)…
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