quando il professore di matematica
afferma che sempre 2+2 sarà uguale a quattro non aveva visto queste due scene (qui e qui),
le cose non sono logiche, razionali, prevedibili, univoche, ma molto più
complicate, imprevedibili e misteriose.
misterioso e doloroso, inquietante e destabilizzante.
il Male vince su tutto e tutti,
quel Male che non si vede, ma esiste.
un film che merita moltissimo,
secondo me.
metto sull’avviso chi lo vedrà, è un film che fa stare male, cercatelo - Ismaele
metto sull’avviso chi lo vedrà, è un film che fa stare male, cercatelo - Ismaele
… Mi è piaciuto
tantissimo come il regista non abbia mai svelato cosa Barbara fosse costretta a
fare in quella villa. E il non averci detto nulla del suo passato, nè quello in
questo girone demoniaco (le cicatrici parlano) nè quello riguardante il suo
rapporto col professore (lontanamente ricorda il rapporto tra l'uomo e la bimba
di Lasciami Entrare).
E quella porta maledetta chissà cosa nascondeva (inquietante quel foglio
bianco, l'impossibilità di fermarsi e rifiutare), chissà cosa c'era dentro,
scelta molto simile a quella che vedemmo nel bellissimo Darling.
Ma del resto lo stesso Luis è personaggio al tempo stesso profondamente
tragico ed enormemente negativo (chè anche il gesto più bello del mondo non
giustifica quello che fa).
Davvero, lo spettatore si ritrova in questo film di cui fatica a trovare il
baricentro, in cui si innescano anche molti sottotesti, sia metaforici (2 + 2
fa 4, a ricordarci che l'unica verità non confutabile è questa, le altre sono
tutte interpretabili) che sociali (i continui riferimenti alla Spagna, dalla
situazione culturale alle corride viste come metafora di un popolo, dalla
costituzione ormai dimenticata alla crisi finanziaria contrapposta ad un mondo
ricco e sprezzante).
Alla fine i "due film" si incontrano per la seconda volta (dopo
la notte di sesso tra Barbara e Luis) e ci portano a un quarto d'ora finale
nerissimo, spietato e straziante.
E, anche qui, il regista gioca con lo spettatore attraverso quel professore
che prima voleva farsi uccidere se quell'uomo aveva violentato Barbara, poi
preferisce ucciderlo quando scopre che invece è lei ad averlo scelto, come un
raptus di gelosia.
Impressionante, strano, ambiguo…
Trascinante e torbido, cieco e plumbeo,
Magical Girl è un'opera con la capacità di stimolare lo
spettatore attraverso una calibrata e subliminale scelta da parte del
regista di non mostrare l'orrore filmico, o ciò che dovrebbe essere. Un film
preciso, matematicamente abissale, velatamente infernale, in cui il dolore
presente nella pellicola risulta avere una forza cicatriziale, quasi
cadaverica, quindi, rapportato al pubblico, il dolore si manifesta in maniera
doppiamente incrollabile e dilatata, presente e pesante, nonché
incontrovertibile.
E
ogni volta che la soluzione al male, la prova dell'atto malvagio e del ricatto
esistenziale sono a portata di mano, ecco che improvvisamente svaniscono, come
per magia. Ed il male viene invisibilmente eternizzato. Al di
là delle immagini, dietro (o dentro) di esse. Insomma, nel finale il cerchio si
chiude illusoriamente, di conseguenza, in realtà, si palesa un'effettività
relativa all'impossibilità di far cessare il dolore, il male, l'orrore, se non,
appunto, attraverso una semplice gioco di prestigio, una
gesto ingannevole. Il Cinema che illude lo spettatore di poter eliminare,
far sparire, debellare il male indebellabile.
Un
altro grande pregio di Magical Girl è che, in un certo senso, non assomiglia a
nient'altro, nonostante non sia un'opera prettamente rivoluzionaria.
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