Robert Mitchum investigatore sempre più in trappola, Kirk Douglas un cattivo, prima di Spartaco, e una serie di dark ladies che già la metà sarebbero state troppe.
diffida delle donne, sembra la morale della storia.
una sceneggiatura (anche di James M. Cain) che non lascia scampo, in un film ricco, senza tempi morti, con colpi di scena a ripetizione e dialoghi strepitosi.
non perdetevelo, merita molto.
buona (non femminista) visione - Ismaele
QUI il
film completo, in italiano
Splendido noir dell'età dell'oro del genere,
cupo, perso, ineluttabile, completo. Completo perchè a partire da un cast
perfetto contiene e sviluppa magistralmente molti dei punti salienti
dell'intero filone. Mitchum poi è uno dei grandi veri eroi noir che davanti
alla gabbia mortale tesa dal destino, reagisce con un
abbandono così inevitabile da risultare epico: il coraggio e la lealtà non
vogliono dire necessariamente salvezza, perché in fondo salvarsi in questo
mondo è inutile... La misoginia è ai massimi livelli: la donna verginale ed
innocente viene 'disintegrata' dalla terribile presenza delle dark ladies,
belle, infallibili, perdutamente malvagie. Tutto è (meravigliosamente)
codificato per esprimere le paranoie dell'americano medio anni 40, lasciando ben
poche possibilità di vedere la luce alla fine del tunnel. Il francese Tourneur
dopo i capolavori "horror" degli anni precedenti, centra un must del
cinema USA di tutti i tempi, dove i superbi dialoghi portano lo spettatore in
uno stato ipnotico magistrale, in balia del commento fuori campo e di uno dei
duelli psico/verbali più riusciti della storia della settima arte,
Douglas/Mitchum. Nella "Biblioteca del Concresso
degli Stati Uniti d'America" tutta la vita! Come al solito
i titolisti italiani del periodo, rivoluzionando il concetto dell'originale Out
of the Past (fuori-ritorna dal passato) scelsero un titolo più affascinante,
ribaltando però l'approccio all'opera con una visione della 'colpa' tipicamente di morale cattolica, mantenendo per
fortuna l'idea dell'impossibiltà di fuggire dal proprio fato con l'uso della
parola 'catene'.
…Le composizioni visive di Tourneur sono
molto interessanti e paiono per certi versi assimilabili ad una idea
pittorico-fotografica: simmetrie, contrasti scenografici tra gli sfondi
naturalistici e l’opera costruttiva dell’uomo, distanze tra gli attori in
ambienti spesso ampi, come il soggiorno della casa di Jim, dominato dalle sue
enormi vetrate, quasi un acquario a metaforizzare i due pesci in trappola. O
ancora come la casa di Kathie ad Acapulco, in cui Tourneur adotta una soluzione
filmica pazzesca, scaricando totalmente sull’immaginario dello spettatore
l’azione tra i due amanti che l’autocensura dell’epoca aveva impedito potesse
essere minimamente rappresentata. Kathie porta infatti Jeff per la prima volta
nella propria abitazione (piena di "mobili di bambù e soprammobili
messicani") per ripararsi da una pioggia torrenziale: lui le
asciuga i capelli nonostante lei sia riottosa, la bacia sul collo, poi
scaraventa via l’asciugamano che finisce su un lume che cascando per terra si
spegne, mentre il vento apre le porte dell’ampia dimora. La mdp segue il vento
e riprende il giardino con le piante grasse che danno l’idea dell’ambientazione
tropicale. Pochi secondi dopo nuovo cambio scena, la mdp ritorna nella stanza
riprendendo Jeff che chiude le porte e come se nulla fosse successo (ma è
accaduto nella nostra testa) i due si concentrano sulla fuga verso San
Francisco. Semplicemente geniale, quasi un emblema del noir seduttivo e
maledetto…
…Esta frontera actitudinal de fondo, entre el ansia de
felicidad suburbana por un lado, región de los propios e indelegables
intereses, y el sentirse bajo el control de terceros incluso más inescrupulosos
por el otro lado, como una Moffat que tiende a procurar caer siempre bien
parada a pesar de esa perfidia de puñales en las espaldas del protagonista y la
criatura del genial Douglas, hoy en su tercer trabajo para el séptimo arte,
abarca tanto las amenazas y las trampas a lo telaraña atávica como la
hipocresía y una atracción que insta a los zonzos a tropezarse incansablemente
con la misma piedra, en este sentido recordemos que la femme fatale de la
encantadora Greer cambia de bandos como de bombacha y a fin de cuentas tampoco
queda en claro si prefiere el sadomasoquismo de la relación con el mafioso o la
aparente utopía de estabilidad futura con el ex detective privado, amén de la
meta conjunta e insistente de procurarse un techo, ajustar cuentas pendientes
con los canallas titulares o secundarios, llevarse una moneda por servicios
amatorios prestados -a Jeff primero le dice que no tomó esos 40 mil dólares de
su pareja, sin embargo el susodicho los encuentra en una libreta bancaria- y/ o
tratar de evitar el presidio, su destino más probable a raíz de esa propensión
a disparar contra machos exaltados del montón. Tourneur, en gran medida, con el
fluir de los años se convertiría en el modelo ineludible del cineasta de
raigambre Clase B, un técnico consumado en el difícil arte de mantener elevada
la tensión y un autor polirubro que sin grandes discursos se movía a sus anchas
en la dialéctica de lo obvio, léase esto de señalar las disyuntivas del
canibalismo comunal y los puntos muertos y las zonas grises a escala ética de
los rediles a veces interconectados del amor, los negocios, las amistades y los
vínculos públicos y privados más heterogéneos. A la mentira como moneda de
cambio se suma toda esta elegancia decrépita y la pretensión de “no
interferencia social” de los sujetos como si dicho afán fuese un derecho a la
memoria o a su contracara, la amnesia, que no tolera imposiciones del exterior,
latiguillo retomado en la floja remake de los años 80, El Poder y la Pasión (Against All Odds, 1984),
de Taylor Hackford, y en muchas obras por venir de arcanos sórdidos y
autopistas hacia una efusividad dormida, como Una Historia de Violencia (A History of Violence,
2005), de David Cronenberg, y Nadie (Nobody, 2021), de Ilya
Naishuller, por ello aquí el castillo de naipes de la estación de servicio y la
esposa en ciernes del personaje de Mitchum, enorme bestia sagrada de la
pantalla cuyos ojos, gestos, semblante sereno y disposición física cuasi felina
agazapada están planeados al dedillo, viene a tapar el dolor por la
desaparición facilista y cobarde de la femme fatale, suerte de ortopedia
emocional de los recuerdos que se desarma cuando alguien reconoce al yo oculto
del pasado y a éste no le queda otra opción más que salir de la oscuridad,
renunciar a su “segunda oportunidad” hollywoodense marca registrada y retornar
al huracán de traiciones, juegos mentales y máscaras de la más variada
naturaleza para ya dejar de autoengañarse y aceptar que algunas decisiones de
antaño no tienen marcha atrás ni pueden perdonarse.
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