povero Peter, ragazzino maltrattato da tutti (ma non dalla maestra). figlio unico di una coppia perfettina che qualche scheletro nell'armadio (meglio, nelle pareti).
Peter conoscerà la verità su tutto, a rischio continuo della vita.
naturalmente noi parteggiamo per Peter e la maestra Devine, contro la famiglia mortifera.
buona (ragnesca) visione - Ismaele
… Ma ciò che rende Cobweb così efficace nell’intrappolarvi
tra le sue elusive increspature è la messa in scena di una
famiglia perfettamente instabile e snervante. La 41enne Lizzy Caplan
(che non bazzicava il genere dai tempi di Cloverfield del 2008) si cala a fondo nel ruolo di
Carol, una madre apparentemente da favola che vuole solamente disperatamente
apparire come una semplice normale mamma dei sobborghi.
Questo senso di forzata normalità si
riflette adeguatamente in Antony Starr, che prende la follia supereroistica del
Patriota di The Boys e la avvolge in comode camicie a quadri
per poter passare per un bravo padre qualsiasi.
Ma è fin troppo chiaro che c’è qualcosa di
profondamente sbagliato in questo idilliaco quadretto, qualcosa che
sta strisciando piano piano da dietro le pareti di casa e che disturba il loro
sogno famigliare accuratamente custodito, qualcosa che sta arrivando proprio
per Peter.
Samuel Bodin rivela a poco a poco esattamente
quale questa minaccia sia, in un modo che non delude mai (una rarità
per i film che si prendono i loro tempi come Cobweb), e impiega le capacità
vocali non di uno, ma di due attori esperti – Ellen Dubin e Jesse Vilinsky –
per conferire una sottile complessità a ciò che conosciamo solo come ‘la
Ragazza’, che sussurra a Peter e gli suggerisce che tutte le sue paure riguardo
ai suoi genitori sono corrette.
Il più grande successo di Cobweb risiede così
nell’ambiguità, nel condurre per mano
la storia verso la sua inevitabile conclusione senza mai sacrificare quella
fondamentale qualità per un horror che voglia lasciare un segno.
E anche l’introduzione della centellinata Cleopatra
Coleman (vista anche nel recente Piscina Infinita) nel ruolo
della Signorina Devine, l’empatica e sospettosa insegnante che cerca di salvare
Peter, non appare qui come il solito cliché abusato che potrebbe sembrare
all’inizio…
…E non vi è alcun
dubbio che, più nel bene che nel male a dirla tutta, un film come Cobweb risulti
inevitabilmente fuori dal tempo e, in un certo qual modo,
pure fuori tempo massimo; non tanto per la sua voglia
di giocare sul pericoloso e tagliente filo degli archetipi – i più cattivoni
preferiranno chiamarli cliché -, quanto piuttosto per la sua
straordinaria capacità d’incutere una sana, genuina e fottutissima paura. Una
paura d’altri tempi, non c’è che dire, di quando, per l’appunto, i beneamati
filmacci de paura non volevano far passare a forza (e per
forza) subliminali messaggi politici o schierasi pro o contro il dato
gruppetto etnico o minoranza offesa, preferendo piuttosto arrivare
spensieratamente al nocciolo dell’orrorifca questione evocando quei semplici e
onesti brividi che ogni affamato cinefilo, per quanto snob o di palato fino, da
sempre brama.
Stavolta ad aver
paura non è certo l’ipocondriaco Beau partorito dalla
surreale fantasia di Ari Aster, quanto piuttosto il giovanissimo Peter (Woody
Norman) messo in scena dal buon Samuel Bodin: un ragazzino fragile, solitario,
ferocemente bullizzato e prigioniero delle maniacali cure di due genitori
(Lizzy Caplan e Antony Strarr) che, dietro al loro opprimente affetto e al
tassativo divieto di racimolare dolciumi di Halloween nello stesso quartiere in
cui una pischellina fece misteriosamente perdere le sue imberbi tracce, paiono
nascondere qualcosa di losco. Ma il profondo disagio del nostro piccolo protagonista
– subodorato lontano un miglio dalla nuova scaltra supplente Miss Devine
(Cleopatra Coleman) – non potrà che trasmutarsi in autentico terrore notturno
quando, insieme a strani rumori e inquietanti incubi d’ordinanza, una
raggelante vocina inizierà a far capolino da dietro una crepa nel muro della
solitaria e lugubre cameretta. Una voce da un altro luogo piuttosto
che da un altro mondo, la quale accompagnerà il tutt’altro che
dolce sonno del terrorizzato fanciullo con disperate richieste di aiuto e la scioccante
affermazione di essere nientemeno che la sua mai conosciuta né nominata
sorellina Sarah, rinchiusa tempo addietro da quegli stessi Mamma e Papà che
paiono ormai sempre più intenzionati a replicare il macabro copione anche con
quello che, alla luce dei fatti, parrebbe essere non più il loro primo ma bensì
secondogenito. I panni sporchi, dunque, tocca sempre e comunque lavarseli in
famiglia; almeno stando a quanto il cinema de paura dell’ultima
decade pare averci voluto opportunamente insegnare a forza di pellicole che,
come lo svedese The Other Side, il misconosciuto Dreamkatcher e
il sorprendente Son di Ivan Kavanagh, sprangata la porta e
serrate le imposte hanno permesso al Male di scatenarsi fra e
sopratutto dietro le quattro mura di quell’accogliente
alcova nella quale ogni sera, al ritorno dalle quotidiane occupazioni, siamo
soliti appende borsetta, zaino e cappello…
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