lunedì 4 maggio 2020

Carnival of Souls - Herk Harvey

è un film poco conosciuto, unico lungometraggio di Herk Harvey.
nel 1962 gira un film che contiene molti film successivi, ha ispirato tanto cinema del futuro.
un perfetto bianco e nero, attori giusti al posto giusto, una storia che non ti dimentichi, dentro c'è il Cinema.
è un film da non perdere, se ti vuoi un po' di bene - Ismaele




QUI il film completo in inglese con sottotitoli in inglese



Realizzato nel 1962 e diretto da Herk Harvey, Carnival of Souls uscì con una destinazione ben definita: il circuito dei drive-in, in cui erano proiettati B-Movies a basso costo, spesso con un double bill nel corso della stessa serata. Il lavoro di Harvey, per le caratteristiche che tra poco andremo a spiegare, non ottenne però un gran successo: sparì quasi subito dalla programmazione, e venne dimenticato a lungo, prima di essere recuperato, restaurato e redistribuito in sala nel 1989. Un oblio eccessivo, che non rende merito a un film interessante, inquietante, capace di anticipare soluzioni narrative che sarebbero poi state riprese in abbondanza da molte pellicole uscite nei lustri a venire…

…Ciò che però fa della pellicola un vero e proprio caposaldo è la costruzione dell’atmosfera, merito della clamorosa messa in scena di Harvey, fatta di spazi spersonalizzati e desolanti, tanto da far pensare che il film sarebbe risultato ancora più potente se fosse stato privo di dialoghi, i quali talvolta appaiono fin troppo didascalici. Non potendo avere a disposizione dolly o gru, la regia si avvale di soluzioni di camera a mano allora inedite per il genere, utilizzando macchine da presa ai tempi pensate esclusivamente per i notiziari anche all’interno di auto in corsa, facendo superare la necessità della composizione per mezzo di trasparenti, metodo standard in quegli anni. Ad impressionare poi ci sono la superba fotografia in bianco e nero, che ispirerà qualsiasi altra produzione indipendente successiva, da La notte dei morti viventi a Eraserhead, e il montaggio concettuale, che stacca in più occasioni da elementi di scene diverse con soluzioni di continuità degne della nascente Nouvelle Vague…

Una storia molto efficace e coinvolgente, e richiama lo stile, a mo’ di archetipo, su cui si sarebbero fondati film di successo nel seguito (penso a The Others, ma anche Il sesto senso). Accostamenti del genere mi sembrano francamente più pertinenti di chi abbia voluto vedere nelle “anime” spettrali che tormentano Mary dei morti viventi pre-Romeriani, cosa che a mio avviso è accettabile giusto come suggestione visiva. Carnival of souls è, infatti, estraneo al cinico materialismo del compianto regista, e somiglia più ad un film onirico o “lynchiano”, nel senso di irrazionale e poco consequenziale in alcuni passaggi. Se è vero che l’intreccio sembra quasi scontato se visto oggi, bisogna contestualizzare il clima ed immaginare la portata del film all’epoca in cui uscì: accoglienza abbastanza fredda, a giudicare dagli incassi, salvo poi essere riscoperto alla fine degli anni ’80 come cult indiscusso.
Su film del genere sono fin troppe le parole spese dalle varie fan theory e dagli accostamenti con film successivi proposti dai vari recensori: tutti cercano di trovare una spiegazione alla storia, ma non esiste una risposta soddisfacente. Non può esistere per definizione, in questo caso, a meno di accettarne la dimensione puramente onirica, ed in tal senso il film potrebbe essere null’altro che un sogno pre-morte, ipotesi che trovo suggestiva quanto più convincente di molte altre che ho letto. Di sicuro Mary vive l’intero intreccio in una dimensione simile ad un limbo, in cui combatte contro una morte improvvisa per cui non sembra essere pronta, raffigurata splendidamente (e con richiami all’espressionismo tedesco) di figure spettrali dal volto dipinto (e di cui la principale venne interpretata da Harvey stesso). Non bisogna dimenticare, peraltro, che si tratta dell’unico lungometraggio di Herk Harvey, professionista del cinema che ha girato, per il resto, film documentaristici e serie TV di tutt’altro genere, e che per questo rientra nei notevoli casi di chi ha saputo fare un solo singolo horror di gran classe. Un regista che ha, quindi, vissuto il genere solo in maniera occasionale, e alla fine ciò ha finito per contribuire alla fama di cult singolare ed irripetibile di “Carnival of souls” stesso. Candace Hilligoss, archetipica scream queen semplicemente perfetta nella propria parte (oltre che unica attrice professionista del film), resta alla storia solo per questo film, senza considerare altre interpretazioni, solo sporadiche. Resta da chiedersi quanto possa essere lecito dare tutto questo credito ad un film che, nelle stesse parole del regista, è considerato solo una piccola parte di un lavoro enorme, in cui riteneva di avere tanto altro da dire (ben 35 anni a fare film di altro genere di cui mai nessuno, finora, ha parlato troppo)

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