un film soprendente, nessun effetto speciale, eppure questo thriller della memoria e dell'anima coinvolge e sconvolge fino alle ultime immagini, quando si scopre tutto.
un film da non perdere, promesso.
buona (fra i muri) visione - Ismaele
…"L'Angelo dei
Muri" è una favola che via via si tinge di nero, ma mai troppo, tutta
girata per sottrazione, in una grande casa di Trieste, dove un anziano (un
bravissimo Pierre Richard) vive solo. Sfrattato, decide, con uno stratagemma,
di continuare ad abitarla. I nuovi inquilini sono una madre e una bambina
cieca, con la quale s'instaurerà un tenero rapporto fino allo svelamento del
bel finale. Un racconto minimale ma perfettamente oliato, profondamente sentimentale
senza essere sentimentalistico e retorico, che fugge benissimo alle trappole,
evidenti, di una storia così particolare. Nell'insopportabile melassa dei film
più o meno natalizi, buonisti e chi più ne ha, più ne metta, questo film è una
bellissima eccezione, un mini vademecum su come trattare certi argomenti.
"L'Angelo dei Muri" è una fiaba da 45 giri, di quelli che si
mettevano nel giradischi, tanti anni fa. Bel cinema italiano, finalmente.
…Peter Zeitlinger, direttore
della fotografia legato al cinema di Werner Herzog, dipinge un appartamento
triestino che sembra uscito direttamente dalle pagine di un racconto horror
inglese, fatto di stanze segrete, ampie camere e luci soffuse. A dare forza al
racconto sono anche le interpretazioni dei protagonisti, che hanno in un
instancabile Pierre Richard il fulcro del racconto. Una rappresentazione di un
uomo disperato e sciupato, il cui attaccamento alla dimora va al di là della
semplice indigenza.
L’angelo dei muri è un racconto gotico italiano, in cui gli spazi sono
protagonisti tanto quanto i personaggi che li abitano. Con la sua operazione di
rilettura delle storie classiche di fantasmi, Lorenzo Bianchini riesce ad
accompagnare lo spettatore alla scoperta di un mondo sovrannaturale famigliare,
ma non per questo meno sfuggente.
…La minaccia che
proviene dall’esterno (l’ufficiale giudiziario preposto allo sfratto, il nuovo
proprietario, l’operaio che mura letteralmente Pietro, i nuovi inquilini) ci
vengono descritti, ogni minuto che passa, come un palliativo verso una minaccia
ben più grande e profonda che risiede nell’animo stesso del protagonista. Ci
sono visioni, dettagli, indizi che ci suggeriscono un non detto, svelato a poco
a poco con una perfezione narrativa chirurgica, un progredire nella storia che
non lascia davvero nulla al caso.
Ma la bella sceneggiatura che lo stesso
Lorenzo Bianchini ha scritto insieme a Michela Bianchini e Fabrizio Bozzetti è solo
uno dei tanti elementi impeccabili de L’angelo dei muri, che si avvale anche un incredibile
lavoro scenografico curato dallo stesso regista capace di rendere
l’appartamento di Pietro un personaggio stesso della storia. Come se si
trattasse della leggendaria casa degli Usher dell’opera di Edgar Allan Poe o
l’inquietante Hill House raccontata da Shirley Jackson, la casa di Pietro
riflette la personalità del suo proprietario, si trasforma con lui, cambia
morfologia e ci suggerisce il passare del tempo che il film intenzionalmente
lascia vago. La casa sembra dotata di una sua vita propria: le finestre si
spalancano per far entrare la neve, l’acqua improvvisamente si infiltra nelle
pareti, i fori sui muri consentono al suo inquilino nascosto di avere una
panoramica su cosa accade nelle altre stanze e, all’occorrenza, le pareti
crollano e mostrano quel cielo stellato che non sembrava appartenere a questa
dimensione…
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