La serie di Valeria Golino, tratta dal libro di Goliarda Sapienza, appare in anteprima, in due parti, al cinema.
Attrici bravissime e convincenti, svetta Tecla Insolia, protagonista della storia, Modesta è sempre al centro delle vicende che la riguardano, amata da tutti.
Pochi siamo andati al cinema, per dirvi di non perdervi la serie, quando apparirà in tv.
Un film (serie tv) che merita moltissimo.
Buona (gioiosa) visione - Ismaele
ps: Modesta bambina si assomiglia ad Adriana, se vi ricordate L'Arminuta, simpatica e furba.
…l'abilità della regista sta
soprattutto nell'indirizzare le performance di un cast di attori eccezionale,
potenziando al massimo l'ambiguità di Jasmine Trinca nei panni della badessa
Eleonora e la petulanza dittatoriale di una monumentale Valeria Bruni Tedeschi
nel personaggio della principessa Brandiforti. Fanno loro corona molti ruoli
maschili memorabili (in questa storia che ha le donne al centro), soprattutto
il giardiniere del convento (Giovanni Calcagno) e l'irresistibile gabellotto
(Guido Caprino). Il migliore è Lollo Franco nel ruolo tragicomico del
maggiordomo Antonio. E fra le interpreti femminili sono molto efficaci Alma
Noce (Beatrice) e Alessia Debandi (Ilaria). I dialoghi non sono mai frasi ad
effetto o gesta eclatanti e la regia non indugia, non sottolinea, sceglie di
"buttare via" quelle che in uno sceneggiato tradizionale
diventerebbero scene madri.
La Modesta di Golino è una ragazza
selvaggia che si muove a quattro zampe e legge Baudelaire, una creatura vorace
di conoscenza e di piacere, non vuole Dio ma la vita, ama sapere e sedurre, e
fa fiorire chiunque incontra per poi abbandonare ognuno al suo destino, qualora
diverga dal proprio. È un personaggio intimamente letterario che rimanda a Jane
Eyre come a Barbablù, e che Golino rende accessibile al grande pubblico, senza
inutili vezzi intellettuali.
Modesta è un vettore di libertà, Maudit ma mai autodistruttiva, concentrata
come una freccia sulla realizzazione di sé a dispetto delle sue circostanze,
anzi, facendole fruttare tutte, come in un fuiletton vecchio stile: è Angelica
la marchesa degli angeli senza pretese di virtù; è una Giovanna d'Arco che
invece di ardere sul rogo brucia tutto quello che si frappone fra lei e il suo
futuro luminoso - tanto è il mondo stesso ad essere in fiamme. E sa mantenere
anche una misura di carità, in un universo pieno di disabilità fisiche ed
emotive che per lei non sono mai una scusa, ma possono essere un'opportunità di
emancipazione. Ed è ipermoderna nella concezione dell'amore, quando dice che
"si può amare un uomo, una donna, un cavallo".
Se della scrittura di Sapienza non ha l'anarchica sgrammaticatura o
l'invenzione linguistica, Golino ne rivendica le ombre che ci vengono dietro e
le infinite rifrazioni, scompone e ricompone per immagini ciò che in letteratura
resta disarticolato, e si concede piccoli passi nel delirio solo nei riflessi,
nelle inquadrature da finestre e finestrini (memorabile quella del giardiniere
mentre Modesta si allontana dal convento), dietro a tende avvolgenti.
L'arte della gioia è una fiaba iniziatica dominata da più di una
strega, ed è anche il resoconto di un secolo (Modesta nasce il primo giorno del
'900) pieno di contraddizioni e di scoperte. Golino, come Modesta, unisce
l'utile e il dilettevole, facendo della sua volontà di regista il prodotto del
suo desiderio di autrice. E l'ironia della regista-sceneggiatrice, come la
risata di Modesta, è il loro gesto di suprema rivendicazione femminile.
… In questo continuo chiaroscuro che determina in maniera
lampante anche il percorso del personaggio centrale, ruolo di affascinante
ambiguità che Tecla Insolia sa governare con sorprendente equilibrio, si fa
preponderante il ricorso ai flashback (alcuni episodi decisivi della sua
infanzia, come la violenza subita dal padre, la morte della capra, il primo
approccio con l’amichetto Tuzzu, etc., arrivano in altrettanti momenti cruciali
della sua seconda vita) e assume sempre più importanza l’insistito ma mai banalizzato
riferimento all’ombra che, in più di un’occasione, accompagna l’incedere di
Modesta (insieme a quella carrellata evocativa nel campo bordo strada dove, di
volta in volta, si aggiungono i morti che la ragazza si lascia dietro di sé),
che in quell’incendio iniziale perde la madre e la sorella maggiore, disabile,
solamente le prime due di una lunga serie.
Sicuramente audace nel saper restituire quel tumulto
d’emancipazione che animava le pagine del libro, la serie – cosa peraltro mai
nascosta dalla Golino anche durante la lavorazione – non vuole farsi
trasposizione “fedele” per quello che riguarda l’intera dinamica di fatti e/o
situazioni, piuttosto incarnare del romanzo la mutevolezza e lo squilibrio che
ne caratterizzava l’indole, così sfumata, irregolare e anche per questo
difficilmente collocabile in “un” genere…
Stupendo: un film dal valore estetico e umano meraviglioso, quella
firmato Valeria Golino e Gelormini. Il plauso cresce ancor di più se si pensa
che si tratta di un prodotto concepito per la tv- giustamente, vista
l’estensione. Eppure anche al cinema l’impressione è augusta. Ho visto il film
al cinema, nelle due puntate lunghe, ma mai noiose, da due ore e mezza l’una.
Come sempre, la Sicilia si conferma regina, italiana e forse
mondiale, per l’immaginario estetico che offre: tanto sociale e psicologico,
quanto artistico e paesaggistico.
Profondissimo lo scavo psicologico, autentico e sconcertante per
quanto la realtà possa essere terribile. Infatti un’opera d’arte non ha
bisogno, qui come purtroppo in tanti altri casi, di chissà quale creatività
nell’inventare trame, se parla del possibile e reale ruolo del dolore morale.
Il gabelliere amante è il padre che la violentò. Ippolito è la
sorella: entrambi, accomunati dalla disabilità, rivelano la splendida
sensibilità umana della protagonista Modesta – dimostrata anche dalla rinascita
del disabile Ippolito (una volta morta la sua terribile madre) che può vivere
normalmente grazie a Modesta, capace di compiere un miracolo umano ed
educativo, al netto della terribile e opportunista seduzione operata sul
minorato mentale. La nobile è la madre, arrogante. La coazione a ripetere guida
la protagonista…
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