Rainer Sarnet conosce una storia straordinaria e prova a farcela vedere.
inizio a guardare e resto a bocca aperta, vedo il film due volte in due giorni.
chi ha visto molti film dice che anche Rainer Sarnet cita molti altri film, ma nessuno crea dal niente, dopo la Bibbia e Omero chi non li ha letti e non li ha citati, anche senza volerlo consciamente (ma anche la la Bibbia e Omero non sono citazioni di citazioni?).
un bianco e nero straordinario ci racconta una storia d'amore, in un mondo dove l'amore non è necessario, per quasi tutti mangiare è l'esigenza vitale, ci si fa aiutare da dei robot primitivi, per i servizi dei quali si è disposti a vendere l'anima, tutto il resto viene dopo.
dentro il film ci sono mille suggestioni, mille immagini, mille invenzioni, e tutto si tiene, e niente è di troppo.
se vi volete bene cercate questo gioiellino, sarà una cosa diversa e inattesa - Ismaele
Un film unico, incredibile, pazzesco per me.
Siamo in Estonia, moltissimi anni fa.
Una piccola comunità contadina che porta avanti
stancamente le proprie vite.
Un bianco e nero di impressionante bellezza per
un film che racconta di spiriti fatti di vecchi utensili domestici, di un
Diavolo burlone che vive nel bosco, di morti che tornano nella terra per cenare
insieme ai vivi, della Peste che arriva sotto forma di caprone ma viene
inizialmente beffata dai paesani, di ostie che diventano pallottole e di tante
altre magnifiche storie, tradizioni popolari, credenze. Ma tutto inserito in un
contesto reale, la gente convive tranquillamente con questo.
Ma la cosa più straordinaria è che un film così
particolare, così pieno di cose, così assurdo, alla fine sia praticamente un
film che racconta di una storia d'amore, anzi, un film che racconta dell'Amore
Universale. E lo fa soprattutto con un pupazzo di neve che vi scioglierà il
cuore.
Immenso…
…Sarnet crea un’opera d’arte che avvolge completamente
lo spettatore all’interno del suo paesaggio: il suono della pioggia, il fruscio
delle foglie, lo scricchiolio della neve.
La fotografia di Mart Taniel bagna November di uno splendido bianco e nero, definito da
bellissime e affascinanti composizioni tanto da far sembrare il film ultraterreno e allo stesso
tempo reale. La sceneggiatura stratificata è un’interpretazione metaforica
di alcune emozioni universalmente semplici, dove le tradizioni cristiane si
scontrano con i riti pagani. Dal film emerge con precisione le
contraddizione che caratterizzano la società estone. Il paese è fiero di essere
una delle nazioni più atee d’Europa, eppure la superstizione e il
soprannaturale sono i motori principali che si colgono visionando il film.
La povertà e la pressione nel dover sopravvivere in
una simile società riduce i contadini al mero materialismo cinico ed a una
ossessiva sete di guadagno, lasciando poco spazio a sentimenti più teneri o
spiritualmente aperti. La maggior parte di questi ha venduto l’anima al diavolo
con qualche oscuro patto e non ha più molto da aspettarsi ne da pretendere
dalla propria vita.
Ed in questa marmaglia chiassosa e sporca che
lentamente ci trascina con sé, possiamo però scorgere un barlume di speranza
attraverso il romanticismo e il desiderio di amore, sebbene quest’ultimo peni a
sopravvivere in questi tempi bui. Una piccola e fievole luce può essere vista
attraverso le anime dei due protagonisti innamorati, essi desiderano
l’irraggiungibile arrivando a vendere le loro anime nel tentativo di
conquistare la persona amata, pur fallendo tragicamente. Perché l’amore è
l’unica cosa immune alla manipolazione umana, magica o satanica e non può
essere posseduto ne ingannato.
…A incarnare la
dimensione dello spirito slegata dalla materia, del desiderio svincolato dal
bisogno, troviamo invece tre figure di giovani, che sostanziano il versante
mélo del film, vero filo conduttore della dimensione emotiva del racconto:
Liina (Rea Lest) ama Hans (Jörgen Liik),
mentre questi a sua volta ama la figlia del barone (Jette Loona
Hermanis), nel rilancio continuo di una brama perennemente inappagata.
Lungi dall’indulgere nella descrizione dei meccanismi della seduzione, Sarnet
preferisce indagare il mistero dei volti, dei gesti, delle posture, attraverso
un certosino lavoro espressivo di tipo luministico, da cui ciascuno dei vertici
del triangolo emerge nelle proprie peculiarità sentimentali e psicologiche.
Hans personifica la forza vitale e diurna della giovinezza, tramite la
spensierata leggerezza dei movimenti e la limpidezza con cui il suo volto è
reso prevalentemente senza ombre, mentre Liina si colloca sul versante della
notte, dell’attesa paziente, della passione repressa, giocata sui chiaroscuri
perennemente contrastati che arabescano il suo viso. La giovane baronessa, dal
canto suo, incarna a un tempo l’enigma dell’eterno femminino e, più
prosaicamente, l’inaccessibilità del benessere, sintetizzati dall’incedere
algido e solenne della sua figura fra le comode stanze della villa padronale:
una persona e uno spazio preclusi a chi vive così prossimo, eppure così
distante, sotto il cielo funesto della necessità.
Sarnet non è
interessato all’approccio da documentario etnografico, quanto piuttosto alle
dinamiche espressive del racconto fantastico, rese dall’irrompere del surreale
o del grottesco nel quotidiano, dall’impari duello fra emozione e ineludibili
esigenze di sopravvivenza, fra romantici languori individuali e concreti
bisogni collettivi. November si configura come una
sontuosa Symphonie fantastique, in cui la poesia dell’immagine si
divora la prosa della narrazione e in cui ogni elemento visuale e sonoro
converge a formare una tessitura percettiva di rara suggestione. Se a osservare
sono altri occhi, un altro cinema è ancora possibile.
…Torniamo alla regia di "November" per accennare alla
potenza visiva e descrittiva degli spiriti maligni (i Kratt) fatti con
utensileria di casa e teschi meravigliosi nella loro maligna stregoneria (ma
non scordiamo il Kratt poeta...) e per sottolineare la genialità di fotografia
e location entrambe cupe opprimenti, claustrofobiche per poi aprirsi
improvvisamente in squarci esterni luminosi quanto malinconici. Assolutamente
geniale come il sottile sapore di humor che condisce il calderone.
Lo spettatore non si aspetti un fantasy- horror bensì la
trasposizione cinematografica di una vera e propria "maledizione".
Film coraggioso, inquietante, acuto nelle sue denunce e, in fondo in fondo,
creativo nella sua speranza (flebile) che l'amore possa rinascere dalle sue
stesse ceneri.
Da cineteca.
…Se le vicende non sono poi così
avvincenti rispetto alle premesse, è giusto sottolineare la bellezza estetica
di un film che ipnotizza lo sguardo inquadratura dopo inquadratura. “November”
è una gioia per gli occhi, Rainer Sarnet mostra un talento indiscutibile dietro
la mdp che ravviva persino quella
staticità di fondo presente nelle varie interpretazioni attoriali. Basato su un
romanzo di Andrus Kivirähk (best seller in patria), quella di Sarnet è un’opera
sull’amore e sulla possibilità di far sbocciare questa passione in un’epoca buia
di oscurantismo e superstizione: un aspetto (melo)drammatico che si fonde con
elementi da puro horror sovrannaturale, un tormento dell’anima immerso nel
cinema fantastico d’autore. Una scommessa non facile da vincere eppure portata
a termine in maniera personale e mai scontata, nonostante qualche citazione
presa in prestito da “Hard To Be A God” (2013) di Aleksey
German e da tutta quella scuola di derivazione ex sovietica legata a questo
tipo di immaginario. E’ anche interessante notare l’apparente contrapposizione
tra un costante materialismo (l’utilizzo del kratt per
rubare) e un alone incontrastato di magia e spiritualità, due poli che
finiscono per attrarsi vicendevolmente, poiché in queste terre di nobili e
contadini ciò che conta è ottenere o preservare la ricchezza, un obiettivo che
accomuna tutti in maniera trasversale. A proposito di benestanti, non è
sfuggito ai nostri occhi il personaggio del barone interpretato da Dieter
Laser, ovvero il folle Dr. Heiter di “The Human Centipede” (2009). Una presenza
curiosa all’interno di una pellicola narrativamente discontinua ma meritevole
di visione anche solo per alcune immagini di grandissimo impatto. Una fiaba
nera poetica e surreale.
…Quello che conta è che livore, gelosie, infatuazioni
attecchiscono ovunque vi sia un essere umano senziente, anche nella fangosa
cittadina di November; ottenere quello che si vuole
significa essere disposti a trattare con chiunque. Faust ce
lo insegnò bene.
Quello che non lascerà mai la mente dello spettatore del
film sono, certo, la bizzarria dei fatti rappresentati, ma in special modo la
fotografia che li dispone e illumina: uno straordinario bianco e nero di una nitidezza
rara, un'illuminazione mai paga di controluci che ammanta ogni cosa di un alone
che riluce.
Illuminazione teatrale, sensazionalistica, senza peró
diventare pacchiana.
Primi piani e smorfie contratte klimoviane e commento
musicale, ora rockeggiante, ora etnico, che confonde il giudizio di chi assiste
a questa sciarada di stregoneria, black humour e sporco romanticismo.
Pensate alle fiabe originali dei Fratelli
Grimm, alla loro grottesca drammaticità: ninne nanne in confronto a
ciò che in Estonia raccontano ai bambini…
…Sarnet
costruisce un film visivamente ed emotivamente unico, attraverso un bianco e
nero stupefacente che ci riporta indietro alla perfezione dei quadri di Dryer e
di Bergman e che in tempi recenti è stato realizzabile solo da Haneke ne Il nastro bianco. November è
inoltre valorizzato da un cast di volti genuini e meravigliosi, dai sorrisi dei
due giovani protagonisti, quelli più sdentati degli anziani al ghigno del
Barone del luogo (Dieter
Laser, protagonista del primo The Human Centipede). Le sensazioni di
tragedia imminente e malinconia si avvertono in tutto lo scorrere del racconto
fino alla bellissima sequenza finale, quel bacio subacqueo che niente ha da
invidiare a quello già iconico de La forma dell’acqua e
che amaramente certifica l’impossibilità di essere felici in un mondo dove le
persone continuano a derubarsi a vicenda e dove addirittura un kratt, quell’essere magico
animato da Satana, è condannato a servire gli uomini fino a cozzare fatalmente
con l’irrealizzabilità delle loro aspirazioni.
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