domenica 5 luglio 2020

Carandiru – Hector Babenco

il film ci introduce nella prigione di Carandiru, il regista ci fa conoscere molti abitanti di quel posto che non è un albergo con qualche stella, ci sono delle regole, non scritte, il direttore fa accordi con tutti i carcerati perché non succeda nulla.
il centro del film è il medico, di cui tutti si fidano e che tutti rispettano.
ci sono le visite dei parenti, le partite di calcio, il sesso e l'amore, la droga e una dose di violenza controllata.
poi intervengono i modelli delle forze dell'ordine della scuola Diaz e di Bolzaneto, qualche anno prima della macelleria messicana di Genova.
nella macelleria di Carandiru furono giustiziate 111 persone (leggi qui e qui).
il film è davvero un gran film, non perdetevelo - Ismaele







Il lato oscuro di una nazione rappresentata nell'universo infernale del Carandiru, piccole storie che servono a distinguere dalla massa carceraria quei personaggi per farne l'emblema e le contraddizioni stesse del Brasile. Un Babenco più concentrato sui personaggi a discpito però di un contesto lasciato abbastanza in disparte. Un tono che alterna dramma non senza una dose di leggerezza, ma che diventa cupo e violento nella buona parte finale.

“Quand’ero bambino, guardavo elettrizzato i film carcerari in bianco e nero. I detenuti vestivano le loro uniformi e progettavano fughe mozzafiato, buone per qualche sceneggiatura di successo. Nel 1989, venti anni esatti dopo essermi specializzato come oncologo, dovetti girare un video sul problema dell’AIDS nell’infermeria del penitenziario statale di Carandiru di San Paolo, costruzione ideata negli anni ’20 dall’architetto Ramos de Azevedo. Quando la pesante porta si chiuse dietro di me, avvertì un groppo alla gola come mi succedeva certe mattine al Cinema Rialto, nel quartiere di Bras!”.
Inizia così il suo racconto sull’incontro con il carcere di Carandiru, il dottor Drauzzio Varella. In questa presentazione sono già chiare tutte le componenti che caratterizzeranno non solo la scrittura del testo, ma che daranno al racconto di vita di Varella i crismi di un ‘testo cinematografico’; un destinare parole e periodi a colmare spazi e paure, ad illuminare incubi e sogni o, umanamente, a spegnere il senso sulle mille ingiustizie che la giustizia porta sempre con sé. Quasi a sottolineare come il testo di “Estaçao Carandiru”, se non trasuda cinema da ogni pagina, di una elementare, simbolica ed al tempo stesso realissima fascinazione cinematografica è figlio certo…

What we see at first looks like lawless anarchy. But as characters develop and social rules become clear, we see that the prisoners have imposed their own order in the absence of outside authority. The prison is run more or less by the prisoners, with the warden and guards looking on helplessly; stronger or more powerful prisoners decorate their cells like private rooms, while the weak are crammed in head to toe. Respected prisoners act as judges when crimes are committed. A code permits homosexuality but forbids rape. And the prison has such a liberal policy involving conjugal visits that a prisoner with two wives has to deal with both of them on the same day. Some prisoners continue to function as the heads of their families, advising their children, counseling their wives, approving marriages, managing the finances…

… en general es una cinta que se puede ver mientras el espectador sea consciente de los altibajos que contiene. Las secuencias logradas dejan ver lo mejor de este realizador, aunque también se notan en el film sus concesiones comerciales y falta de disciplina en el manejo del guión y la edición final.
Carandiru es un microcosmos que refleja las contradicciones del cine comercial brasileño, que oscila entre la descripción social acertada y las concesiones al morbo y el tremendismo. Esas mismas contradicciones del film también son espejo de la carrera de Babenco: un talento innato para manejar imágenes, que se ha desdibujado al paso del tiempo en su lucha por sobrevivir en el cine comercial.

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