giovedì 10 gennaio 2013

La bicicletta verde (Wadjda) - Haifaa Al-Mansour

è un film neorealista (a Zavattini e De Sica sarebbe piacluto), racconta la storia di una bambina e del suo sogno, e racconta anche la storia di un paese medioevale.
un piccolo grande film, non ve ne pentirete - Ismaele



…“La bicicletta verde” è un film di speranza. Pensate: è il primo film diretto da una regista donna dell’Arabia Saudita, Haifaa al Mansour, e già questo è importante. Haifaa è certamente una privilegiata: in Arabia Saudita le proiezioni cinematografiche sono vietate. Se si vuole vedere un film, bisogna far ricorso a proiezioni private, “casalinghe” grazie a videoregistratori e lettori DVD. Haifaa ha avuto un padre appassionato di film e “liberale”; le ha consentito alla figlia di andarsi a laureare in letteratura all’università americana del Cairo e di conseguire successivamente un master in cinematografia a Sydney. Ah! Dunque, magari minoritari, esistono anche uomini non completamente ottenebrati… Padri, insomma, e non padroni. Da questo retroterra nasce “La bicicletta verde”: primo lungometraggio completamente girato in Arabia Saudita, a Riyadh; il primo diretto da una donna. Piccola cosa? Ma certo, non è la rivoluzione, ma qualcosa pure significa…
Le protagoniste sono due donne: una star televisiva araba, Reem Abdullah, nel ruolo della madre, vessata, colpita nei suoi sentimenti più profondi e intimi; e capace di trovare in sé le risorse per l’atto di ribellione finale, determinante: quando abbraccia la figlioletta e le sussurra che a lei dovrà essere risparmiato il suo destino; è un urlo di liberazione commovente e rincuorante. L’altra protagonista, nel ruolo della figlia Wadjda è la bravissima esordiente Waad Mohammed. La scena in cui, dopo aver vinto il concorso e il denaro in palio, Wadjda rivela cosa ne vuole fare (l’acquisto dell’agognata bicicletta), richiama – arbitraria suggestione? – all’“Attimo fuggente” di Peter Weir: quando il professor John Keating viene alla fine cacciato dall’istituto, ma ha la soddisfazione di vedere prima lo studente Todd Anderson, poi via via tutti gli altri, balzare sui banchi al grido di “O Captain! My Captain!”. Ma “Wadjda non si limita a “urlare” e rivendicare la sua libertà di bicicletta. Si concede anche una perfida, sacrosanta vendetta: e pubblicamente rinfaccia alla inflessibile, tetragona preside della scuola, le clandestine del «bel ladro notturno»…
Non sembri arbitrario accostare una “bicicletta verde” all’insegnamento “altro” dei poemi di Walt Whitman, Ralph W.Emerson o Henry D. Thoreau. In ballo c’è una sfida, una corsa della ragazzina e il suo compagno: che si guardano negli occhi e nessuno dei due si sogna di considerare diverso o inferiore l’altro. Anzi, quando finalmente Wadjda inforca la bicicletta, il ragazzino non ci pensa un attimo a piantare in asso gli amici con cui gioca a pallone, e rincorrerla…

…Il film regala al pubblico dei toni caldi e accesi, e descrive i tragitti che la bambina effettua per andare a svolgere il suo “dovere”, percorsi che ne rappresentano anche i suoi momenti di evasione e libertà. Sarà proprio nella via da casa a scuola che Wadjda incontra il suo caro amico di giochi e di competizione, ed è proprio lungo questa passeggiata che la ragazza fantastica e sogna il suo futuro, un futuro libero e svincolato da qualsiasi giudizio. Una libertà che per la sua età e la sua condizione si materializza in una bicicletta verde.

2 commenti:

  1. un film bello. anche se "bello", in rapporto alla condizione della donna in arabia saudita stride un po'. ma il fatto che una regista donna sia riuscita a girare un film nel suo paese, quel paese, magari non significa niente, ma è un motivo più che sufficiente per vedere questo film.

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  2. e mica una storia così, è una storia di ribellione e di emancipazione, speriamo lì smanettino con lo streaming, visto che dubito si vedrà al cinema

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