martedì 12 febbraio 2019

Il Corriere - The Mule - Clint Eastwood

a proposito di giovani, dopo Harry Dean Stanton e Robert Redford torna il vecchio Clint, in una storia di droga e di buoni sentimenti.
Earl deve anche fare i conti con la sua vita e i suoi familiari e questo rende il film adatto a ogni spettatore, tutti capiscono.
e siccome vedere il film è meglio che farselo raccontare, il cinema vi aspetta.
buon viaggio, su quella macchina nera - Ismaele





Clint Eastwood non delude mai, è impossibile. A quasi novant'anni, torna sullo schermo come regista e come attore e dà vita a un gioiellino drammatico che, seppur non al livello dei suoi capolavori, è assolutamente apprezzabile. C'è una certa tendenza ad assecondare i miti più abusati della cinematografia americana (su tutti, l'amore per famiglia da mettere al primo posto) ma Clint ha una narrazione così poetica e delicata da farci scordare ogni possibile difetto. La sua regia è carezzevole, la sua interpretazione è straordinariamente umana e credibile e genera un'empatia solidissima con lo spettatore, gli attori secondari funzionano benissimo e non manca qualche sequenza ricca di pathos e di tensione.
Per quanto il contesto in cui il film è ambientato sia negativo, Clint sembra volerci mostrare che anche gli uomini 'peggiori' possono avere un'anima e sono spesso vittime di circostanze più grandi di loro. E come il magnifico finale ci mostra, anche in un carcere possono sbocciare dei fiori.
E' un'altra piccola grande opera del maestro Clint Eastwood.

Ieratico e catartico come non mai, Eastwood regala con "The mule" una parabola struggente, un analisi della società liquida dell'oggi, tra smartphone e iperconnessioni il vecchio Earl rincorre il tempo perduto, tra rancori famigliari mai sopiti , inseguendo la (ri)lettura di temi a lui cari.Patria, famiglia e morte, letteratura da cinema classico qui inserita in un contesto puramente americano. Come in "Gran Torino" è la catarsi dell'uomo che conta, non importa se egli è sceso a compromessi con la propria morale, lui è lì per compiere il suo dovere sino in fondo. L' umanità è tutta nei compromessi e nelle contraddizioni di Earl Stone,  e nel suo amore per la vita."The Mule" è un opera classica e morale di altissimo livello, una lezione di vita che un grande autore ci legge ad alta voce. Eastwood a differenza di "Gran Torino" dipinge un personaggio che mantiene  dei tratti conservatori, mantenendo comunque un personaggio umano, godereccio e amante delle belle donne che  suscita tanta simpatia…

…Insomma, pregiudizi che dettano il nostro agire, decadenza di una società, i capricci dell'io, la nostra dimensione umana. Argomenti leggerini a cui il regista aggiunge infine il carico da novanta: la famiglia e lo Stato. Il messaggio è semplice, ma qui vive della drammatizzazione toccante più che della raffinatezza dei concetti: The Mule non è un film che lavora di fino, al contrario, affastella argomentazioni per sostenere tesi semplici, ma che pur capendo molti faticano a mettere in pratica.
E allora c'è la famiglia, trascurata per il lavoro, per le donne, per il successo, per ogni capriccio possibile e immaginabile. Serve la morte per portare a maturazione un padre inadeguato come Earl. Non dico altro. E alla fine arriva pure lo Stato, tanto aspramente criticato da Eastwood. Non è fatto di leggi, non è fatto di giudici e avvocati: è fatto di uomini, più o meno meschini, più o meno forti, coi coglioni di ferro o le palle mosce, più o meno onesti, responsabili e obiettivi di fronte ai propri errori. Il cittadino perfetto condanna se stesso per ciò che ha fatto. Non è un mostro perché ha commesso dei crimini, anzi, è sollevato quasi perché abbraccia serenamente la necessità di essere punito.
Nel suo percorso di redenzione Earl-Clint traccia la strada verso un “mondo perfetto”, il suo mondo perfetto. A volte è bacchettone, sbaglia tantissimo, quasi tutto, ma a novantanni arriva a capire. Ha voluto dircelo, rivelarcelo con un film, per darci una mano a vivere.

La vera meraviglia in Il corriere – The Mule non proviene dalla riuscita o meno del film né dal suo presunto (ci auguriamo) status di opera-testamento, bensì dall’esistenza, fuori e dentro la scena, di una creatura testimoniale, incarnazione di un frammento di storia del suo paese, del cinema, americano e italiano, e in ultima istanza dalla sua disponibilità a mostrarci gli effetti del trascorrere degli anni sul suo volto e sul suo corpo. Non lo abbiamo coltivato noi, come i fiori di Earl, ma certo desideriamo, egoisticamente e proprio come i narcotrafficanti del film, che non si fermi, continui a viaggiare, che viva, ci intrattenga ancora, riecheggi epoche che non abbiamo vissuto, costi quel che costi.


2 commenti:

  1. Curioso che due grandi vecchi come Eastwood e Redford abbiano salutato il cinema (perchè per me anche "The Mule" è un commiato in piena regola) nello stesso anno e con la stessa malinconica dignità. Ci mancheranno proprio tanto...

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    1. non sono più giovani e perfetti, gli acciacchi e le imperfezioni crescono, ma si "offrono" ancora al pubblico...

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