e non sempre è sufficiente.
Irisz torna alla negozio posseduto dalla sua famiglia un po' di anni prima.
come qualche anno prima per Saul, la macchina da presa è tutta su Irisz, e noi vediamo tutto quello che accade.
sono tempi difficili, di cambiamenti, nessuno può dirsi al sicuro.
e alla fine tutto sfocerà in una "guerra rigeneratrice", sterminio generalizzato e legale.
alla fine sai che hai visto un film unico, alla Bela Tarr.
sarà un caso, o forse no, László Nemes è stato assistente alla regia dell'immenso Bela Tarr.
godetene tutti - Ismaele
…Macchina da presa incollata a Irisz,
alla sua faccia, al suo corpo, mentre intorno a lei spesso tutto è fuori fuoco,
alluso e non definito, fantasmatico, e anche quando le inquadrature si fanno
più classiche (per dire: quelle al negozio-atelier) e meno ossessivamente
centrate sulla protagonista, Nemes riesce a restituirci il senso di una realtà
sospesa. Due ore e un quarto di un cinema radicale come pochi altri oggi, certo
spossante, ma in grado di catturare e restituire il mistero, il non visto e il
non visibile, il non detto e il non dicibile, in una sfida che lo spettatore
deve raccogliere perché grande sarà la sua ricompensa. Certo, la tentazione di
abbandonare il campo, di rinunciare alla visione, affiora, perché l’intrappolamento
di Irisz nella Macchina dei misteri è anche il nostro intrappolamento. Ed è
frustrante che ogni volta che la verità sembra avvicinarsi Nemes ce la tolga e
la nasconda. Vero anche che qualche volta lo sviluppo narrativo viene forzato
per adattarlo alla ferrea gabbia stilistica decisa dal regista, conferendo al
film un che di artificioso, ma sono limiti che non ne sminuiscono la potenza.
Esperienza immersiva al massimo grado: Irisz, semplicemnte, siamo noi, fatti
salire volenti o meno sulla giostra degli enigmi…
da
qui
…È un'esperienza totale, violenta, indimenticabile. E conta più del
plot, che spesso rimane volutamente fumoso, poco comprensibile. Nemes si
rifiuta di rispondere ai quesiti che pone, e questo si nota persino nei
dialoghi: ogni singola volta che qualcuno pone una domanda, il suo
interlocutore svia. Irisz è impegnata in un'indagine, ma non sembra mai
perfettamente in controllo della situazione. Si muove costantemente, fugge
sempre da qualcosa o qualcuno, non sta mai dove le dicono di stare e non si fa
scoraggiare dai pericoli che corre. Un agente perturbante che serve anche a riflettere sulla condizione della
donna, allora come oggi: tutti sono talmente certi che Irisz sia
programmata per obbedire agli ordini degli uomini, che nessuno si preoccupa mai
realmente di accertarsi che lo faccia, e questo le dà campo libero per agire
spesso indisturbata.
Si esce esausti da
Tramonto (che dura più di 140 minuti). Non è certamente un film per tutti. Ma
chi ama il cinema puro, chi cerca un'esperienza
sensoriale più che il teatro filmato o un racconto più
convenzionale, resterà estasiato da un tale sfoggio di arte a 360 gradi…
…Nonostante la narrazione progressivamente sempre più
sovraccarica, Nemes ha il controllo totale di ogni inquadratura e inanella
frequenti piani sequenza riproponendo lo stesso linguaggio già sperimentato nel
suo film d’esordio. Napszálltasomiglia a un vortice che procede
verso il risucchio di un buco nero. Il piano sequenza finale è l’incanalarsi
della storia di Irisz nel gorgo nero della grande guerra dove lo sguardo della
protagonista nell’ultima inquadratura è quello di una Medusa che ci pietrifica
e ammonisce. Così facendo, tratteggia non solo la parabola di un personaggio ma
il disagio di un’intera civiltà.
Napszállta parla
di un’Europa in preda a forze distruttive, oggi come ieri, ma è anche un
omaggio alla capacità disvelatoria del cinema, non certo al suo potere
d’intrattenimento. Si tratta infatti di un film impervio, in cui si fatica a
trovare uno spazio e si procede a tentoni. Nemes mortifica il principio di
piacere e rifiuta gli inganni della seduzione, non ci sottrae alla pressione
delle tenebre come farebbe una sostanza inebriante ma proprio in virtù di
questo, il suo cinema non reca neppure la tossicità anestetica di un narcotico
(Freud dixit).
da
qui
...Al pari della protagonista, quindi, lo
spettatore verrà sballottato da un luogo a un altro della città asburgica,
quando il pretesto del ritorno a casa scatenerà una sequenza di eventi già in
preparazione da diverso tempo e in cui Iris rimarrà invischiata fino a
raggiungere una posizione al loro interno che non avrebbe mai immaginato. Nemes
segue la giovane, che ha il volto perennemente sconvolto e dubbioso di Juli
Jakab, e lo spettatore con lei proverà a decifrare più volte il senso di una
trama fin troppo esile e scarna, ma ben presto sarà costretto ad accettare
quell’unico sguardo sulla Storia, che è profondamente personale e la cui
intenzione primaria non è certo quella di sostituirsi ai manuali
sull’argomento. L’intento finale semmai è quello di tracciare un parallelismo
con il tempo presente, dove la confusione generale e l’attesa di un cambiamento
che una volta attuato sarebbe diventato irreversibile, fa il paio con la
costante paura con cui il cittadino del ventunesimo secolo vive la propria
esistenza, conscio della minaccia terroristica globale e, proprio come gli
abitanti di Budapest incontrati da Iris appaiono sfocati sullo sfondo, immerso
in uno spazio privo di profondità di campo, quindi senza coordinate geografiche
precise.
Il tramonto di un impero, di una
concezione di vita ben precisa, e la ricerca ossessiva della protagonista si
fanno messaggio primario per lo spettatore; l’occhio di Nemes inquadra un
contesto storico ben preciso anche se mai “messo a fuoco”, e proprio come
Irisz, anche il cittadino del terzo millennio vive in balia degli eventi, si
lascia trasportare da essi senza opporvi troppa resistenza con perenne stupore
rassegnato, in attesa di un prossimo cambiamento che è anche inevitabile e
potrebbe avere conseguenze drammaticamente irreversibili. Nel dipingere il
tramonto di un’epoca, il regista ungherese lancia quindi un avvertimento carico
di dubbi e di paure, anche se mai interamente pessimista (più che cosmico,
ciclico): un raggio di luce in fondo alla storia è sempre percepibile; anche
nei momenti più tenebrosi l’essere umano sarà in grado di rialzarsi e
ricostruire…
… I letali 142 minuti girati da Nemes non fanno
soffrire solo per la regia insopportabilmente pretenziosa, grazie alla quale –
vale la pena ricordarlo ancora una volta – lo spettatore vedrà la nuca della
protagonista come elemento dominante della scena, mentre attorno a lei accadono
cose restituite solo a sprazzi, ma diventano intollerabili se si considera la
sceneggiatura. Che, semplicemente, è esile, e soprattutto scandita sadicamente.
La cosa è evidente fin dalla prima scena, quando vediamo Irisz provare
bellissimi cappelli nel negozio che poi diverrà il centro dei destini del
nostro continente: la modista le suggerisce di alzare la veletta, che
altrimenti le cela il viso (…il nascondimento, il segreto, la donna senza
identità) e Irisz ubbidisce. Poi, dopo aver indossato alcuni copricapi, Irisz
rivelerà (…l’inizio del lentissimo disvelamento) di non essere nel negozio per
fare acquisti, ma per rispondere a un’offerta di lavoro. Al che la modista
dirà: “Poteva dirlo subito”. Una frase che si vorrebbe rivolgere al regista in
più occasioni. La scena prosegue in un modo che rende già chiaro l’intero
impianto narrativo: la modista conduce Irisz in un’altra stanza e le chiede il
suo nome. “Irisz Leiter” è la risposta. Segue un silenzio ricco di attesa,
mistero, carico di aspettativa: insomma abbiamo capito che la ragazza è nota,
il suo nome ha un significato preciso, ma dovremo aspettare ancora alcuni
minuti e altre battute e altre sospensioni e altri cambi di stanza (seguendo la
nuca che si muove) per capire perché attorno a Irisz ci sia tanto sgomento. Lo
sviluppo della “trama” segue sempre questo schema, dall’inizio alla fine…
Questo è un film che vorrei rivedere quanto prima... a Venezia, lo confesso, non ci capii molto (e non fui l'unico). Trama complessa, respingente, volutamente criptica, una visione decisamente faticosa. Ma anche, innegabilmente, un film di grande impatto visivo. Giudizio sospeso (almeno per ora)
RispondiEliminaè un film impegnativo, non bisogna distrarsi, per non perdersi.
RispondiEliminama lo sforzo questo film se lo merita tutto