Nell’ansia di
sperimentazione che mescola senza confine arte e esistenza, dal 1958 Forough si
dedica con passione al cinema collaborando con la casa di produzione
cinematografica di Ebrahim Golestan, autorevole scrittore, regista e
produttore, al quale sarà legata fino alla morte da un rapporto di intima
amicizia. Nel 1960 Forough recitò e collaborò alla produzione del film Il rito
del matrimonio in Iran. L’anno successivo realizzò la colonna sonora per il
documentario di Ebrahim Golestan Mawj o marjan o khara (Onda, corallo e roccia)
e il montaggio di Yek atash (Un fuoco) un documentario girato nel 1959 vicino
Ahvaz durante l'incendio di un pozzo petrolifero che brucia per due mesi prima
che intervengano i pompieri americani a spegnerlo. Nel 1962 il film ottiene un
premio al Festival del cinema di Venezia. L’impegno di Forough nel cinema la
porta prima nel 1959 e poi nel 1961 a viaggiare in Inghilterra per studiare
produzione cinematografica. Nel 1962 Forough scrive, dirige ed edita Khane
siyah ast (La casa è nera), girato nel lebbrosario di Tabriz. La Farrokhzad ne
scrive la sceneggiatura adattando versi della Torah e del Corano. Il film,
commissionato dalla Associazione per i malati di lebbra, vince il premio come
miglior documentario al Festival di Oberhausen nel 1963. Nella primavera del
1962 Forough si era recata nell’istituto per preparare la produzione del film
che la consacrerà cineasta di punta della nuova cinematografia iraniana
d’autore. Forough si immerse con grande coinvolgimento emotivo nella vita
quotidiana dei lebbrosi dell’istituto, cercando di instaurare con loro un
rapporto di fiducia e rispetto. Nell’autunno dello stesso anno Forough tornerà
a Tabriz con un operatore e due fonici per iniziare le riprese del film che
dureranno dodici giorni. Dalle numerose testimonianze della regista su questa
forte esperienza umana, prima che professionale, si è appreso che alcuni rapporti
instaurati nell’istituto continueranno anche dopo la fine delle riprese (in
questa occasione Forough adotterà un bambino dell’istituto e, con il consenso
dei genitori, lo porterà con sé a Teheran)
In La casa è
nera, la macchina da presa entra in un istituto dove vivono nascosti al resto
del mondo uomini, donne e bambini di cui Forough ci restituisce con umana
pietas straziati volti, corpi e sorrisi. La regista non risparmia particolari
raccapriccianti, senza mai indulgere, grazie ad una fotografia in B&N a
luce naturale e ad un montaggio sapiente, nel voyeurismo. Il lebbrosario
diventa microcosmo in cui guardare i lati oscuri di una società e il buio
dell’esistenza umana senza misérabilisme. «Il mio film si apre con l’immagine
di una donna che si guarda allo specchio. Questa donna simboleggia in realtà
l’essere umano che osserva la sua vita allo specchio, qualsiasi sia questo
specchio» . La casa è nera è un film su una comunità di lebbrosi reclusi in un
istituto, ma non solo: è anche un film su quanti si ritrovano imprigionati in
una vita da cui non possono sfuggire. «Credo che uno dei motivi per cui gli
uomini si dedicano all’arte è l’inconscia necessità di affrontare, resistere
alla decadenza»
Jonathan
Rosenbaum, sguardo autorevole della critica americana, individua nel percorso
artistico di Forough l'origine di quella che sarà la cosiddetta Nouvelle Vague
del cinema iraniano, in particolare della produzione di Abbas Kiarostami.
Questi ha reso omaggio a Forough dando ad un film il titolo di una sua poesia
(Il vento ci porterà via) e facendo recitare ai suoi personaggi le odi della
poetessa.
È ormai
acclarato che l’unico film diretto dalla Farrokhzad, vincitore di numerosi
riconoscimenti internazionali, sia una pietra miliare nella storia del cinema
iraniano e abbia fatto scuola per qualità artistica e rilevanza sociale. Una
conferma in tale senso viene dalle parole del noto regista iraniano Mohsen
Makhmalbaf, il quale afferma: «La casa è nera è il miglior film iraniano ad
aver influenzato il cinema iraniano»
Veramente bello! Nonostante quel che afferma Makhmalbah, nonostante sia una pietra miliare del cinema iraniano, nonostante abbia influenzato tanto Kiarostami, io non lo conoscevo proprio. Per questo, grazie!
RispondiEliminaForough Farrokhzad è morta a soli 32 anni, è stata una poetessa eccezionale, per ricordarla ho scritto qualcosa qui:
RispondiEliminahttp://danielebarbieri.wordpress.com/2014/01/04/scor-data-5-gennaio-1935/
il suo film mi ha ricordato, mutatis mutandis, il cinema di Artur Aristakisjan
più cose so più scopro che le cose che ignoro crescono, capita anche a te?