In a Lonely Place un film sul cinema, sull'amore, su un assassinio, con Humphrey Bogart e Gloria Grahame indimenticabili.
sceneggiatura perfetta, senza tempi morti.
non perdetevelo, se vi volete bene - Ismaele
Sono nato quando lei mi ha
baciato. Sono morto quando lei mi ha lasciato. Ho vissuto le poche settimane in
cui lei mi ha amato.
Dixon Steele nel film In a Lonely Place, citato anche dai The Smithereens
nell’omonima canzone
Nel film In a Lonely Place, Humphrey Bogart e Gloria Grahame
sono ancora abbastanza vicini al noir. “Era molto più di un attore. Era
l’immagine stessa della nostra condizione. Il suo volto era un rimprovero
vivente” disse Nicholas Ray di Bogart. Il film è un riflesso delle fratture
postbelliche. Dix Steele, reduce di guerra, tenta invano di far ripartire la
propria carriera di sceneggiatore. La mitologia dell’amore viene riscritta e ha
il suono della paranoia. Nel gotico femminile una donna innocente entra nel
palazzo stregato di un uomo ma presto i due si rivelano perfetti estranei. Per
gli uomini il matrimonio è una continuazione della guerra con altri mezzi. In a Lonely Place fu
prodotto dalla Santana Productions di Humphrey Bogart, e fu lui a scegliere
come regista Nicholas Ray. Mai il linguaggio del corpo di Bogart è stato più
convincente: il mito hollywoodiano si smonta rivelando un personaggio
pericoloso. Il film è una versione diluita del romanzo di Dorothy Hughes ma si
conserva fedele alla sua ambiguità; è stato cambiato a favore di una più
profonda inquietudine. Anche se non vediamo mai gli studios, In a Lonely Place è
uno dei più grandi film su Hollywood. La commissione per le attività
antiamericane e la lista nera non vengono mai nominati, ma In a Lonely Place parla
anche di loro.
Dagli scritti postumi di Peter von Bagh (2014), a cura di Antti Alanen
Nicholas Raymond Kienzle è un autore nel senso che ci piace dare a questa
parola. Tutti i suoi film raccontano una stessa storia, quella di un violento
che vorrebbe cessare di esserlo, i suoi rapporti con una donna moralmente più
forte di lui perché il duro, protagonista dei film di Ray, è un debole, un uomo
bambino, quando non è semplicemente un bambino. Sempre la solitudine morale,
sempre gente disposta a braccarti, linciarti. […]
Se è vero che si possono distinguere due tipi di registi, i cerebrali e
gli istintivi, io metterei senz’altro Ray nel secondo gruppo, in quello della
sincerità e della sensibilità. […]
Nicholas Ray è un po’ il Rossellini hollywoodiano. […] Nel regno della
meccanica, amorevolmente, Nicholas Ray da artigiano fabbrica graziosi piccoli
oggetti in legno di pungitopo. Dagli al dilettante! Non è un film di Ray se è
senza un tramonto. È il poeta della notte che scende e tutto è permesso a
Hollywood tranne la poesia. […]
Si può rifiutare Hawks in nome di Ray (o viceversa), rifiutare anche Il grande cielo in
nome di Johnny Guitar o accettarli tutti e due, ma a chi
rifiuta l’uno e l’altro arrivo a dire: non andare più al cinema, non vedere più
film, perché non saprai mai cosa sono l’ispirazione, l’intuizione poetica,
un’inquadratura, un piano, un’idea, un buon film, il cinema.
François Truffaut, I film della mia vita, Marsilio, Venezia 1978
… Nicholas Ray, grazie alla superba
interpretazione di Humphrey Bogart, mette in scena un personaggio ambiguo, del
quale lo spettatore non saprà mai nulla fino in fondo, se non un’innata
brutalità. Dixon è un personaggio in cerca di una stabilità risolutiva che però
gli è costitutivamente preclusa. Non si tratta di un uomo alla ricerca di
un’identità – che è invece ben definita, seppure scissa e anormale, tipica di
chi soffre di un disturbo psicologico – bensì alla ricerca di una stabilità
esterna capace di arginare i suoi feroci squilibri e di alleviare dolori ignoti
di un ego violento. In a Lonely Place è un luogo dell’anima, dove ci
si ritrova a fare i conti con se stessi, con i propri dubbi, i timori e le
incertezze.
“Sapevi che era dinamite! Deve pur esplodere
ogni tanto” dice Mel Lippmann (Art Smith), l’agente di Dixon a Laurel in preda
alle lacrime, combattuta tra i dubbi sulla sua innocenza e l’istinto a fuggire
ed evitare il frettoloso matrimonio. A poco varrà venire a sapere che
l’assassino di Mildred è un altro uomo; la rabbiosa ossessione di Dix si è
ormai già consumata in una violenta aggressione ai danni della povera Laurel,
che disperata e tra le lacrime non potrà che dirsi “vissuta nelle sole poche
settimane in cui Dix l’ha amata”.
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