un bambino orfano di padre non sa rassegnarsi.
ha una mamma forte e un amico, un po' sfigato, ma di quelli veri.
e poi c'è lo squalo.
Walter riuscirà a salvarsi da un destino segnato (o quasi), speriamo.
opera prima positiva, non sarà un film perfetto, ma riesce a convincere.
buona (orfana) visione - Ismaele
…Denti
da squalo è un inizio interessante e a
tratti originale per come mette in scena il tema del lutto. L’aspetto
insolito sta nella scelta del personaggio-simbolo dello squalo, rappresentativo
della paura e dello status di eroe al quale Walter
ingenuamente aspira. Il rapporto con l’animale-predatore è infatti proficuo al
protagonista nel fare i conti con il passato del padre.
Nella
prima parte del film, dopo il primo incontro con lo squalo, il tredicenne
subisce il fascino del mondo criminale perché quell’ambiente gli sembra la sola
via possibile per recuperare l’eredità paterna. Nell’ultima parte invece
ritroviamo un Walter finalmente pacificato con la redenzione del padre, da
sempre considerata dal figlio la causa della sua morte. Tale riconciliazione
coincide con la liberazione dell’animale in mare.
Poco
riuscite invece le rappresentazioni dei personaggi del Corsaro e del padre che
avrebbero potuto occupare un ruolo maggiore nella crescita del piccolo
protagonista.
…Si viene sbalzati fuori dai discorsi “da
grande” messi in bocca al piccolo Walter, da certe dinamiche davvero troppo
trite e ritrite, da un accompagnamento musicale che satura senza tregua lo
spazio di alcuni silenzi che così diventano inspiegabili cacofonie. Il film di
Gentile non si prende il giusto tempo per respirare e quando lo fa, come
nell’occasione dell’incontro con il personaggio di Edoardo Pesce (in poche
battute fa schizzare in alto il lato favolistico più sporco e barbaro), è forse
tardi. Anche perché in coda si aggiunge poi un finale sensato ma troppo
macchinoso, troppo mostrato alla camera, un po’ come avviene lungo tutta
l’opera con lo squalo a cui sono riservate un numero di inquadrature eccessive
ed insistite per quella che è l’aura che il film vuole evocare.
Insomma, Denti da squalo si trova nel mezzo
così come avviene per il suo piccolo protagonista. Da una parte imbocca in modo
decisamente intrigante l’idea della sospensione, del blocco, della riflessione
grazie ad azzeccatissimi incipit, lavoro sulle location e progressivo
disvelamento del mistero. Poi si concede al dire e fare le cose battendo
sentieri già noti, schiacciandoci addosso a un dramma che vuole farsi crudo,
urlato, che vuole strappare il velo dell’innocenza e allora forza la mano alla
narrazione e ai suoi meccanismi da racconto incantato.
…Il regista, tra
fiaba e reale, lancia la sua cinepresa in direzione della torre, dimora
del Corsaro, dove il paragone tra immaginario e non è palese.
La torre nelle fiabe per eccellenza è il luogo in cui la bella è in attesa del
salvatore che la liberi dalle fauci del drago e dalla sua prigionia. Qui è il
piccolo Walter che lancia un muto grido di aiuto soffocato
dall’orgoglio, teso alla liberazione dalla confusione provocata dall’assenza –
presenza paterna e dal suo confronto.
Davide Gentile,
con la sua leggenda urbana, entra nel cuore del suo spettatore, facendolo
tuffare nelle profondità delle emozioni, in un viaggio audiovisivo dalle mille
sfaccettature e contrasti, che conferiscono alla pellicola quel carattere umano
che scopre la perfezione di un essere imperfetto e che invita all’andare oltre
l’apparenza di ciò che si vede, scavalcando le barriere dell’irriflessività,
oltre i confini del pensiero prevedibile.
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