un film sconvolgente e bellissimo, con una fotografia da premio Oscar.
racconta di un caso di caccia alle streghe in Boemia, così di attualità che (ri)apparve in sala solo dopo la caduta del Muro, nel 1989, i censori pensavano che il regista alludesse ai processi e alle torture stalinisti e sovietici.
si capisce che la caccia alle streghe era una persecuzione misogina, ma non solo, un'espropriazione di ricchezze, torture e violenze, inganni e sadismo, coraggio, poco, ma grandissimo, e vigliaccheria senza fine.
questo era allora l'Europa, oggi molto meno, ma nel mondo questa caccia è sempre in salute.
è un film da vedere e far vedere, anche se non c'è niente da ridere, si sta male davvero, ma è un (grandissimo) film necessario.
non perdetevelo, se amate il cinema - Ismaele
ps: il film è stato tradotto vergognosamente in italiano come Una vergine per l'inquisitore (forse sperando che arrivassero in sala gli amanti del soft porn italiano, che all'inizio degli anni '70 trainava gli incassi del cinema italiano)
QUI il film completo, con sottotitoli in inglese
Dietro lo sciocco titolo italiano si cela un'opera di
notevole pregio formale; e non solo. Vávra allude al suo presente (il regime) e
va al di là della consunta analisi sulla religione come sopraffazione riconducendo
la lotta alla stregoneria alle radici più meschine: l'avidità di potere e
danaro (i beni dei condannati venivano confiscati); l'inquisitore è, infatti,
uomo di bassi appetiti, abile solo all'inganno e a sfruttare la complicità dei
pavidi. Bravo Romancik; eccellente Smeral che conferisce al personaggio la
necessaria trivialità.
…La messa in scena è carica e ampollosa e ben si lega
alla verbosità dei dialoghi, quasi a voler enfatizzare l’opulenza dei carnefici
rispetto a quei corpi trasandati e martoriati delle vittime. “Witchhammer”
riesce così nel suo intento, quello di straziare lo spettatore riducendolo
all’impotenza. Perché la storia non si può cambiare, tantomeno il passato, ma è
possibile trarre l’ennesima conclusione sulla miseria umana che
contraddistingue la nostra specie, in qualsiasi epoca e a qualsiasi livello. Lo
stesso regista ha infatti raccontato che questi episodi non erano così diversi
da quanto visto con i suoi occhi durante le retate comuniste nel corso degli
anni cinquanta. Alla luce di questa connotazione politica, il film all’epoca fu
bandito a Praga ma riuscì a essere proiettato in alcune cittadine circostanti.
Oggi è considerato, a ragione, un caposaldo del cinema cecoslovacco.
XVII secolo: approfittando della paranoica caccia
alle streghe, inquisitore di provincia è chiamato in un villaggio, dove
spargerà veleno e persecuzione. Padre della new wave ceca (alla sua scuola
studiò anche Forman), Vavra gira una potente (e perfidamente ironica) metafora
antiregime, dove è facile leggere in trasparenza il j'accuse contro connivenze,
ignoranza e pruderie su cui prolifera ogni intolleranza. Meravigliosamente
fotografato, con Smeral formidabile nella parte d'un misero borghesuccio che,
Malles maleficarum in mano, s'innalza a giudice supremo.
...Like the
great František Vláčil in his masterpieces Marketa Lazarova and Valley
of the Bees (both 1967), Vávra connects the Church with the
Stalinist line of Communism as two forms of oppressive dogma under different
names.
Witchhammer, as
aesthetically stunning as it is, is hard to watch without feeling anger and despair.
Apart from occasional ‘transcendent’ flashes in the middle of torture, as if
briefly the heavens are opening up for these wretched sufferers, God or any
divinity is conspicuously absent, there is no succour nor karmic justice. How
can a man like Lautner keep faith? Yet it must be admitted that the film’s
pessimist outlook is not unjustified, and warrants respectful admiration in its
uncompromising nature — no prizes for guessing that it was promptly banned by
the Communists after being made. As much as it is about a specific event in
17th century Moravia and an allegory of 1950s Stalinist oppression in
Czechoslovakia, Vávra has created a universally binding portrait of how
power is captured and consolidated. Power at any cost. It takes a perverse
soul to want such power, and yet our world will always necessarily have gaps
through which such souls can rise and seize it. It does not take too
fanciful an imaginative leap to see how timelessly relevant this remains today.
…“A woman’s womb is the gateway to Hell,” whispers a
rabidly fanatical monk at the beginning of Otakar Vávra’s Witchhammer
(Kladivo na čarodějnice), while we cut away to watch a group of women
bathing nude.
It’s a provocative opening and, although Vávra had the
Communist show trials of the 1950s in mind while making the film, it sets out
its stall early: the problem is the patriarchy, and sexual repression goes
hand-in-hand with political repression, a theme that is as depressingly
relevant fifty years later. Or 300-odd years on from the events of the film.
Same as it ever was.
The film takes its title from the Malleus
Maleficarum, a weighty 15th-century tome that details at length the
procedures deemed necessary for dealing with witchcraft, including the methods
of torture that were legally permissible for extracting confessions from the
accused…
Set in 1670s Moravia, a tiny indiscretion sets into
motion a chain of events that will have a devastating effect on a community. An
old woman visits a church and “steals” a Communion wafer for a neighbour whose
sickly cow isn’t milking. The priest is a total hard-on about it and jumps to
the conclusion that witchcraft is involved, reporting the incident to the local
noblewoman who owns the land. She, in turn, calls in an inquisitional judge to
get to the bottom of the matter.
Enter Boblig von Edelstadt (Vladimír Šmeral), a
formerly retired inquisitor who seizes the opportunity to take control of the
trials and line his pockets once again, at the expense of the noblewoman
funding the witchhunt and dozens of innocent lives. With the Malleus
Maleficarum as his inspiration and henchmen all too willing to carry
out his orders, Boblig succeeds in extorting confessions and further
accusations out of his victims. He’s the Czech equivalent of England’s
self-appointed Witchfinder General, Matthew Hopkins, another man who made a
lucrative business exploiting the fears of the superstitious and the gullible…
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