venerdì 27 novembre 2020

L'Alligatore - Daniele Vicari, Emanuele Scaringi

i giorni scorsi su Raiplay sono apparsi tutti gli episodi dell'Alligatore.

a partire dai romanzi di Massimo Carlotto si sono materializzati i suoi personaggi, la regia di serie A, come gli attori.

mi aspettavo qualcosa di buono, in realtà è tutto ottimo.

io, al posto vostro, se vi volete bene, non perderei un minuto, Raiplay vi attende, non ve ne pentirete, promesso - Ismaele


 

 

 

 

QUI si possono vedere i quattro episodi (ciascuno diviso in due parti) dell’Alligatore

 

 

 

Tra un criminale dalla pistola facile come Beniamino e un ossessivo pacifista come Max, si capisce che la banda messa in piedi dall'Alligatore per portare avanti questa sua nuova attività ha tutte le caratteristiche per essere fuori dal comune. Eppure funziona! Funziona per l'abilità degli interpreti per costruire le dinamiche tra loro (con menzione speciale per il rapporto costruito tra Martari e Thomas Trabacchi, che regala un favoloso Rossini); funziona per la scrittura sofferta che sorregge la storia e l'adatta con intelligenza dai romanzi di Massimo Carlotto. Funziona soprattutto per il look e le atmosfere messe in piedi da Daniele Vicari (e il co-regista Emanuele Scaringi) nel trascinarci in giro per i territori del nord est, tra location suggestive e splendidamente fotografate, toni da noir e sonorità blues.

Nel sintetizzare la recensione de L’Alligatore, non possiamo che ritenerci soddisfatti per la fiction messa in piedi da Daniele Vicari partendo dai romanzi di Massimo Carlotto: l’Alligatore trasposto con sofferta intensità da Matteo Martari è un personaggio affascinante che si accompagna da una banda alla sua altezza e si muove tra i territori del nord est italiano tra atmosfere suggestive da noir e la forte componente blues delle musiche.

da qui

 

Massimo Carlotto lo ha creato.

Igort, in Alligatore Dimmi che non vuoi morire, ne ha mostrato una prima versione.

Daniele Vicari e Emanuele Scaringi lo hanno reso tangibile.

L’Alligatore, serie tv tratta dalla celebre saga di romanzi, è finalmente diventata una meravigliosa realtà.

Il lavoro, che vede lo stesso scrittore padovano tra gli sceneggiatori, è infatti un piacere per gli occhi di appassionati (soprattutto) e non.

Districandosi tra gli scritti dedicati a Marco Buratti e la sua banda (nove romanzi e una graphic novel), L’Alligatore riesce a dare un’ampia visione di quanto riportato su carta dal 1995 al 2017.

Gli otto episodi, difatti, non solo riprendono tre romanzi della saga (La verità dell’AlligatoreIl corriere colombiano e Il maestro di nodi) ma riescono a rappresentare magistralmente tutto quel mondo noir tracciato negli anni.

Il punto di forza della serie tv è, senza dubbio, dato dalla perfetta amalgama tra riproposizione delle singole storie e la costruzione di una serialità interna.

In pratica, le avventure dell’Alligatore e la sua banda, pur essendo collegate tra loro, presentano una struttura particolare. Ogni storia è autoconclusiva – il che permette di leggere facilmente tutta la saga in ordine sparso, partendo chiaramente dal primo romanzo – e si ricollega ad uno specifico caso trattato dai protagonisti.

Vicari e Scaringi considerando proprio da questo presupposto, sono riusciti nel duplice obiettivo di riadattare quanto prodotto e collegarlo magistralmente attraverso una sottotrama che prende piede dal primo episodio.

A ciò va aggiunta l’ottima fotografia.

Un’ambientazione come quella in cui vive l’Alligatore non può che essere particolare. E in questo il reparto è stato più che impeccabile.

Le ombre, i vari torni di luce, il contrastro tra luci e ombre e il tenebroso scenario in cui si muovono i protagonisti sono tutto ciò che serviva ad un’atmosfera come quella descritta da Carlotto.

Magnifica, inoltre, è l’interpretazione degli attori…

da qui

 

La serie ha atmosfere noir e caratteristiche narrative che la inquadrano in una provincia italiana, solo apparentemente tranquilla. Ma in grado di risvegliarsi all’improvviso e di mostrare la propria carica esplosiva in molti settori.

La sceneggiatura, inizialmente procede per flash back per ricordare al telespettatore come il protagonista è finito in carcere. Per non aver voluto svelare il nome di una persona che era con lui. La potenza del racconto cerca di estrinsecarsi attraverso atmosfere buie, quasi Marco Buratti fosse inserito in un grosso budello nel quale si muove a volta a fatica, a volte tranquillamente.

Che la storia non sia facile da raccontare è chiaro fin dalle prime inquadrature. Tutte richiamano al classico noir della provincia italiana del Nord. Ad avere spessore luminoso sono le immagini dei paesaggi della zona circostante Padova, dove la serie è stata girata.Gli esterni, ripresi da un’ottima fotografia, conferiscono colore e luminosità a tutta la vicenda raccontata, altrimenti racchiusa in una sorta di gabbia oscura.

Ma tutto è voluto, studiato a tavolino per rendere le atmosfere dei romanzi di Carlotto che, per L’Alligatore, si è ispirato ad episodi della sua stessa vita. Il tutto, però, rimaneggiato da una sceneggiatura che non segue, nei contenuti, quanto, invece, è scritto nei romanzi.

da qui

 

L’Alligatore si muove tra le ombre del padovano, in quel Veneto di piccole vetrine e immensi retrobottega, che lo scrittore Luigi Meneghello descrisse come “una regione dove le contraddizioni continuano ad autogenerarsi in un flusso costante di opacità e splendore”. Il Veneto di Massimo Carlotto, sincero e spietato, ma mai macchiettistico. Un’epifania che lascia nel lettore la consapevolezza di ritrovarsi all’interno di quella “cartina al tornasole dell’Italia, nella quale la ricchezza, la bellezza, lo specchiarsi della realtà viaggiano su un’autostrada che non sempre intercetta le strade comuni”, scriveva Goffredo Parise.

da qui

 

 

 

2 commenti:

  1. Concordo, è veramente un piacere e me la sta godendo

    RispondiElimina
    Risposte
    1. sì, alla fine dici "già finito?"

      da marzo fra pranzo e cena ci siamo viste molte "serie" italiane, su Raiplay, alcune inperdibili, altre molto belle.

      l'ultima che abbiamo visto è "Gli orologi del diavolo", un gran bel film lungo alcune ore, a puntate.
      la comodità di Raiplay è che i ritmi della visione te li dai tu, senza aspettare il "rilascio" con i ritmi della tv (e altro pregio di Raiplay è che le puntate non vengono interrotte dagli spot pubblicitari)

      Elimina