il film è tratto da un testo teatrale, quasi tutto è girato in un appartamento, con pochi attori, davvero bravi, Audrey Hepburn (Susy) per prima.
tre delinquenti cercano di trovare una bambola, ripiena di eroina, con l'aiuto di Susy, con tranquillità, ma le cose peggiorano, Susy capisce, le cose diventano violente, non solo psicologiche.
e per fortuna che c'è Gloria.
un film da non perdere, nessuno se ne pentirà.
buona (cieca) visione - Ismaele
QUI si può vedere il film completo, in italiano
Masterpiece. Spettacolo per 107 minuti, la parte
finale è da vedere e rivedere. Audrey Hepburn oltre i confini, strabiliante.
Sam, un
fotografo, e sua moglie Susy, rimasta cieca in seguito ad un incidente, vengono
casualmente in possesso di una bambola imbottita di droga che viene attivamente
ricercata da tre delinquenti. Costoro, allontanato con un trucco Sam, si recano
da Susy spacciandosi rispettivamente per un intimo amico di Sam, un poliziotto,
ed un uomo alla vana ricerca della moglie. Susy non sa però dove si trovi la
bambola e, con la sensibilità propria dei ciechi, riesce a rendersi conto
dell'inganno. Resta tuttavia alla mercè dei banditi che la isolano totalmente
dall'esterno...
Audrey Hepburn (Susy) ha ricevuto la nomination all'Oscar '68 come Miglior Attrice.
Il film è
stato uno dei più popolari dell'anno, guadagnando nel Nord America 7.350.000$.
Film poco conosciuto che io stesso ho visto in maniera quasi casuale. Thriller-Giallo molto hitchcockiano, ben diretto ma soprattutto con una Audrey letteralmente clamorosa. Una prova straordinaria, dal primo all'ultimo minuto. Mi è piaciuto molto anche Richard Crenna, il falso amico di Sam.
Mi viene difficile trovare lati negativi, mi ha preso completamente. Credo sia un film assolutamente da riscoprire.
Voto 10/10 Uno dei più belli che abbia mai visto.
...Se
prima la tensione era stata seminata e gestita in modo sapiente, il regista la
fa' esplodere alla grande negli ultimi 20 minuti; e così passiamo da un ottimo
film con derivazioni Hitchockiane, all'originalità che riesce a rendere questo
film un qualcosa di mai visto sino ad allora. Suzie Hendrix ci porta nel suo
mondo fatto di tenebre ed oscurità totale; dove lei è in vantaggio e gli altri
hanno l'handicap. Questa maturazione è esemplificata da una frase della
protagonista, che alla minaccia di Mike, uno dei tre criminale, risponde
"Ma come no; io faccio quello che voglio"; come dire... questo è il
mio mondo e qua comando io.
Terrence Young negli ultimi 10 minuti compie una riflessione interessante; se
il sonoro ha invaso il cinema riducendo spazio all'immagine, egli invece compie
l'operazione inversa, elimina l'immagine e riduce tutto a suono. Ci sentiamo
spaesati e senza alcun punto di riferimento; cechi ed impotenti nonostante non
abbiamo alcun handicap; ma tutto questo perchè non abbiamo mai affinato altra
capacità che non sia quella di vedere. Auspichiamo quindi una luce (che
ribaltando ogni concezione iconografica, in questo caso sancirebbe la sconfitta
per la nostra protagonista) che possa darci quanto meno un riferimento
temporaneo.
Onore al merito và dato anche al grande direttore della
fotografia Charles Lang (forse è un altro dei motivi per cui Young è riuscito a
fare un film di questa portata), che riesce a creare un'atmosfera plumbea,
soffocante ed opprimente, dimostrando poi nel finale tutte le sue notevoli doti
in materia con un lavoro fotografico pazzesco, mettendo in scena l'eterno
scontro tra immanenza e trascendenza in modo sbalorditivo…
Credo che Hitchcock non avrebbe saputo fare di meglio. Questa
vicenda, diretta da un Terence Young in stato di grazia, nonostante sia
piuttosto 'teatraleggiante', è manovrata con un'abilità incredibile e c'è un
crescendo di suspense magistrale (al punto da farci dimenticare qualche
incoerenza nella trama) che culmina in un finale veramente da urlo. Lo
spettatore è cosciente di tutto fin dall'inizio; anche se la Hepburn (qui nel
ruolo di una cieca) non vede, lui vede tutto ciò che le sta accadendo, compreso
il modo in cui ella sta essendo ingannata da tre banditi che vogliono rubarle
una bambola piena di droga. E mano a mano che la Hepburn capisce ciò che le sta
realmente succedendo, lo spettatore, nonostante sappia tutto fin dall'inizio,
comincia a fremere, il suo battito cardiaco aumenta e la tensione diventa
paralizzante, soffocante. E' come se anche chi guarda fosse stato accecato,
perché riesce totalmente ad identificarsi con la protagonista. E quando la
suspense raggiunge lo zenit nel finale ed anche chi guarda viene (stavolta sul
serio) accecato, non sembra esistere più certezza e pare impossibile fare
qualche previsione. Ma poi le luci si riaccendono ed il battito decelera e ci
si rende conto di aver visto un film che seppure abbia, lo ripeto, delle incoerenze,
è riuscito a trasmettere un'ansia angosciosa magistrale e credo sia questa la
cosa più importante in un thriller…
Mirabile sceneggiatura per un film quasi
perfetto, sostenuto da un trio di attori d’eccezione: Richard Crenna, prossimo
colonnello Trautman in RAMBO, Alan Arkin (non si vede moltissimo, ma dimostra
eccezionali capacità recitative) e Audrey Hepburn, vera protagonista del film,
intensa e credibile come non mai nel ruolo della cieca Susy Hendrix, che si
trova a dover fronteggiare (col solo aiuto della sua intelligenza e di una
piccola vicina di casa) le truffe combinate di tre loschi individui (a Crenna e
Arkin si aggiunge John Weston) decisi a tutto pur di riprendersi la bambola
imbottita di droga pervenuta a lei per caso. Il regista Terence Young dirige con sicurezza un film di derivazione hitchcockiana, con
molti momenti di vera suspense e un finale quasi horror che regge benissimo il
passo coi tempi. La sceneggiatura non perde un colpo (i pignoli potranno
trovare qualche piccola ingenuità, ma è ben poca cosa rispetto alla complessità
dell'intreccio, spiegato con grande chiarezza) e fa sì che praticamente non
esistano punti morti. L'impronta è teatrale, con la vicenda totalmente
ambientata, se si esclude il breve prologo, nella casa di Susy
(specificatamente nel salotto) e raccontata quasi in tempo reale (come lo fu NODO ALLA GOLA per Hitchcock,
quindi). Ottima la fotografia, con contorni nitidi e capace di esaltare gli
interni dell'appartamento, ben scenografati. WAIT UNTIL DARK, il titolo
originale, è ben più azzeccato della traduzione italiana, che peraltro è la
stessa di altri tre o quattro film diversi (evviva la fantasia!). Per essere un
film del 1967 è incredibilmente moderno e scorrevole e Stephen King ha ragione
ad amarlo (lo cita tra i migliori nel suo saggio “Danse Macabre”).
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