nella "civile" Inghilterra, e non solo, negli anni '70, fu uno scandalo.
mostrare omosessuali senza giudicarli dei mostri fu veramente un colpo da maestro, con attori bravissimi.
Alex e Daniel si dividono l'amore dello stesso uomo, non essendo capaci di averlo in maniera esclusiva.
loro sanno tutto e sopportano la situazione, anche se vorrebbero di più, ma non è nelle loro corde pretendere e costringere, sono soli e rassegnati.
soffrono, ma non riescono a uscirne, un po' di amore è meglio di niente.
le ultime parole di Daniel davanti alla cinepresa sono memorabili.
un film da non perdere, promesso.
buona (sofferta) visione - Ismaele
ps: appare per pochi secondi Daniel Day-Lewis, bambino teppista.
QUI il film
completo, in italiano
…Quello che appassiona è lo studio dei personaggi, la
loro inquietudine, quella che in realta' è la loro solitudine sempre presente
ma che è messa a nudo solo con la partenza dello scrittore. Uno stile piu'
mansueto rispetto agli scarti umorali e stilistici del free cinema inglese lo
fa distinguere da altri titoli inglesi del periodo, a firma di Lindsay Anderson
o Tony Richardson. Ma la forza di risollevarsi è la stessa, il parlare di certi
temi a cuore aperto (come l'omosessualita' dichiarata dei due protagonisti
maschili) riporta alla mente quella stagione cosi' feconda artisticamente. I
protagonisti danno tutti una straordinaria prova di loro stessi...
Un film stupendo che non tramonterà mai come esempio
di realismo e poetica cinematografica.
Schlesinger in formissima dopo i successi di Midnight
Cowboy che gli avevano dato fama mondiale affrontava un'opera intimista che
visti i temi trattati appariva molto difficile da realizzare ma che meglio non
poteva riuscire: 9 giorni di vita vera senza cadere mai nella commedia o nel
dramma rimanendo a contatto con i tre magnifici protagonisti quando si
svegliano ed aprono gli occhi, quando si dedicano al lavoro e poi staccano,
quando affrontano le azioni del quotidiano, quando si amano il tutto diretto
con una grande leggerezza concedendo spazio ai silenzi, agli sguardi
malinconici ai particolari.
La sceneggiatura matura di Penelope Gillat parlava di
un uomo annoiato che si divideva fra un dottore non più giovanissimo ed una
donna che aveva un matrimonio fallito alle spalle, Schlesinger reinventò il
personaggio centrale del triangolo in un giovane ambizioso inventore per cui la
doppia relazione non è un'ancora di salvezza alla solitudine, ma la
consapevolezza di una emancipazione sempre più crescente in una generazione
diversa per cui nascondere la propria sessualità non è più obbligatorio al
contrario degli altri due estremi più avanti con l’età e costretti sempre a
scontrarsi con le pressioni dei familiari e quindi con vecchie regole sociali.
L’omosessualità non è più raccontata con timore ma con rispetto ed
intelligenza.
Fece epoca il bacio fra Head e Finch ma anche il
finale quando la Jackson e Finch si incontrano in quella maledetta domenica è
indimenticabile.
Un grandissimo film che viene più apprezzato oggi che
alla sua uscita
… Rispetto alle due opere altrettanto importanti e straordinarie
firmate da Dearden e Richardson che sono le più “affini”, il film di
Schlesinger “osava” indubbiamente molto di più (vedi il bacio appassionato fra
Peter Finch e Murray Head che tanta indignazione suscitò nei benpensanti): non
si era infatti praticamente mai visto qualcosa di così esplicito in un film non
di nicchia destinato al grande pubblico, e fu di conseguenza scambiato per una
provocazione, mentre intendeva essere tutt’altro che una forzata e voyeristica
esibizione. Quel “gesto” appassionato ma casto, è infatti l’elemento qualificante
che caratterizza l’opera, e come tale, non poteva che essere esposto in
assoluta evidenza, ma solo al fine di far percepire la corrispondenza di un
sentimento naturale che si estrinseca con le stesse forme partecipative sia nel
rapporto uomo/donna che in quello fra due persone dello stesso sesso. Il
rifiutarlo con tanta cocciuta e becera determinazione, fu dunque a mio avviso
un tentativo estremo di difesa della società bigotta e conservatrice
finalizzato a esorcizzare la sua paura del “diverso”.
C’è da domandarsi semmai come il regista sia riuscito
a far approvare tale concessione (anche da parte dei due attori impegnati nella
performance che furono davvero molto coraggiosi non solo nell’accettare, ma
anche nel rappresentare con assoluta veridicità e trasporto, quel momento
cruciale dell’intera pellicola). Credo (ma è una mia opinione personale) che
questa fondamentale “libertà” gli sia stata accordata in virtù del clamoroso
successo internazionale ottenuto dalla sua precedente fatica girata in America
(e mi riferisco a Midnight Cowboy -Un uomo da marciapiede)
che già sviluppava tematiche abbastanza particolari anche se maggiormente
concentrate sul rapporto di amicizia e di mutuo soccorso di due emarginati
fuori dagli schemi.
Quello che è importate comunque, è il fatto che
qualunque sia stata la ragione, Schlesinger ha avuto così l’occasione di fare
un film in fortissimo anticipo sui tempi tornando a parlare (ma allargando
notevolmente l’orizzonte) delle relazioni umane e delle loro complicanze,
mettendo così di nuovo a fuoco una questione spesso centrale nel suo cinema a
partire dalla sua opera d’esordio A Kind of Loving – Una maniera
d'amare, e cioè che non sempre (o addirittura quasi mai) queste
alla fine – e soprattutto quando riguardano la sfera sentimentale - collimano
perfettamente con l’idea astratta che ci si è fatti di ciò che dovrebbe essere
inteso come “amore”.
Sarà stata dunque questa presunta "temerarietà
dell'assunto" a spiazzare un pubblico preso di contropiede e a indurlo al
rifiuto soprattutto in America? Per la verità non è che in patria
(l’Inghilterra) gli sia andata molto meglio non solo come incassi, ma anche
come critica, una parte della quale definì il film un’analisi
abbastanza superficiale di un rapporto a tre aggravato da un’insolita e
perniciosa pulsione omoerotica, liquidando di fatto con pochissima
indulgenza un’opera che nonostante i tanti “no”, non tardò molto a diventare un
piccolo “cult” da venerare.
…It is with the two older characters that we get to the core of the
movie. In a world where everyone loses eventually, they are still survivors.
They survive by accommodating themselves to life as it must be lived. The
doctor, for example, is not at all personally disturbed by his homosexuality,
and yet he doesn't reveal it to his close-knit Jewish family; maintaining
relations-as-usual with them is another way for him to survive. The woman tells
us late in the film, "Some people believe something is better than
nothing, but I'm beginning to believe that nothing can be better than
something." Well, maybe so, but we get to know her well enough to suspect
that she will settle for something, not nothing, again the next time.
The glory of "Sunday Bloody Sunday" is supposed to be the
intelligent, sophisticated -- civilized! -- way in which these two people
gracefully accept the loss of a love they had shared. Well, they are graceful as
hell about it, and there is a positive glut of being philosophical about the
inevitable. But that didn't make me feel better for them, or about them, the
way it was supposed to; I felt pity for them. I insist that they would not have
been so bloody civilized if either one had felt really deeply about the boy.
The fact that they were willing to share him is perhaps a clue: They shared him
not because they were willing to settle for half, but because they were afraid
to try for all. The three-sided arrangement was, in part, a guarantee that no
one would get in so deep that being "civilized" wouldn't be
protection enough against hurt…
…Esta
película pertenece específicamente al nicho de películas que en su momento
causaron sensación, pero ahora son consideradas “passé”. Sin embargo, eso no
impide que sea una de las cintas británicas más interesantes de la historia –
si tomamos en cuenta el clima histórico y el país. Filmada en el otoño de 1970,
esta cinta la realiza Schlesinger cuando ya es un cineasta consumado: Midnight
Cowboy había obtenido un Oscar como mejor película – algo inaudito,
ya que era clasificación “X” y trataba (aún si lo hacía de un modo muy sutil)
acerca de homosexuales-, y con filmes como Billy Liar y Darling había
expuesto aspectos de Inglaterra que no habían conocido la crudeza de su cámara
casi documental: en la primera, el tema son las inquietudes juveniles de un
muchacho rebeldón y en la otra muestra cómo una trepadora social pasa de la
clase media a la aristocracia de cama en cama... pero básicamente es una buena
chica.
Basado en un guión de Penélope Gilliatt, celebérrima crítica de cine para
el New Yorker y el London Observer y ex
esposa del famoso dramaturgo John Osborne, Sunday, Bloody Sunday –
y no, de ella no tomó U2 el título de su canción, sino de los disturbios del 30
de enero de 1972 en Irlanda del Norte- cuenta la historia de siete días en las
vidas de tres personajes y cómo éstas se entrelazan. De hecho, el slogan de la
película era: “It’s about three gentle people. They will break your heart.”
Cuando inicia la película, conocemos al doctor Daniel Hirsh (el formidable
Peter Finch), un médico de cierta edad y buena posición social, que vive en un
buen distrito de Londres. De ascendencia judía, Daniel es un profesional
dedicado, correcto, bien educado. Le preocupan sus pacientes y cultiva diversos
intereses. Es viernes por la tarde y él espera una llamada. En esa época
existían “Answering Services” – servicios de recados- que eran utilizados por
personas demasiado ocupadas para tomar llamadas. No existía la “llamada en
espera”, ni el celular ni los correos de voz, ni los beepers: uno
avisaba al servicio dónde estaría y ellos lo contactaban. Para alguien en la
profesión médica era muy importante…
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