il
film inizia con l’investimento e l’omicidio di un ciclista, come nel film “Muerte
de un ciclista” (in italiano “Gli egoisti”), di Juan
Antonio Bardem, del 1955, premio della critica a Cannes (qui).
in entrambi i film l’omicidio del
ciclista è il detonatore per mostrare un mondo di rapporti sociali e familiari basati
sulla falsità e sulla sopraffazione.
chi pensa a una commedia simpatica e divertente di Virzì è
meglio che stia a casa, questo è un film che fa male, in certi momenti un film
che fa paura.
bella la struttura a incastri, solo alla fine lo spettatore sa
tutto, e quello che saprà, e magari non si ricorda spesso, è che ci sono ancora
le classi, e che per i soldi molti sono corruttibili, e disposti a tutto,
dipende dal prezzo.
è un film
cupo, con pochi sprazzi di luce e di sincerità, come nel sorriso fra Serena e
Luca, nell’ultima scena.
non sarà
un film perfetto, ma da vedere certamente - Ismaele
…Paolo Virzì fa un salto in avanti nel personale viaggio
politico nell'Italia del suo presente, puntando finalmente la bussola verso il
nord del Paese, trovando un cuore nero che non fa ridere proprio per niente. La
goliardia toscana, il cinismo burlone romano (modi e luoghi che hanno
caratterizzato la sua commedia) sono lontani, lontanissimi, senza quasi più
alcun eco in queste lande brianzole, disegnate come fossero terre straniere
abitate da genti aliene che comunicano in un linguaggio misterioso e duro.
Virzì si fa suggestionare dal suo limite, un misto di gap culturale e sociale
(un livornese in Brianza), che presto trasforma nella sua arma migliore,
abbandonando il facile gigioneggiare nelle disgrazie del malcostume
centroitaliano per addentrarsi nei meandri di un apologo potente e inaspettato…
…questo è
un film oscuro, cupo e potente. Il miglior film di Virzì. Nonostante il solito
problema che sono gli attori italiani. Fatta eccezione per Fabrizio Gifuni, passabile incarnazione dello squalo
finanziario senza sentimenti e dubbi, tutti gli altri sono la solita carrellata
di mediocrità televisiva nazionale (degno di assoluto rispetto è comunque
il fascino acerbo di Matilde Gioli)…
…Quello che più colpisce è il cinismo all'interno delle
famiglie al centro della storia: la figlia di Ossola è la leva per entrare nel
mondo dei ricchi adoperata da un padre che non si fa scrupolo di venderne i
sentimenti, la moglie di lui, incinta di due gemelli, sembra volutamente
ignorarne il carattere e i maneggi, il ragazzino outsider viene sfruttato dallo
zio, il figlio di papà viene schiacciato dalle ambizioni del genitore. Si
tratta di persone che si amano, almeno nominalmente, e che non si rendono conto
della condizione umana di chi hanno accanto.
Forse, al di là dell'avvincente costruzione e del perfetto
gioco di squadra, non c'è molto di nuovo in quello che ci raccontano gli autori
del Capitale umano, ma a loro va il merito di
essere riusciti a farlo senza cadere in dinamiche da soap opera e in un facile
moralismo, mantenendo tra le righe un umorismo amaro e sottile…
…Apprezzabilmente piacevole il lavoro del cast, risulta
un po’ troppo invadente e poco riuscito il tentativo thriller, vera pecca di un
lavoro che ritrae i suoi protagonisti, come ogni essere umano, sull’orlo della
disperazione, pronti a tutto pur di non sprofondare nel baratro. Non mancano
gli spunti, quello che è veramente mancato è il coraggio.
…I tre segmenti sono davvero benissimo scritti, con
dettagli che si incastrano alla perfezione, e con scene riviste e rifatte senza
una sbavatura dai diversi punti di osservazione, e non so se questa struttura
ardita sia del romanzo originale, che non ho letto, o sia tutta merito degli
sceneggiatori del film (qualcuno mi illumini, grazie; non fatemi leggere il
libro che non è in cima al momento alla mia list). Un’operazione narrativamente
sofisticata e insolita per il nostro cinema audience-oriented. Molte sequenze
sono notevoli, come quelle della festa a scuola, un istituto privato che un po’
ricorda ai milanesi come il qui scrivente il Leone o il San Carlo. Il materiale umano non funziona quando ritrae
vizi e vezzi della borghesia, ma questa è un’incapacità antica del nostro
cinema, da sempre più a suo agio con il piccolo borghese e il popolare, se non
addirittura il plebeo…
da qui
da qui
ti segnalo che a Como ci sono molte polemiche su questo film (io però non l'ho ancora visto). Una sequenza sull'ex teatro Politeama, se non ho capito male. Mi fanno impressione i comaschi che fanno gli offesi... forse quelli di fuori non lo sanno, ma il lungolago in città è murato da parecchi anni, non più visibile né accessibile, causa "grandi opere" lasciate a metà dalla giunta leghista-formigonian-berlusconiana-missina. Il lungolago: come se a Napoli mettessero un muro davanti al Vesuvio, o a Roma un grande pannello che nasconde il Colosseo, o a Rimini un pannello chilometrico davanti al mare (eccetera).
RispondiEliminaI brianzoli e i comaschi possono pure prendersela con Virzì, ma le giunte sciolte per 'ndrangheta nel milanese non se le è certo inventate il cinema, così come i rifiuti pericolosi smaltiti nel fondo delle nuove strade e autostrade lombarde.
Comunque sia, Virzì ha fatto un buon film? Era ora, lo aspettavo dal tempo di La bella vita, anno 1994.
forse 20 anni fa sono arrivato a Como in bici:)
Eliminabisognerebbe lasciarli latrare quelli che si offendono e hanno la colpa, ha sbagliato Virzì a non applicare la strategia dell'oblio, con quelli lì.
a me è piaciuto,i l film, più di quanto mi aspettassi, mi dirai tu quando lo guardi, ciao
Indubbiamente Francesco caro, il miglior film di Paolo Virzì!
RispondiEliminaBuona serata.....
non so se il migliore, di sicuro fa un passo avanti, o laterale, dalla commedia alla tragedia.
Eliminaah, allora hai fatto la Napoleona...
RispondiElimina:-)
io no, non mi sono mai fidato, come ciclista valevo poco
non stai parlando con un atleta:)
Eliminasolo da Bovisio Masciago a Como, e ritorno.