martedì 28 luglio 2020

Under the Silver Lake - David Robert Mitchell

a parte qualche citazione c'è anche un bel film.
Andrew Garfield non naviga nell'oro, le donne non gli mancano, meno una.
comincia a cercarla e cade in una serie di mondi paralleli, molti l'hanno vista, e lui attraversa quei mondi per trovarla.
il mondo ormai è diventato un mondo post-tante cose.
il film è una follia ed è anche molto bello.
David Robert Mitchell è bravo, fa pochi film, e buoni.
cercatelo e guardatelo tutti, non delude - Ismaele





riempie la sua opera di riferimenti al cinema: la ricerca alla ragazza del protagonista diventa quella alla citazione dello spettatore (incalcolabili i riferimenti più o meno diretti: non che sia una gara ma oltre a quelli già nominati sopra noi ne abbiamo trovati per La Finestra Sul Cortile, The Legend of Zelda, La Notte dei Morti Viventi, 2001: Odissea nello Spazio, L’Invasione degli Ultracorpi, The Neon Demon, 7th Heaven, Mulholland Drive, Come Sposare un Milionario, 20.000 Leghe Sotto I Mari, Addio Alle Armi, Il Mostro della Laguna Nera, Dracula, Reefer Madness, Psycho, Il Grande Lebowsky, L’Uomo Lupo, Gioventù Bruciata, Venerdì 13, Transformers, Il Cervello Che Non Voleva Morire, Riscky Business, Fa La Cosa Giusta, Giochi Maliziosi, Scream, The Leftovers, Ubriaco d’Amore, Viale del Tramonto, L.A. Confidential e tantissimi altri), in un gioco notturno per palati fini tanto dell’arte cinematografica in particolare quanto della cultura pop in generale.
E’ un film magnifico e indimenticabile Under The Silver Lake, con un impianto filmico lynchiano vestito del cromatismo shocking di La La Land, che parte dal noir ma che con andatura dinoccolata da stoner-movie si muove trasognato tra tutti i generi cinematografici che hanno costruito il mito di Hollywood creando una realtà-onirica che non esiste da nessun’altra parte nella storia del cinema se non qui.
Citazionista e surreale, scoordinato e inquietante, perverso ed erotico, brutale e psichedelico, parossistico, dissacrante, colto e soprattutto tremendamente (ir)riverente nei confronti del cinema e dell’aura purissima della Hollywood Classica, Under The Silver Lake è l’ennesimo trionfo della A24 e la cementazione del talento indipendente di David Robert Mitchell. Così indipendente che non lo conosce nessuno, per questo noi vi consigliamo di recuperarlo al più presto e in ogni modo possibile.

Under the silver lake è un vero casino.
Uno di quei casini che ti prometti di dover rivedere perché sicuramente in tutto quello che ti è passato davanti agli occhi non hai colto un certo particolare, dato che le informazioni nascoste sono una delle tematiche affrontate e su queste gioca in più occasioni, ma un tizio che ha visto tutto anche se non c'era mi ha detto che forse non era tutto così importante come volvano farci credere.
E' un neo-noir che tende alla commedia, omaggiando (ma va?) un certo periodo pynchoniano con questi fatti che avvengono, per essere dimenticati subito dopo e ripresi più avanti, mentre la storia prosegue e si aprono sempre più sotto-trame…

Mitchell nella sua poetica di ridefinizione e riscrittura dei generi, destrutturandoli e decostruendoli a partire da stereotipi e cliché già dati, si lascia qui sicuramente prendere la mano in una storia frammentata e sconclusionata; affastella un mosaico di rimandi alla cultura pop che finisce con il fagocitare ogni cosa, ogni senso ultimo, anche lo slancio romantico come motore dell’azione. Ma seguirlo in questo delirio stupefacente non lascia inappagati, è la rotta per andare sotto la superficie; permette di spostare ulteriormente lo sguardo per riconfigurare una mappa emotiva delle proprie magnifiche ossessioni in una rimediazione potenzialmente infinita del nostro immaginario.
da qui

si produce anche una prigione che circoscrive i limiti del visibile a ciò che sta attorno al protagonista Sam, unico nucleo accentratore della pellicola e unico punto di vista sulle vicende, costringendo ancora una volta lo spettatore a subire la parzialità e la fragilità del punto di vista di un protagonista debole e incostante, una vera e propria figura narrativa che avanza incespicando e facendo procedere il film con la sua continua esplorazione, anche stavolta una disperata quête (che ha un che di arturiano, anzi galahadiano) nella selva di segni che è il reale.
O che forse non è (il) reale, come si chiede Sam, un memorabile Andrew Garfield, ma una foresta di simulacri che esistono solo per essere ammirati e inseguiti, mettendo in luce, tramite la prospettiva delirante del film e del suo protagonista, il vero e proprio "impero dei segni" che è l’immaginificio hollywoodiano, la cui produzione massiva di icone non può essere resa che con la valanga di citazioni che riempie "Under the Silver Lake" e che in più di un momento fa legittimamente dubitare sulla presenza di una direzione per il progetto…

Questa cordata fra passato e presente viene resa ben evidente dalla ripetitività del processo citazionistico che, dall’onnipresente zio Hitchcock di La finestra sul cortile Vertigo, si muove a passo pesante fino ai brulicanti universi lynchiani di Velluto Blu Mullholland Drive, dando però vita a un’inzuppata decisamente troppo ricca e a rischio d’indigestione. La stuzzicante – e congestionante – glassa formale che viene stesa sull’intera baracca non può tuttavia nascondere il sapore di un racconto obiettivamente insipido e fine a se stesso, dove l’insistita astrusità degli accadimenti non può che portare lo spettatore a disertare ogni tentativo di raccapezzarsi, per lasciarsi infine cullare dal narcotico potere delle sole immagini, esattamente come in un incubo lisergico surrealista. A ben vedere il mood di Under the Silver Lake assomiglia moltissimo al cinema di Jaques Rivette, dove l’ossessione per il complottismo subliminale, la dilatazione temporale, l’implosione d’ingarbugliate sottotrame senza soluzione di continuità e lo scollamento di senso del narrato danno vita a un’esperienza cinematografica stordente e unica nel proprio genere. È indubbio che Mitchell si sia divertito come un pupo nel dar forma a questa sua astrusa creatura che, alla fin della fiera, diverte pure noi. Ora però è il momento di mettere da parte i balocchi e di tornare a fare gli adulti. Altrimenti sai che sculacciate!

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