sabato 2 febbraio 2019

Green Book - Peter Farrelly

un viaggio, verso il sud, due uomini che non si conoscono.
l'anno è il 1962, la segregazione è ancora viva, e il KKK non dorme mai.
i due si conoscono bene, non smetteranno mai di essere amici.
si ride, e ci si arrabbia, c'è un mondo da cambiare, il dottore dà il duo contributo, ed è anche un film politico.
gli interpreti sono in stato di grazia, la sceneggiatura è perfetta, non ci sono tempi morti, è uno di quei film che ti dispiace siano troppo brevi, solo 130 minuti.
vogliatevi bene, non perdetevelo - Ismaele





…Peter Farrelly, con l’esperienza di commedia scorretta che si ritrova gira un film correttissimo nel quale l’umorismo scoppia potente ed è sempre tenuto al guinzaglio con dovere, in cui i due attori guidano la messa in scena, la indirizzano e sono in grado di aggiungere senso. Mahershala Ali è scelto benissimo (in Moonlight quasi stonava la sua eleganza e sobrietà, qui invece è perfetta) e anima bene l’uomo imbrigliato nelle regole sociali, timoroso di sembrare un nero e voglioso di legittimazione. Ma è in particolare Viggo Mortensen a risaltare (anche per via di un ruolo più sotto il riflettore). Da solo aggiunge al film dettagli che non stanno nella sceneggiatura ma risiedono solo nelle sue espressioni. Da nessuna parte è detto o indicato che il suo Tony sia addirittura fiero di Don Shirley come fosse un figlio, eppure quando lo guarda esibirsi non leggiamo solo la maturazione del rispetto, ma anche una certa fierezza di essere proprio lui il suo autista. Ed è farina di Mortensen.
La parabola più che usuale di questa strana coppia tocca tutti i punti necessari per non sorprendere nessuno e soddisfare tutti, è un viaggio in cui piccole umiliazioni sono sanate dall’amicizia e dal rispetto maturato da un uomo ignorante ma di buon cuore, partito razzista e tornato amico di un nero nella notte di Natale. È un film da Hollywood degli anni ‘50 o inizio ‘80, materiale che non si gira più nelle cui pieghe però sta l’umanità di cui è capace il cinema americano mainstream, anche quando ha paura di turbare animi.

Green book ha un meccanismo chirurgico, automatismi di un’agilità tale da far volare i centotrenta minuti di durata e un guscio da commedia che - tra sarcasmo, sberleffo e ogni tipo di appiglio comico - introietta questioni etiche. Se la dignità trionfa sulle umiliazioni più pesanti e le spigolature sparpagliate sono inconfondibili, la palma del vincitore spetta di diritto alle persone venute dalla strada, ma anche a tutti coloro che ogni giorno combattono una battaglia contro le ingiustizie, dinamiche che riempiono uno spartito stipato all’inverosimile eppure mai sottoposto a concreti tentennamenti o rallentamenti, grazie a uno stupefacente senso del ritmo e alla capacità di trasformare in un trionfo collettivo anche un passaggio dalle stelle alle stalle.
Insospettabile e clamoroso, un autentico miracolo, una vittoria su tutti i fronti.

Tempi comici a orologeria, umanità, tragico e divertimento sempre in equilibrio, e una comicità che non è mai fine a se stessa ma è veicolo per rappresentare i contrasti fra i due. E poi le scene in cui Don Shirley aiuta Tony a scrivere delle semplici ma sentite lettere d’amore alla moglie sfiorano livelli di romanticismo davvero irresistibile.
Questo film fa stare bene. Cosa gli si può chiedere di più?

…La difficile operazione in cui è riuscito con grandissimo successo Farrelly è quella di girare un lavoro che pur muovendosi nel solco delle pellicole più propriamente Hollywoodiane, rappresenta una lezione di grande cinema in cui è difficile pensare di cambiare qualcosa. Alla pungente ironia insita nella meccanica della “strana coppia” corrisponde un discorso tutt’altro che superficiale e quantomai attuale sulla discriminazione razziale, e quell’America del Sud in cui i neri erano considerati indegni degli stessi diritti dei caucasici ricorda da vicino le più preoccupanti implicazioni del revanscismo suprematista degli USA di Trump…

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