una rapina doppia, e mille altre cose.
un film ricco di dettagli non trascurati, con ottimi attori, e un grande regista, gira pochi film, e tutti memorabili.
uno di quei film che se non lo vedi non sai cosa perdi, un gioiellino da non trascurare, con una sceneggiatura perfetta.
buona, anzi ottima, visione - Ismaele
Quasi perfetto, questo film. Il tempo è volato nel gustare
l'atmosfera creata dal regista. Poca la musica, anche quella ottima, ma sono le
scene ferme ad emozionare di più. Le battute tra i due scafati poliziotti, gli
appostamenti, il toast sgranocchiato nel silenzio dell'abitacolo , le
magnifiche pause che ci/li fanno pensare. I riferimenti alla società di oggi
sono semplicemente obiettivi, non c'entrano i razzismi, i fascismi. Una
rapina. A che cosa servono quei soldi? A curare mia moglie. A cambiare casa
e scappare da quel rione di merda. A conquistare la donna che amo. A giocare
con la Playstation. Magari in un loft superlusso.
Una madre. Perchè tornare a lavorare dopo i tre mesi di congedo per
maternità? Non voglio, non voglio andarci. Spostare i soldi dei ricchi da
una parte all'altra del mondo. Che mi frega? Voglio stare con il mio bambino.
Ma vai, dice il marito, tu guadagni più di me. Vai a lavorare, cara.
E ci va, in quella banca. Accolta dai colleghi stronzi, che bello, ci
sei mancata.
Stringe con la mano, nella tasca della giacca, la scarpina di
lana del suo cucciolo, quella povera madre confusa, quella scarpina che
ha tolto mezz'ora prima da quel tenero piedino rosa, morbido, liscio,
cicciottello, che profuma di latte e amore, di futuro eterno, di fede.
Ci va, in banca. Poteva starsene a casa. E mandare a fanculo il
suo uomo.
Amo questo regista per questo filmone e lo devo seguire a tutti i
costi. La scelta di Gibson e Vaughn è stata vincente.
…Dragged Across Concrete si muove disinvoltamente fra generi e sottogeneri, spaziando dal buddy cop movie al più classico crime,
per poi passare al caper movie prima di sfociare nell’ultimo cruento atto, che
vede degenerare nel modo più brutale possibile tutte le vicende personali
introdotte in precedenza. Fra fiumi di sangue, viscere in bella vista, arti
mozzati e crani spappolati c’è tutto il necessario per fare fuggire a gambe
levate gli spettatori più impressionabili, ma Zahler riesce a nel
difficile compito di conferire costantemente al film un tocco sorprendentemente
umano, sia nel rapporto fra i due poliziotti sia in quello nato strada facendo
fra lo stesso Ridgeman e il personaggio dell’ottimo Tory Kittles,
basato sulla necessità di cooperare e al tempo stesso sulla reciproca sfiducia.
In un crescendo di emozioni e di svolte
inattese, Dragged Across Concrete si congeda con il
più nichilista dei possibili finali, che completa perfettamente il tema portato
avanti da Zahler per tutto il film, ovvero la lotta per la vita di un gruppo di
predatori a caccia dello stesso boccone fatto di lingotti d’oro, costellata da
pessime decisioni, tragiche fatalità e la totale assenza di etica e giustizia.
La cupa e avvolgente fotografia di Benji
Bakshi e la colonna sonora curata prevalentemente dallo stesso
Zahler, che a differenza delle precedenti pellicole lascia che la musica faccia
da accompagnamento emotivo al racconto, donano profondità e intensità al film,
facendo di Dragged Across Concrete un instant cult per
stomaci forti da recuperare al più presto, nella speranza di un’accettabile
distribuzione nelle sale italiane. La conferma del talento visivo e narrativo
di un cineasta poliedrico e con una propria personale e
inconfondibile impronta, destinato a emozionarci e sconvolgerci ancora
per molti anni a venire.
…Una sfida che S. Craig Zahler gioca
in casa. Infatti, seguendo il motto secondo il quale squadra che vince non si cambia, conferma il cast di
fedelissimi della pellicola precedente (Vince Vaughn presente
come coprotagonista, Jennifer Carpenter in
un ruolo da comprimaria, Udo Kier e Don Johnson in cammei), allargandosi mediante
la collocazione di una ciliegina sulla torta, ovvero Mel Gibson in versione tutto d’un pezzo,
nuovamente poliziotto come ai (bei) tempi di Arma letale, con la differenza tra i ruoli che
risulta direttamente proporzionale al punto della sua carriera in cui sono
capitati.
Un gruppo affiatato, che S. Craig Zahler gestisce
al pari della pellicola stessa - tra regia, sceneggiatura e anche la colonna
sonora di stampo jazz - continuando a stupire. Una volta di più, dimostra la
sua ecletticità, la predisposizione per girare e fondere materiale diverso -
questa volta tra noir, poliziesco e heist movie, senza
tralasciare altre contaminazioni – attuando anche dei depistaggi di gran
classe, così come poi lo è la struttura circolare, crudele e onesta per come
suddivide i partecipanti tra vincitori e vinti.
Coriaceo e tosto, letteralmente trascinato sul cemento.
…A Zahler piace di gran lunga stupire. Dragged Across Concrete è un’opera a tutto tondo,
che difficilmente si riesce a catalogare in un genere predefinito. Chi si
aspetta lo splatter, ad esempio, rimarrà deluso. Lo stesso valga per chi pensa
a un film d’azione, a un heist movie in
piena regola, a una commedia grottesca o a un dramma a sfondo sociale. Il film
è tutto ciò dal momento che attinge a piene mani da modelli eccellenti: gli
echi di Il principe della città, Nashville, Quel pomeriggio di un giorno da
cani, Piombo rovente, Hana Bi, Taxi Driver, Il mucchio selvaggio e persino Il cuoco, il ladro, sua moglie e l’amante si
sentono frame dopo frame. Sequenza dopo
sequenza, quello del regista appare come un continuo gioco di rimandi e
citazioni che trasforma il suo lavoro minuto dopo minuto. Non mancano le
battute sagaci o le situazioni al limite dell’assurdo ma più che alla risata si
punta al pastiche e al guilty pleasure. Il
western sembra essere la linea di fondo seguita: rapina in banca nel selvaggio
West di una grande metropoli, i banditi armati, i fuorilegge dal cuore d’oro,
gli sceriffi corrotti e l’oro, tanto oro su cui mettere le mani. Non mancano
nemmeno le tre sepolture, ad avvalorare la tesi. È possibile però anche pensare
a un continuo rimando al mondo del videogioco ma si tratta di una sorta di
illusione provocata proprio dalla presenza dei videogiochi nella sottotrama
inerente al personaggio di Henry.
Ma cosa muove gli scalmanati protagonisti? La famiglia, come nella
più tradizionale messa in scena scorsesiana. Brett desidera proteggere la sua
dai nuovi nemici (i neri che popolano il suo quartiere) e garantire serenità
alla moglie Melanie, malata gravemente. Anthony vuole sposarsi con la fidanzata
e ripagare quell’anello che ha comprato. Henry anela a un futuro migliore per
la madre prostituta ed eroinomane (l’amore per la figura materna si evince
anche nell’ultima conversazione con l’amico Biscuit) e il fratello paralitico.
Vecchi sentimenti dunque che si mescolano alle chimere dell’epoca moderna, in
cui il ricatto e l’umiliazione passano per un video virale o in cui il nemico è
l’altro: non basta la parola per fidarsi, occorrono i fatti. Le promesse non
sono più tali e ogni prospettiva si rovescia: chi avrebbe dovuto difendere
attacca e chi avrebbe dovuto attaccare difende. Diversi, poi, i riferimenti
critici agli Stati Uniti dell’epoca Trump, le battute scorrette nei confronti
degli immigrati (italiani compresi) e una sana e consapevole disillusione.
Grazie a protagonisti in parte (Dio salvi Mel Gibson) e a comprimari d’eccezione
(da Udo Kier losco commerciante a Don Johnson tenente fino a Jennifer Carpenter
impiegata di banca), Dragged Across Concrete si
rivela un vero divertissement autoriale da
non prendere sottogamba.
…El más que admirable y meticuloso
desempeño de Zahler pasa por su paciencia narrativa, el desarrollo de
personajes frustrados a nivel existencial, el cariño por esos resortes clásicos
del cine de género, un genial soundtrack soulero y jazzero y una bienvenida
crueldad que no deja nada en pie -como en la realidad- porque el trasfondo
ético no es tan importante como los objetivos de cada protagonista, logrando la
proeza de construir intercambios entre seres de carne y hueso
multidimensionales que se enfrentan contra verdaderas máquinas de matar -allí
recae sobre todo el amor por los componentes más extremos del horror y el
suspenso- cuya efervescencia constituye un verdadero soplo de aire fresco en
las tristes comarcas mainstream e indie de la actualidad a escala global. De
hecho, llama mucho la atención el nivel de autonomía y/ o libertad del que goza
el cineasta, un autor con todas las letras que se da el enorme lujo de
articular el desarrollo principal -en un metraje tan extenso como necesario y
gratificante- con excelentes detalles paralelos como la presencia de esos
cómplices amorales de Vogelmann (Primo Allon y Matthew MacCaull) que roban
supermercados y a tontos varios para pagar el camión blindado del robo o esa
empleada bancaria llamada Kelly Summer (Jennifer Carpenter) que termina
asesinada de una manera espantosa justo el día en que regresa a su trabajo
después de una licencia por maternidad.
Al igual que como ocurría en Bone
Tomahawk y Brawl in Cell Block 99, el realizador
en Dragged Across Concrete va atizando el fuego retórico
para el nerviosismo, la algarabía homicida y el desconcierto todo terreno de un
desenlace que hoy por hoy llega a posteriori de un largo y fascinante acecho a
la distancia por parte de Brett y Anthony, quienes siguen a sus antagonistas en
un automóvil con el propósito de mexicanearlos en la coyuntura más oportuna
posible, desembocando en unos 50 minutos finales que rankean en punta entre lo
mejor y más enérgico que haya dado en mucho tiempo el séptimo arte en lo que a
policiales hardcore se refiere, en términos prácticos una andanada de
enfrentamientos -en sintonía con los duelos del Lejano Oeste y muy lejos del
fetiche contemporáneo con la dialéctica semi documentalista- entre todas las
partes involucradas alrededor de un único escenario en donde Zahler logra
edificar una constante sensación de claustrofobia a partir de espacios abiertos
que no lo son porque cada uno de los tiradores está preso de su propia ambición
y voracidad, en las que la desesperación social/ económica/ profesional de
fondo una y otra vez se traduce en la osadía de continuar avanzando hacia el
botín -o por el contrario, jamás soltarlo- vía un juego de intereses opuestos
sobre un mismo tesoro que los embarra más y más en el fango del “no retorno” y
los va eliminando uno a uno en consonancia con su ego.
Más allá de la eficacia en lo que
respecta al andamiaje concreto del cine de género, el opus de Zahler asimismo
resulta exitoso en materia del jugoso entramado político gracias a que destroza
en simultáneo a los fascistas, denunciando la autovictimización patética de la
derecha y su adopción del discurso satírico y nihilista de la izquierda del
pasado, y a los seudo progresistas de nuestros días, una serie de infradotados
que la van de comprometidos a nivel comunal sin embargo a decir verdad son tan
inofensivos, cobardes y cándidos en su presuntuosa seguridad que cada vez que
hablan ponen en evidencia su ignorancia y su táctica no asumida de repetir
fórmulas y latiguillos reduccionistas en vez de tomarse el trabajo de pensar
por cuenta propia. El director no sólo reincide de maravillas -en lo que atañe
a su trabajo previo- con Vince Vaughn, Don Johnson y Jennifer Carpenter, sino
que se planta como alguien que por fin entiende y aprovecha lo que puede
ofrecer -y lo que significa- Mel Gibson, en la vida real un tremendo demente
racista aunque en pantalla una figura con un magnetismo derechoso innegable que
calza perfecto como adalid de una furia intra/ extra institucional que no se
siente cómoda rodeada del fariseísmo omnipresente del Estado y la industria
cultural, leyendo lo ocurrido y sus acciones en términos de porcentajes
improvisados en torno a la probabilidad de salir con vida de esta gran jungla
de cemento…
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