un piccolo grande film, non ve ne pentirete - Ismaele
…“La bicicletta verde” è un film di speranza. Pensate: è il primo
film diretto da una regista donna dell’Arabia Saudita, Haifaa al Mansour, e già
questo è importante. Haifaa è certamente una privilegiata: in Arabia Saudita le
proiezioni cinematografiche sono vietate. Se si vuole vedere un film, bisogna
far ricorso a proiezioni private, “casalinghe” grazie a videoregistratori e
lettori DVD. Haifaa ha avuto un padre appassionato di film e “liberale”; le ha
consentito alla figlia di andarsi a laureare in letteratura all’università
americana del Cairo e di conseguire successivamente un master in cinematografia
a Sydney. Ah! Dunque, magari minoritari, esistono anche uomini non
completamente ottenebrati… Padri, insomma, e non padroni. Da questo retroterra
nasce “La bicicletta verde”: primo lungometraggio completamente girato in
Arabia Saudita, a Riyadh; il primo diretto da una donna. Piccola cosa? Ma
certo, non è la rivoluzione, ma qualcosa pure significa…
Le protagoniste sono due donne: una star televisiva araba, Reem Abdullah, nel ruolo della madre, vessata, colpita nei suoi sentimenti più profondi e intimi; e capace di trovare in sé le risorse per l’atto di ribellione finale, determinante: quando abbraccia la figlioletta e le sussurra che a lei dovrà essere risparmiato il suo destino; è un urlo di liberazione commovente e rincuorante. L’altra protagonista, nel ruolo della figlia Wadjda è la bravissima esordiente Waad Mohammed. La scena in cui, dopo aver vinto il concorso e il denaro in palio, Wadjda rivela cosa ne vuole fare (l’acquisto dell’agognata bicicletta), richiama – arbitraria suggestione? – all’“Attimo fuggente” di Peter Weir: quando il professor John Keating viene alla fine cacciato dall’istituto, ma ha la soddisfazione di vedere prima lo studente Todd Anderson, poi via via tutti gli altri, balzare sui banchi al grido di “O Captain! My Captain!”. Ma “Wadjda non si limita a “urlare” e rivendicare la sua libertà di bicicletta. Si concede anche una perfida, sacrosanta vendetta: e pubblicamente rinfaccia alla inflessibile, tetragona preside della scuola, le clandestine del «bel ladro notturno»…
Le protagoniste sono due donne: una star televisiva araba, Reem Abdullah, nel ruolo della madre, vessata, colpita nei suoi sentimenti più profondi e intimi; e capace di trovare in sé le risorse per l’atto di ribellione finale, determinante: quando abbraccia la figlioletta e le sussurra che a lei dovrà essere risparmiato il suo destino; è un urlo di liberazione commovente e rincuorante. L’altra protagonista, nel ruolo della figlia Wadjda è la bravissima esordiente Waad Mohammed. La scena in cui, dopo aver vinto il concorso e il denaro in palio, Wadjda rivela cosa ne vuole fare (l’acquisto dell’agognata bicicletta), richiama – arbitraria suggestione? – all’“Attimo fuggente” di Peter Weir: quando il professor John Keating viene alla fine cacciato dall’istituto, ma ha la soddisfazione di vedere prima lo studente Todd Anderson, poi via via tutti gli altri, balzare sui banchi al grido di “O Captain! My Captain!”. Ma “Wadjda non si limita a “urlare” e rivendicare la sua libertà di bicicletta. Si concede anche una perfida, sacrosanta vendetta: e pubblicamente rinfaccia alla inflessibile, tetragona preside della scuola, le clandestine del «bel ladro notturno»…
Non sembri arbitrario accostare
una “bicicletta verde” all’insegnamento “altro” dei poemi di Walt Whitman,
Ralph W.Emerson o Henry D. Thoreau. In ballo c’è una sfida, una corsa della
ragazzina e il suo compagno: che si guardano negli occhi e nessuno dei due si
sogna di considerare diverso o inferiore l’altro. Anzi, quando finalmente
Wadjda inforca la bicicletta, il ragazzino non ci pensa un attimo a piantare in
asso gli amici con cui gioca a pallone, e rincorrerla…
…Il film regala al pubblico dei
toni caldi e accesi, e descrive i tragitti che la bambina effettua per andare a
svolgere il suo “dovere”, percorsi che ne rappresentano anche i suoi momenti di
evasione e libertà. Sarà proprio nella via da casa a scuola che Wadjda incontra
il suo caro amico di giochi e di competizione, ed è proprio lungo questa
passeggiata che la ragazza fantastica e sogna il suo futuro, un futuro libero e
svincolato da qualsiasi giudizio. Una libertà che per la sua età e la sua
condizione si materializza in una bicicletta verde.
un film bello. anche se "bello", in rapporto alla condizione della donna in arabia saudita stride un po'. ma il fatto che una regista donna sia riuscita a girare un film nel suo paese, quel paese, magari non significa niente, ma è un motivo più che sufficiente per vedere questo film.
RispondiEliminae mica una storia così, è una storia di ribellione e di emancipazione, speriamo lì smanettino con lo streaming, visto che dubito si vedrà al cinema
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