lunedì 16 novembre 2020

Il faraone - Jerzy Kawalerowicz

il film è girato fra l'Uzbekistan, la Polonia, e l'Egitto.

dev'essere costato molto, con tante comparse e tanti luoghi diversi.

se uno non lo sapesse penserebbe a un kolossal di Hollywood, o di Cinecittà, per fortuna è molto meglio.

ci sono gli intrighi di potere e la lotta fra il potere politico e quello religioso (diciamo così), che è anche potere economico.

una lotta senza quartiere è la regola, e il popolo e i soldati sono nelle mani dei più forti e dei peggiori (se esistono i migliori).

così era il mondo a quei tempi, ci dimostra mirabilmente Jerzy Kawalerowicz, adesso siamo ancora in quei tempi (pensando di non esserlo più).

gran film, un gioiellino da non perdere - Ismaele

 

 

QUI il film completo, con sottotitoli in spagnolo

 

 

Kolossal polacco anni Sessanta che fa le scarpe a tanti prodotti consimili di provenienza hollywoodiana, per non parlare dei nostri sandaloni. Le ragioni di questa riuscita superiore alla media sono da ricercarsi nella maestria di un regista abbastanza sottovalutato dalle nostre parti, nonché di un discorso che non si limita all'avventura pura e semplice né al banale raccontino degli intrighi del potere. "Il faraone" di Kawalerowicz, adottando un'ottica abbastanza pessimista, parla di tematiche attualissime anche oggi, come la difficoltà, evidentemente sempiterna, di affermare la laicità dello stato (tematica preannunciata fin dalla magistrale sequenza iniziale della lotta tra gli scarabei), il contrasto tra moralità e ragion di stato, tra l'amore e i doveri del sovrano. Con i colori abbacinanti del deserto ed una libertà espressiva che non ci si immaginerebbe in un film polacco dell'epoca, un grande maestro come Kawalerowicz ci trasporta in un'epoca apparentemente lontanissima, nella quale si vivono i drammi di sempre, e nel finale ci mostra persino un ingannevole "miracolo egiziano".

da qui

 

Heir to the pharaoh Ramsès XIII (Zelnik) matches wits against the priests when his dad kicks the bucket and he impulsively upsets tradition by taking command of the military–a duty previously always occupied by the priests. Ramsès detests the priests because they have robbed him of his wealth (they are secretly hoarding gold as a tribute to the gods) and he considers them devious and unreliable subjects. His antagonism leads to a battle of survival between those loyal to him and those siding with the priests.

Adding to the melodrama Ramsès takes a Jewess, the musically gifted Sarah (Mikolajewska), as a mistress, who bears him a son. Political intrigue comes by way of the Phoenicians and the mistress Kama (Brylska). She is sent to Ramsès to replace the Jewess as his team plots to get him to go to war with Assyria, which his priests are against. The main body of this work is about the power struggle between Rameses and his temple priests. The romance story fizzles from lack of attention, as filmmaker Kawalerowicz chugs along with his dull political struggles, epic battle scenes and musical interludes of Egyptian tunes sung in Polish. He characterizes one character named Hiram as a malevolent Jew, and precedes to stereotype him in an obviously bias way from a hooked nose to other degrading features about his character traits which call attention to him being one of those Jewish types. It’s beyond me how this film was ever considered for an Oscar as a Best Foreign-Language Film nominee back in the 1960s.

da qui

 

…The film makes a great effort at recreating a primal ancient civilization, complete with the geography, climate, social stratification, politics, religion and warfare, paying attention to detail in the scenes of embalming and funerals, the court protocol, the waking and feeding of the gods, the religious beliefs, ceremonies and processions.
At the Cannes Film Festival, the director Kawalerowicz stated that given that they had not found in all Egyptian iconography handled, no image that allowed them to think that the kiss had been a form of erotic play, it did not appear throughout the film.
The actors themselves adopt on many moments hieratic postures as seen in Egyptian paintings.
We only see two buildings (the palace and the temple) that reflect the two centers of power highlighted in the story. There are no roads, no houses, only the desert and the sun with its continued ubiquity presenting the country's dominant landscape view.
The destruction of a ditch, recommended by the priests to avoid crossing the place where two beetles were fighting, gives the first hint of the important role of religion and priests.
A slave sees destroyed that ditch whose construction he had worked for 10 years and, after that, powerless, he commits suicide. He is the only worker in the film that it is mentioned his legal status, this could spread the common believe that slavery was the dominant form of work, when at that time (late 2nd millennium) other forms of dependency were predominant.

da qui

 

Immaginate un colossal hollywoodiano senza gli ingredienti di un colossal hollywoodiano. Qui sono assenti storie d’amore, ambienti lussuosi, attori miliardari che gigioneggiano, musiche roboanti, cenni storici approssimativi, lieto fine d’obbligo, colori ipersaturi, dialoghi scontati e retorici, trame esili (cfr “Sinuhe l’egiziano” (Michael Curtiz,1954), “La regina delle piramidi”(Howard Hawks,1955), “I dieci comandamenti” (Cecil B.De Mille,1956) e tanti altri).

Qui la trama è tutt’altro che esile, anzi, a volte, è decisamente complessa, qui si ragiona di affari di stato, qui riecheggia il problema della separazione fra politica e religione, qui si parla di casse statali vuote e di minacce di invasione, qui ci si muove fra gli edifici degli antichi egizi (tranne qualche ricostruzione in studio laddove la presenza dei turisti ostacolava le riprese). Questo è il film del grande maestro polacco Jerzy Kawalerowicz, che nel 1967 qualche critica astiosa tacciava di opera lenta, pesante e noiosa.

La ricostruzione ambientale, i costumi, le armi, i movimento degli eserciti, persino i riti imposti dal sommo sacerdote per propiziare qualunque impresa (all’inizio il cammino dell’esercito viene deviato per non calpestare uno scarabeo sacro) sono filologicamente perfetti. Tre anni di lavorazione fra Egitto, Uzbekistan e Polonia, migliaia di comparse.

da qui

  


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