lunedì 29 ottobre 2018

Louder than bombs (Segreti di famiglia) - Joachim Trier

un film un po' lento e ripetitivo.
il padre e il figlio piccolo, Conrad, non riescono a parlarsi, per tutti è difficile ricordare la madre, e riuscire ad elaborare il lutto.
a differenza degli altri suoi grandi film, qui Joachim Trier, allontanatosi dalla Norvegia, si perde un po' in un film, il primo negli Usa, che non colpisce.
la sufficienza c'è tutta, ma Joachim Trier sa fare di meglio - Ismaele





…Stavolta tocca alla Huppert nel primo film ospitato in Concorso a Cannes del norvegese Joachim Trier, Louder than Bombs: confuso, zeppo e insieme vuoto, incongruo e solo in qualche sparuta sequenza fascinoso, non va. Proprio non va: La Hupper interpreta la reporter di guerra del NY Times: è morta in un incidente automobilistico, o forse suicidio, e ha lasciato su questa terra il marito professore (Gabriel Byrne, ignavo di ruolo e di fatto), Il figlio più grande Jesse Eisenberg  – i suoi capelli lisci dicono bene di quanto vedremo… – e il più piccolo Devin Druid.
Tutti e tre ugualmente e differentemente disturbati, incapaci di elaborare il lutto e rifarsi una vita: si evitano, il piccolo con il padre, si parlano senza dirsi, il grande e il padre, si confrontano, i due fratelli, per la sventura dello spettatore, perché il piccolo ha composto una specie di poema bimbominkia e il grande certifica il capolavoro tradotto visivamente da Trier con un collage altrettanto sghembo. Mashup, tristesse…

…In questo dramma silenzioso e (troppo) delicato, il senso di frustrazione provato da chi osserva la storia svilupparsi con fatica è potente. Ogni personaggio accende una miccia, una scia luminosa che illumina di una luce fioca uno dei tanti percorsi del labirinto in cui Trier li ha intrappolati. Ma l’esplosione emozionale, quella che dovrebbe risuonare “louder than bombs” non si verifica, viene soffocata, lasciando ogni possibilità di comprensione (e compassione) sospesa e irraggiungibile.
Gli sguardi intensi di Isabelle Huppert, la dolorosa preoccupazione di Gabriel Byrne, la fredda razionalità di Jesse Eisenberg e l’inquieta solitudine di Devin Druid, per quanto meritevoli di spazio e approfondimento, non riescono ad amalgamarsi in un unicum che sia davvero portatore di senso. Le individualità più che incontrarsi si scontrano, come sottolineato da un montaggio che a tratti pare eccessivamente artificioso, ma nessuna trova davvero un varco nel dedalo immaginato da Trier, finendo per perdersi in un irrealizzabile, quanto inaccessibile, immaginario onirico.

…La piattezza di Segreti di famiglia è infatti il suo più grande difetto, e si declina in diverse maniere. Da una parte la sceneggiatura, pur sforzandosi di creare situazioni peculiari, sembra non andare da nessuna parte, dall’altra il rigore visivo del film non sembra abbinarsi benissimo a vicende che non comunicano la sensazione di sacralità del nucleo familiare che conosciamo da film come Tree of life, a cui il primo fotogramma di Louder than bombs rende tributo.
Si può dire in un certo senso che la pellicola sia divisa tra la ieraticità che vorrebbe imporre al materiale e la trivialità e bassezza dei propri personaggi, con poche eccezioni nevrotici e insopportabili. Il risultato è un film che non riesce a creare un’aria rarefatta e “mistica”, ma che al contempo non è in grado di mettere sostanzialmente le mani nella pasta dei personaggi e dei dialoghi per creare un intreccio interessante.
Un passo falso per un regista promettente dunque, ma che non riduce le mie aspettative per i film ancora da venire.

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