un polar italo-francese, con attori bravi, con un buon ritmo, ma non riesce a coinvolgere troppo, il film si perde un po', qualche storia di troppo, senza il tempo per svilupparle.
comunque si vede bene, senza essere un capolavoro.
buona visione - Ismaele
QUI il film completo, su Raiplay
…Una qualità sulla quale pesa una sceneggiatura -
ricordiamo che "Le guetteur" è un lavoro su commissione - sbilanciata
quasi subito da un interesse eccessivo nei confronti di personaggi e situazioni
che, paradossalmente nell'intento di alzare la posta in gioco spingendo
l'acceleratore sul gore e sull'horror, finiscono per produrre il risultato
inverso, facendo perdere alla storia credibilità, compattezza e tensione. Così
ad un certo punto capita che il personaggio di Kaminski, funzionale per
ineluttabilità e linee d'ombra ad un genere come il "polar" che di
essi si nutre, venga messo in secondo piano, e sostituito in chiave psicologica
e di meccanismi interni, da derive patologiche e melodrammatiche introdotte dal
personaggio di Oliver Gourmet, che portano "Le guetteur" nei
territori della mostruosità da serial killer e di personaggi alla Hannibal
Lecter. Ed a nulla vale che il film lambisca nell'accennato duetto tra Mattei e
Kaminski quello di De Niro e Al Pacino del mitico film di Michael Mann. Ci vorrebbe un altro spessore e ci sarebbe bisogno di
un'altra storia, mentre in un calderone del genere anche le interpretazioni di
attori come Mathieu Kassovitz e Daniel Auteuil per non dire dei nostri Luca
Argentero e Violante Placido finiscono per perdere consistenza, consegnandosi
ad un risultato che è un'occasione persa un po' per tutti, soprattutto per chi
dovrà pagare il biglietto.
Durante una rapina organizzata dal latitante italiano Luca
Argentero, gli uomini del commissario Mattei (Daniel Auteuil: il nome è un
omaggio a Melville) sono neutralizzati da un cecchino, Mathieu Kassovitz. La
cui avvocatessa, ex amante, viene fatta a pezzi da un serial killer. Saranno
mica costretti, poliziotto e fuciliere/rapinatore, a collaborare per scoprire
il feroce assassino? Rutilante come al solito, Michele Placido sbarca a Parigi
e si dedica al polar con le facce giuste (al solito maestoso Olvier Gourmet) e
le atmosfere nero pece. Come spesso capita ai film del regista, è la troppo
satura sceneggiatura (in questo caso scritta da Cédric Melon e Denis Brusseaux)
a creare confusione. Si intrecciano tre storie: quella di Kasso, le gesta del
serial killer (ma si capisce quasi subito chi è) e una terza legata alla morte
del figlio di Mattei, “corpo speciale” in Afghanistan. Carne al fuoco
tantissima, se si aggiungono gli accenni alla liaison d’amore fuorilegge tra
Argentero e Violante Placido, per 89 minuti di film. E tuttavia il divertimento
non manca, perché Placido sa girare bene le scene d’azione (ottima la camminata
finale di Gourmet con Auteuil che spara dal tetto) e ci mette cuore, avvolgendo
di tonalità melodrammatiche molte situazioni. Il regista si ritaglia uno
squisito cameo con la signora della porta accanto, non accreditata ma
adorabilmente armata.
…Placido confeziona a regola d’arte lavorando su ritmo,
tensione e cattiveria, dimostrandosi buon conoscitore della materia e autore
attento ad un intrattenimento maturo e poco consolatorio. Non tutto è
ineccepibile, i meandri più oscuri dello script hanno troppe coincidenze, la
componente femminile è relegata al solo ruolo di vittima e alcuni personaggi
sono solo abbozzati (uno per tutti, quello di Argentero). Nel complesso però
“Il cecchino” fila via come un proiettile, ben sostenuto dalle energiche prove
di star d’oltralpe come Auteuil e Kassovitz. Un buon esempio di prodotto
cosmopolita ed esportabile. Da incentivare e preservare.
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