un film che non
t'immagini, il diavolo e i sardi diabolici preparano una festa, ricordano,
mutatis mutandis, gli isolani di "The wicker man" (di Robin Hardy).
allora, alla fine degli anni '60, la Sardegna era esotica e aliena, e pero'
c'era il cinema, e si vedono i "banditi" che in modo grottesco fanno
gli indiani, in un film nel film.
e alla base c'è un (famoso) racconto di Tolstoj.
da non perdere, è un ufo che ti stupirà - Ismaele
QUI (prima parte) e QUI (seconda parte) il film completo
… Syberberg, oggi settantottenne, divenuto celebre per le
monumentali riletture del mito tedesco otto/novecentesco all'insegna di Wagner
e Hitler, decise di girare in Sardegna il racconto/apologo dello scrittore
russo (un uomo, sfidato dal diavolo, muore di fatica dopo aver percorso, per
scommessa, le tante terre che gli sono state promesse a titolo gratuito), dopo
aver scartato altre ambientazioni "meridionali" ormai turisticizzate.
Eppure, anche il viaggio in Sardegna - che per Syberberg fu davvero una
scoperta - finisce per approdare ad un "sottotesto" ironico e
surreale in cui le tradizioni apparentemente immobili dell'isola sono ormai
totalmente teatralizzate e folclorizzate, destinate al cinema western o al mito
del banditismo…
…A
maggio e giugno del fatidico’68 a Oliena, su Gologone e sulla costa orientale
il regista tedesco Hans Jurgen Syberberg girava SCARABEA-DI QUANTA TERRA HA
BISOGNO UN UOMO? tratto liberamente da un racconto di Tolstoj. La pellicola
narra la storia di un manager tedesco che gira la Sardegna in cerca di un
terreno da acquistare, finisce per fare una scommessa con gli abitanti di un
villaggio (Oliena), sarà proprietario di tutta la terra che riuscirà a
percorrere dall’altopiano al mare nell’arco di una giornata. L’opera di
Syberberg ha un taglio in parte narrativo (l’evolversi della vicenda), in parte
documentaristico alla Fiorenzo Serra in certi tratti, in parte sperimentale
(una troupe sempre tedesca che gira un documentario e una parodia dei film sui
banditi per poi riapparire al termine della scommessa), fino ad aprirsi a degli
squarci pop (le scene sulla spiaggia e la presenza stessa della sensuale Nicoletta
Machiavelli, nei panni misteriosi della fotografa Bettina). Uno sguardo lucido,
intelligente e decisamente originale quello di Syberberg su un angolo della
Sardegna, sulla sua popolazione e le sue usanze, tecnicamente ancora valido a
quarant’anni dalla sua uscita in Germania e in svariati festival, ma non in
Italia dove lo si è visto per la prima volta, grazie a FUORI ORARIO, nella
settimana di ferragosto del 2007!
… Si
tratta di una vicenda semi-surreale, narrata in modo sfocato, con alcuni
personaggi che non si sa di preciso chi siano e che ruolo abbiano nella storia
(chi è la ragazza? cos'è quella strana troupe cinematografica e che ci fa lì?).
Non mancano insistiti primi piani su particolari truculenti, come lo
sgozzamento degli animali (ma perché poi? quelle scene piacevano al regista?).
Non sono animalista, ma non capisco perchè bisogna mostrare certe cose. La
narrazione, specie verso la fine, è piuttosto confusa, e appunto sfocata…
…aneddoti
interessanti. Il primo: Syberberg all'inizio aveva pensato all'isola d'Elba,
esclusa perché piena di turisti, la Sardegna fu una scelta casuale. Lui non
sapeva niente ma non ebbe difficoltà a entrare in empatia con la popolazione di
Orgosolo e Oliena, i luoghi dove venne girata la maggior parte del film.
Obbligandolo a modificare la sceneggiatura perché l'ambiente isolano gli
imponeva nuove suggestioni. «La macellazione arcaica, i seni delle donne col
latte, la chiesa in montagna, tutte cose che non potevi inventare alla
scrivania, molte non potevano essere nel copione perché le ho viste lì, sul
luogo». Dalle parole di Syberberg emerge come la Sardegna abbia forgiato il
film, o meglio come lui sia stato capace di lavorare su una fortissima identità
locale, entrando negli anfratti più segreti, senza mai ridicolizzarla o farne
cartolina turistica. Si pensi alla scena delle donne che innaffiano col latte
dal seno il manager tedesco: «Era pericoloso, andavano contro l'onore dell'uomo
sardo. Però le donne di Orgosolo hanno accettato, sebbene a volto coperto. Il
nostro patto era: voi non dite nulla e noi non diciamo niente. Per quella
ripresa, in un luogo segreto, eravamo in tre: l'operatore, il fonico e io». La
conversazione si allarga ad altre curiosità: Grazia Deledda usata come fonte di
documentazione, la vera identità degli interpreti tedeschi (un conte squattrinato,
un giornalista, lo stesso fonico). Ma c'è un dettaglio che svela l'integrazione
fra Syberberg e l'Isola: comprò una mastruca e se la portò in Germania,
indossandola per lunghi anni. Anche per questo - come giustamente dice Cubeddu
- Scarabea è uno dei rari film che ha «tolto l'anima della Sardegna». Sergio
Naitza
Grazie, una vera chicca!! Una Sardegna archetipica, ormai purtroppo scomparsa, affascinante, misteriosa, stranissima. Molto, molto interessante...
RispondiEliminae pochi lo conoscono, purtroppo, è gran cinema
RispondiEliminaè veramente un gran film, ricco di allegorie e contrasti, oltre che un'accusa al "cinema di genere"...l'alone grottesco che lo circonda è eccellente, perché riguarda sempre Bach e gli stereotipi che vengono suscitati più dagli esatti contrari...le tradizioni del luogo che vengono invece rispettosamente e dignitosamente salvaguardate. Un esordio già completo di simboli e temi cari a Syberberg. Sarebbe interessante sapere se e quanto Guerra/Tarkovskij si siano ispirati all'esito dell'impresa per il loro Nostalghia. E' tanto che mi dico di recuperare il testo di Tolstoj, forse la fonte è lì piuttosto.
RispondiEliminaè straordinario, è ricco, sembra un po' da antropologo alla Levi Strauss la sceneggiatura, ma con in popolo "inferiore" che batte chi vuole imbrogliarlo, l'osservato che si burla dell'osservatore, con una potente presa in giro del folklore e dei pregiudizi.
RispondiEliminacredo che la fonte di tutto sia Tolstoj, in una storia universale e chiara per tutti, ognuno può declinata in modo diverso, la fine è uguale per tutti.
è davvero incredibile che film così potenti possano cadere nell'oblio ed essere riscoperti quasi per caso, dovremo fare come quei lettori di "Fahrenheit 451", alla fine, dobbiamo anche noi, nel nostro piccolo, tenere in vita la memoria che certi film sono esistiti e ci sono ancora