è l'ultimo che vuole ricordare quello che era, che continua ad esserci, a Provvidenza.
ricorda, immagina, sogna.
un giorno appare Noor, senza niente. come lui, solo che per lei quel paese deserto è una tappa, per arrivare in Francia.
Provvidenza resterà per sempre un simbolo di morte e deserto, come i film western che appaiono nel film.
Elia deve riuscire a scappare alle guardie, a non essere omologato.
se ci riuscirà lo vedrete al cinema.
buona visione - Ismaele
…Grazie a una prova d'attore misurata e sopraffina, Sergio Rubini dà anima e
corpo a un uomo dolente, che fa della memoria un viatico per restare più umano.
Il suo Elia non fugge dalla prospettiva del dolore, ma lo abbraccia con estrema
consapevolezza pur di ritrovare una forza autentica per costruire un futuro
nuovo. Il tocco delicato e mai ricattatorio di Pippo Mezzapesa riesce a
creare una storia statica che, senza che il pubblico se ne accorga, fa passi da
gigante nell'anima del suo protagonista. Perché la vita è più forte del lutto,
della nostalgia e del passato. La vita trova il modo, ti scuote, va avanti. Per
capirlo non bisogna voltare le spalle ai propri demoni e far finta di
dimenticare. Una morale che Il bene mio fa rimanere bloccata in gola allo
spettatore come un urlo strozzato. Tra riferimenti a Verga e temi cari Pavese,
il film di Mezzapesa ha la pazienza di un bel romanzo. Sfogliandolo si ritrova
il cinema italiano più viscerale e attuale. Quello che insegna che, a volte,
rimanere è come andarsene due volte. A volte bisogna avere semplicemente il
coraggio di restare.
da qui
da qui
…Assolato
e metaforico paesello, Provvidenza ci ricorda anche le fragilità che segnano il
nostro territorio, la necessità di un impegno quotidiano per conservarlo e
trasmetterlo a chi viene da fuori o al mondo. Elia è interpretato con la
consueta precisione stralunata da Sergio Rubini, fiero di
quella che il sindaco e gli altri leggono come ostinata cocciutaggine, ma che
per lui non è altro che bisogno di rimanere, incapacità di capire il perché non
dovrebbe farlo.
…Struggente e malinconico come una blues ballad, ma anche pieno di
speranza e di fiducia nel futuro, rigorosamente illuminato dalla luce del
passato, come accade per la regia di Mezzapesa che si muove delicatamente tra
le macerie, lontana dalla speculazione tipica della “tv del dolore”, vicina,
piuttosto, all’incanto meraviglioso del realismo magico, dell’eccezionale che
irrompe nel reale, ridefinendone tanto i contorni, quanto gli spazi e i confini.
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