il film ha una sceneggiatura che è un crescendo lungo tutto il film, sviluppandosi in direzioni che non sempre ti aspetti (meno male!).
il prof Gary si trasforma in Ron, per arrotondare e per provare a cambiare vita.
il suo compito è quello di evitare omicidi su commissione, arrestando in anticipo il mandante.
fino a un incontro che cambia la vita (ah l'amour l'amour...), Ron incontra Madison, è intesa a prima vista, in fondo vogliono le stesse cose, anche se non sempre in modo legale.
attori tutti bravissimi, come il regista, d'altronde.
un film che non delude, promesso.
buona (innamorata) visione - Ismaele
…Hit Man è
un film scritto benissimo, con dialoghi taglienti e cadenzati al secondo,
perché basterebbe infilare una battuta al momento sbagliato per far crollare il
tutto. E non succede. Ed è un lavoro che riflette sul concetto di
identità. Di chi si è veramente, motivo che investe anche le
caratteristiche del film stesso, (volutamente) impossibile da
inquadrare o classificare. Senza spoilerare nulla, perché sarebbe un
delitto in piena regola, visto che questo è proprio il genere di film che non
si gusta se si dovesse sapere mezza cosa in anticipo, possiamo limitarci ad
arguire insieme che se un individuo, un placido docente
universitario, considerato un mezzo sfigato dai suoi stessi studenti,
improvvisamente si ritrova per i giochi del caso e della necessità a dover
incarnare un killer freddo e spietato con il compito di incastrare i
committenti, potrebbe, immagino, subire qualche sconquasso a livello personale,
che nella narrazione si traduce nei misunderstanding che
da sempre caratterizzano la commedia dai Menecmi di
Plauto in avanti (anche se Plauto suppongo non li chiamasse misunderstanding.
Forse). Per farvi capire, qua sotto vedete come il professore scende dal
furgone che funge da centrale operativa per iniziare la sua carriera di
credibile sicario. Ecco, nella distanza che intercorre tra Gary lo
sfigato e Ron il superfigo, contemplando nella stessa distanza le conseguenze
che si generano, sta tutto il film….
…Commedia degli omicidi, con una
sceneggiatura da applausi, il film mette in scena il denominatore comune che
esiste tra l'arte dell'esistenza e quella dello spettacolo, per il tramite di
un Laurence Olivier del lavoro sotto copertura. Il risultato è un susseguirsi
teso e divertente di colpi di scena e di duetti e triangoli eccellenti; una
farsa degli equivoci solcata da una vena più scomoda e dark, che scorre ai
confini estremi della morale e dell'educazione delle giovani menti.
Un film che appare leggero, ma, di nuovo, è solo un travestimento. Ci vuole
un'esecuzione perfetta, infatti, per mascherare con naturalezza un'architettura
complessa.
Tra
voice-over d'ordinanza e spezzoni di film cult - viene addirittura citato un
cult nipponico per eccellenza come La farfalla sul mirino (1967) - il gioco di
Richard Linklater è un divertissement di gran classe, aggiornamento farsesco di
una vicenda realmente accaduta, qui traslitterata ad un intrattenimento sì a
prova di grande pubblico ma ben più sagace della media. La love-story tra un
finto sicario che agisce sotto-copertura per incastrare i mandanti di omicidi
che devono ancora avvenire e una donna che intende assassinare il marito non
nasce certamente sotto i migliori auspici, ma si evolve su linee inaspettate e
sorprendenti, pronta sempre a spiazzare il pubblico. Una commedia romantica
venata di action e di tensione, popolata da battute irresistibili e da gag
frizzanti, dominata dall'alchimia che lega indissolubilmente i personaggi di
Glen Powell e Adria Arjona.
…Quintessenzialmente
indie e gioiosamente inattuale, leggero e mai frivolo, Hit Man scavalca
il biopic per svincolare la storia dal dato biografico: come Gary, il film
passa dal divertimento della commedia al ritmo dell’action, adotta il côte
romantico e attraversa il thriller con il sottofondo noir a ricordarci il
contesto, sconfina nell’umorismo meno accomodante e non rinuncia a momenti
malinconici. Non si tratta di un gioco intellettuale in cui la struttura
rispecchia il personaggio, ma di un film clamoroso, sostenuto da una
sceneggiatura magistrale per la perfetta costruzione narrativa e
l’irresistibile precisione dei dialoghi (Billy Wilder ne sarebbe stato
compiaciuto), scritta da Linklater con Glen Powell.
Attore
– anche produttore, uno e trino – già nel giro del regista – sono entrambi
texani – dai tempi di un film sottovalutato e magnifico come Tutti
vogliono qualcosa!! che qui è francamente memorabile, credibile in
ogni travestimento (compreso quello nerd: mica è facile per un sex symbol
essere attendibile come sfigatello senza ricorrere a trucchi e magheggi),
completamente consapevole del ruolo cucitogli addosso e anche dell’importanza
di un film del genere nella sua carriera. È un po’ la prova definitiva del suo
star power: cronologicamente è successivo a Top Gun: Maverick, ma
per motivi di distribuzione arriva dopo l’imprevisto successo di Tutti
tranne te che l’ha reso un reuccio della commedia commerciale capace
di rinverdire il parterre hollywoodiano (è un momento decisivo per il settore,
vedasi le ascese dei millennials Timothée Chalamet, Zendaya, Jeremy Allen White
e Sydney Sweeney). Powell guida un cast intonatissimo, in cui si distinguono
l’ammaliante Adria Arjona, la stand-up comedian Retta e Austin Amelio come
poliziotto fuori di testa. Nel cinema degli Stati Uniti, Linklater conferma una
doppia appartenenza: quella allo stato del Texas e quella allo stato di grazia.
…Al formidabile duo Linklater-Powell andrebbe
aggiunta anche la portoricana Adria Arjona, sensualissima e “pazza” nei panni
di Madison. L’intesa tra i due è perfetta, attraversa tutte le sfumature
possibili di una relazione a due (l’ironia, il sesso, l’idealizzazione, la
bugia, l’omicidio) e raggiunge il culmine nella grandissima scena in cui Gary e
Madison sono spiati dalla polizia e devono allestire un dialogo fasullo mentre
le informazioni “vere” passano attraverso messaggi scritti sullo
smartphone. Hit Man. Killer per caso procede
spassoso, seguendo il ritmo e le variazioni di una partitura jazz. Ma in
filigrana Linklater riflette sul concetto di identità, immaginazione,
desiderio, mandando qua e là stilettate all’endemica violenza della società
americana e al fallimento di ogni classificazione sociale e comportamentale.
C’è dentro anche una riflessione sull’immaginario pop e cinematografico sulla
figura del sicario. “I sicari non esistono, la gente ci crede perché li ha
visti nella fiction” racconta il protagonista agli spettatori, dando il via a
un continuo rimando di maschere e perversioni tutto consumato in una dimensione
di finzione. Ecco. Se c’è un film straordinariamente lucido sulla reinvenzione
della morale e sulle trasformazioni emotive, sentimentali e culturali degli
esseri umani è questo.
Nessun commento:
Posta un commento